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L'Isola di Mozia a Marsala: la storia, il museo e cosa vedere

Posta di fronte alle Saline di Marsala, nel cuore dell'arcipelago dello Stagnone, l'Isola di mozia offre archeologia, storia e spledidi paesaggi naturali.

Principale isola dell’arcipelago dello Stagnone di Marsala, Mozia (conosciuta anche come Mothia o Motya, e come Isola di San Pantaleo) si estende per 45 ettari nel cuore del Mediterraneo, di fronte alle coste della Sicilia ed alle Saline di Marsala, con la sua caratteristica forma quasi circolare.

Antica colonia fenicia (parte dei resti archeologici sono sommersi per l’innalzamento del livello del mare, mezzo metro più alto rispetto a quell’epoca), Mozia era un tempo collegata alla terraferma da una strada situata fra Capo San Teodoro e l’estremità nord dell’isola. Oggi, che questa via non è più percorribile, all’isolotto si arriva grazie a imbarcaderi privati che permettono anche di visitare gli altri territori dello Stagnone.

Nonostante le dimensioni modeste - la si può comodamente visitare a piedi in due/tre ore seguendone i sentieri indicati - è una delle attrazioni più suggestive dell’intera Sicilia grazie alle testimonianze storiche e culturali del passato e alle incantevoli bellezze naturali.

Da dove cominciare? Dal Museo Joseph Whitaker. Ospitato nell’antica residenza di famiglia in campagna, questo spazio museale, che per l’appunto deve il nome all’archeologo inglese che acquistò l’isola a inizio Novecento e ne finanziò gli scavi, è la prima tappa del tour alla scoperta di San Pantaleo (l’isola è chiamata anche così in onore del santo fondatore dell’ordine dei monaci basiliani di Palermo). Nelle sue sale sono esposti reperti riportati alla luce fra il 1906 e il 1927: gruppi scultorei, maschere, vasi in pasta vitrea, corredi funerari, gioielli, armi, amuleti, strumenti chirurgici e oggetti di utilizzo quotidiano. Ma a impreziosire il museo, ampliato nel 2001, è una statua rinvenuta nell’ottobre 1979 nei pressi di un santuario. Il “Giovinetto di Mozia”, o Auriga, è infatti l’attrazione principale dell’isolotto: reperto greco in marmo bianco, ritrovato in territorio punico, ha origini avvolte nel mistero così come stile artistico e datazione. Per alcuni potrebbe trattarsi di ciò che resta di un uomo alla guida di un cocchio (da qui il nome Auriga), per altri rappresenterebbe niente meno che Ercole. Informazioni utili: Fondazione Whitaker – apertura da lunedì a sabato dalle 9 alle 13.

Scoperto solo in parte, il centro dell’isola era un tempo occupato da una vera e propria città con tanto di reticolo viario; gli appassionati di archeologia potranno ancora scorgere un tratto di strada con incroci e pozzetti scavati nella roccia per il drenaggio delle acque piovane e resti di edifici e luoghi dedicati al culto (con altari per i sacrifici).

Procedendo il tour dell’isolotto si può ammirare il “Cothon”, un bacino artificiale di 51 metri per 35 e mezzo, profondo poco più di 2, a lungo ritenuto il porto di Mozia: lo stesso Whitaker sostenne questa ipotesi per via delle banchine presenti che riteneva fossero utilizzate per lo scarico delle merci. In realtà, in base a studi e scavi archeologici dei primi anni 2000, si tratterebbe piuttosto di un bacino di carenaggio artificiale.

Fra le rovine del passato si possono ammirare anche quelle del santuario di Cappiddazzu (“cappello largo” in siciliano) costruito agli inizi del VII° secolo a.C.: le fosse scavate nella roccia con all’interno ossa di animali fanno ritenere si trattasse di un luogo di culto. Sulla costa nord occidentale dell’isola si raggiunge invece il santuario fenicio-punico a cielo aperto noto come “Tofet” dove, con riti liturgici, venivano inumati i resti di sacrifici e le sepolture dei bambini. Si possono ancora riconoscere un piccolo tempio a forma rettangolare di circa 10 metri per 5 con l’altare, stele e cippi con iscrizioni e raffigurazioni simboliche.

Nota anche come la Casa dei Capitelli per la presenza numerosa di questi elementi architettonici, la Casa dei Mosaici è un edificio su due livelli con portico e colonnato di cui si rimangono tracce del pavimento decorato da mosaici di ciottoli bianchi, neri e grigi con figure animali e motivi geometrici.

Proseguendo il cammino s’incontrano la “casermetta”, un edificio addossato alla cinta muraria costruito con grossi blocchi d’arenaria a costituire l’ossatura del muro; i resti della fortezza occidentale, area ancora oggetto d’interventi di scavo e di studio, con pozzo e cisterna; la grande torre orientale con la scala esterna che conduceva probabilmente allo Stagnone. Nella zona costiera settentrionale si trova inoltre ciò che resta di una necropoli del periodo arcaico: qui, nelle tombe costituite da piccole fosse scavate nella terra o nella roccia, sono stati rinvenuti gli oggetti del corredo funerario (armi ma anche orecchini e bracciali e altre suppellettili).

A garantire l’ingresso in città erano la Porta Nord e quella Sud di cui oggi rimangono i ruderi: la prima con due bastioni massicci e un ingresso non disposto in asse rispetto alla strada che porta sino al santuario di Cappiddazzu – fra l’altro proprio da questo accesso nord parte la strada sommersa che un tempo conduceva alla necropoli di Birgi; la seconda, quella Sud, rivolta verso Capo Boeo (dove anticamente le navi s’immettevano nella laguna dello Stagnone dal mare aperto), con lo stesso impianto strutturale.

Come già ricordato, uscendo dalla Porta Nord, una strada artificiale collegava Mozia con la terraferma nel punto in cui oggi sorge la contrada di Birgi: lunga 1,7 km e larga 7 metri, questa via lastricata era fatta di blocchi di pietra irregolari. Costruita nel VI° secolo e distrutta in parte dagli stessi abitanti dell’isola prima dell’assedio del 397 a.C., se ne possono ancora osservare alcune tracce a occhio nudo. Sempre in prossimità dell’ingresso nord sono stati infine riportati alla luce i resti di antichi impianti industriali risalenti al VI° secolo a.C., molti dei quali destinati alla produzione di ceramica: da qui provengono inoltre armi da guerra, frecce e punte di lancia che risalirebbero al violento attacco che l’isola subì da parte del tiranno Dionisio il Vecchio.

Mozia offre inoltre splendidi paesaggi naturali: le acque basse della laguna che la circondano creano vere e proprie piscine naturali in cui passeggiare e da dove ammirare il tramonto; le saline, e i reperti archeologici immersi nel paesaggio, rendono Mozia una delle attrazioni più suggestive di tutta la Sicilia.

Informazioni utili, orari e prezzo biglietti della visita

Per raggiungere l’isola è necessario prendere il traghetto da Marsala (biglietto andata e ritorno 5€ a persona, ridotto 2,50€ per i bambini) che si trova in contrada Spagnola seguendo le indicazioni Imbarcadero Storico di Mothia. Possibilità di parcheggio nell’area portuale. Orari delle corse: dalle 9.15 alle 18.30 in estate e sino alle 14 nei mesi invernali; si consiglia di verificare comunque partenze e ritorni sui siti ufficiali di Mozia Line oppure Arini e Pugliese. Tempo indicativo della traversata: dai 5 agli 8 minuti. Per chi lo desidera tour della laguna e aperitivi al tramonto sulle imbarcazioni. Una volta giunti sull’isola si dovrà inoltre pagare un ticket d’ingresso di 9€ (sempre a persona e comprensivo della visita al Museo Whitaker). Grazie alle mappe situate in vari punti dell’isoletta si possono comodamente raggiungere i principali punti d’interesse.

Sito di riferimento www.marsalaturismo.it

 Pubblicato da il 30/04/2019 - 10.163 letture - ® Riproduzione vietata

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