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Il quartiere ebraico di Budapest: visitare il ghetto di Erzsebetvaros

Si chiama Quartiere ebraico Budapest, Erzsébetvŕros in ungherese, ed č una delle zone piů belle della capitale dell'Ungheria.

Dietro palazzi sciupati ed incrinati dallo scorrere del tempo e dietro strade che ancora raccontano l'eco lontana di una storia travagliata, Budapest, la chiassosa e vivace capitale ungherese, nasconde un mosaico disordinato di strade acciottolate che danno vita al quartiere ebraico, scandito dal ritmo festoso dei passanti, dal querulo vociare dei turisti ed infervorato dalle festose attività artigiane che animano la zona, tra botteghe ed antiche caffetterie. Ubicato nel VII distretto della città, nel cuore pulsante della Pest più antica ed autentica, il quartiere ebraico della città, chiamato Erzsébetvàros, si snoda tra Andrassy utca e Rakoczi utca, in un dedalo di stradine strette, consumate dalla storia ed annerite dal fumo e dalla polvere. Un quartiere effervescente, con i suoi localini dall'aria vivace ammantati di quell'atmosfera estemporanea propria di una Mitteleuropa degli anni '30; eclettico, nella sua mescolanza di gigantismo e minimalismo, simbolo dell'ibrido sviluppo della città e del suo inspiegabile ed insensato successivo declino.

Dopo essere stato il centro vivo degli ebrei d' Ungheria, il quartiere è stato travolto dalla forza della storia, testimone della lotta esausta dei suoi abitanti che si sono inevitabilmente piegati al destino e hanno abbandonato la città sotto la furia nazista. Oggi il quartiere ha assunto le vesti di un piccolo e misterioso scrigno, custode severo dei tesori e delle tradizioni di una comunità intera. Si presenta come un gioiellino multiforme, decadente nel suo senso più romantico e vivace nella sua forma più pura, dissimulatore fiero di quella immane tragedia vissuta ai margini delle sue strade e all'ombra dei suoi palazzi. Visitando il quartiere si ha come l'impressione che il tempo qui si sia fermato, come se ancora echeggiasse nell'aria la stessa briosa atmosfera di un tempo, con gli ebrei, operosi cittadini di Budapest, che per le sue strade strette hanno vissuto, hanno cantato e ballato al ritmo di una sinfonica ballata dall'aria nomade e che infine in questo stesso luogo hanno patito le pene di una persecuzione ingiusta, confinati in questo ghetto in condizioni disumani.

Gli ebrei sono giunti a Budapest nel diciannovesimo secolo, svolgendo un ruolo chiave nel revival culturale della città di fine secolo, sconfiggendo, senza possibilità di rivincita, l'aquila asburgica che tentava di schiacciare la città.

Il quartier generale della comunità ortodossa di Budapest si trova su Kazinczy utca ai numeri 29-31. Una piccola sinagoga sobria ed elegante, mimetizzata tra i piccoli palazzi della via, che esprime lo stesso rigore dei membri del suo gruppo religioso. La sua austerità rivendica la scelta dei suoi seguaci che sin dal passato decisero di attenersi rigidamente ai dettami dei profeti e della loro fede originaria. L'interno è un sontuoso gioco di colori e luci.

La Grande Sinagoga (sito ufficiale) in via Dohány, che non conosce concorrenti per bellezza e grandezza in tutta l'Eurasia, è il centro nevralgico del culto ebraico della città, costruzione magistrale che vollero i neologi per ribadire il loro potere sugli altri gruppi. Graziosi giochi di colore, dall'ocra, al rosso, al giallo intenso, intarsiano di vitalità l'immensa costruzione, dove tutto sembra convergere verso l'alto quasi a toccare il cielo. Ad adornare la facciata due minareti bulbiformi con la cupola nero pece, incorniciati da un nastro dorato che raccoglie ed esalta i riflessi del sole. Un capolavoro architettonico di immenso valore, che raccoglie in sé un mix straordinario di stili diversi, scomponendoli a piacimento per renderli parte di uno stesso insieme.

L'interno della sinagoga fu commissionato al tedesco Ludwing Forster che ha fatto di questa opera quasi un baluardo della supremazia religiosa cattolica su quella ebraica, rendendo la sinagoga internamente un mero esempio di una chiesa, ma vestita dei colori d'oriente, nord africani e moreschi. Un oriente esotico ed antiquato in cui gli europei hanno potuto dare esibizione della loro forza. La sontuosità delle decorazioni interne si armonizza ad elementi diversi, come le gallerie superiori di tradizione ortodossa riservate alle donne e la posizione non centrale della tribuna di lettura che richiama invece il giudaismo riformato. Accanto alla sinagoga è possibile visitare il Museo Ebraico, un interessante e ricco patrimonio espositivo che racconta le tradizioni e la quotidianità religiosa ebraica ed il suo incontro con la cultura ungherese. La visita termina con la celebrazione delle vittime dell'Olocausto, i cui nomi sono stati incisi nelle foglie dell'Albero della vita, un toccante monumento commemorativo che vuole essere un inno al ricordo e dare uno scacco all'indifferenza ed all'oblio.

Non lontano dalla Grande sinagoga, percorrendo via Wesselenyi fino al numero 13, si incontra il Café Noé un'accogliente pasticceria dove assaggiare il Flódni, un dolce delizioso, incontestabilmente uno dei simboli della tradizione ebraica ungherese, che, nella sua versione più moderna, fu realizzato per le celebrazioni della festa del Purim. La sua particolare consistenza è data dall'ordine degli strati, che non può essere cambiato: semi di papavero, crema di mele, noci ed infine marmellata di prugne.

Incastonata nell'angolo più nascosto di Rumbach utca, ai numeri 11-13, si trova invece la sinagoga omonima, costruita dagli ortodossi moderati dello Status Quo Ante. Acquattata ormai da decenni ed abbandonata all'incuria, è ancora un sublime esempio di stile islamico, ricercato nelle decorazioni e con un' attenzione maniacale ai dettagli, ai ghirigori colorati della facciata ed ai fregi dorati. L'esterno, con mattoncini policromi e due piccoli minareti di ispirazione moresca, ricordano i motivi della Grande Sinagoga in via Dohány.

Tutto il quartiere risuona della musica popolare ebraica, quella klezmer, una ballata dall'intensità orgiastica, vivace passatempo per le comunità degli ebrei nomadi dell'Europa centrale, che ritrovavano in questa poesia ritmata gli antichi folclori musicali magiari, boemi, bulgari e transilvani e la profondità di una preghiera. Una melodia trascinante, un ritmo incalzante che si snoda tra violini, clarinetti e trombe dove suonatori instancabili cantano in yiddish accompagnati da un motivo strepitoso. Una musica che si intona bene con la città che la ospita, che esprime profondamente i sentimenti di un popolo, il suo travaglio, la sua estasi e la sua fede.

Ogni venerdì sera, presso il Caffè Spinoza al numero 15 di Dob utca, un locale elegante e familiare nato con l'intento di rivitalizzare la cultura ebraica della zona, potrete assistere ad un concerto di uno dei tanti gruppi klezmer locali e poi gustare una deliziosa cena ungherese dai lontani sapori ebraici. A pochi passi dal locale, al numero dieci della stessa via, scopriamo un memoriale in ricordo del diplomatico svizzero Carl Lutz, eroe della resistenza nazista che salvò centinaia di ebrei ungheresi concedendo loro passaporti speciali per lasciare il paese.

Oggi Erzsébetvàros è un microcosmo multiculturale, con chiese e sinagoghe, con pub in rovina nascosti tra palazzi fatiscenti e con via Karaky, la strada principale di Pest sin dal XVIII secolo, colma di negozietti di design ed alberghi dall'aria familiare. Dissipati del tutto o quasi i ricordi di un passato turbolento, il quartiere sorride alla vita, con caffè, localini e siti culturali ogni volta rinnovati e che fanno assomigliare Budapest ad una brulicante città Mediterranea, ma che mantiene ancora quell'inconfondibile e prezioso gusto retrò.

Un tuffo nel passato lo facciamo invece su Klauzàl utca, all'angolo con Ràcoczi utca, dove incontriamo un piccolo ed impolverato negozietto di cianfrusaglie da collezione, con vecchie banconote stropicciate che riportano il volto paonazzo di eroi della storia ungherese, spille tarchiate di rosso, emblema di un potere devastante come quello sovietico ed ancora oggetti sbiaditi dal tempo e dall'usura riportanti orgogliosi la stella blu di David. Il negozietto, in un labirinto di chincaglierie ammassate le une sulle altre, cerca soltanto di mistificare una tragedia, rispondendo ad essa facendo dei suoi simboli e fregi solo oggetti che appaghino i sensi di qualche accanito collezionista o semplice curioso.

A sera, quando sarete ormai esausti dal troppo vagabondare potete fermarvi in uno dei tanti ristorantini kosher della via Kazinczy. Uno dei più famosi e buoni è il Glatt Kosher Restaurant, che regala un'atmosfera genuina, con richiami, nel cibo e nella decorazione della sala, all'antica tradizione ebraica di Budapest. Non vi stupirete allora di incontrare, nel tavolo accanto al vostro, uomini con la kippah a coprire il capo in segno di rispetto, segno dell'autenticità del ristorante.

Alla fine del vostro viaggio sarete appagati e felici, curiosi di scoprire ancora qualcosa di quel mix culturale che è Budapest e desiderosi di tornare qui almeno un'altra volta, per rivivere le stesse meravigliose emozioni che solo questa romantica metropoli sa regalare.

 Pubblicato da il 08/04/2015 - 48.273 letture - ® Riproduzione vietata

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