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Visitare la Certosa e il Museo Nazionale di San Martino a Napoli

La Certosa di San Martino si trova a fianco del Castello di Sant'Elmo e domina Napoli dall'alto.

Fondata nel 1325 da Carlo d’Angiò, la Certosa di San Martino sorge su un colle che domina il golfo di Napoli, posizione strategica voluta espressamente dal duca di Calabria affinchè l’edificio religioso fosse nelle vicinanze del castello di Belforte, che sorgeva dove oggi si trova il Castel Sant'Elmo.

Realizzata architettonicamente secondo il modello delle fondazioni certosine, la Certosa venne consacrata nel 1368 e dedicata a San Martino, San Bruno, alla Vergine e a tutti i Santi.

Della prima costruzione di impronta gotica dovuta all’architetto e scultore di Siena Tino di Camaino oggi rimangono solamente i sotterranei e pochi altri resti: con le trasformazioni apportate tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Settecento, grazie ad artisti, pittori e tecnici fra i migliori di quel tempo, l’edificio acquisì quell’aspetto attuale che gli ha permesso nel corso dei secoli di arricchirsi di marmi, affreschi, arredi, dipinti e sculture che l’hanno reso uno dei monumenti architettonici più suggestivi del nostro paese.

Attorno al 1581 venne infatti avviato un importante progetto di ampliamento della Certosa che fu affidato all’architetto Giovanni Antonio Dosio destinato a trasformare l’aspetto gotico piuttosto austero in uno più raffinato di fattezza barocca. Oltre a questo, il numero sempre crescente di monaci stabilitisi nell’edificio richiese la realizzione nel Chiostro Grande di nuove celle oltre che di un più funzionale sistema idrico.

Nel Settembre del 1623 al cantiere di San Martino iniziò a collaborare un altro architetto, Cosimo Fanzago che, seppur fra vicende alterne, se ne occuperà per oltre tre decenni. Rispettando lo stile di impronta rinascimentale toscana del suo predecessore, Fanzago caratterizzò con un tocco decisamente personale l’intero monastero soprattutto dal punto di vista decorativo. La mancanza a Napoli di marmi rese necessaria l’importazione di questo prezioso materiale da Roma, Carrara, dalla Spagna, dal Belgio e dalla Francia in modo da disporre di infinite qualità marmoree per poter creare la straordinaria varietà decorativa che caratterizza l’edificio.

Le semplici decorazioni geometriche vennero sapientemente trasformate in motivi floreali e stilizzati ben più elaborati rispetto ai primi e con effetti cromatici e volumetrici tali da rendere le opere d’arte del monastero ammantate da un tocco di realismo. Fra gli anni’ 20 e 30 del Seicento, la Certosa divenne quindi uno dei luoghi più importanti dove sperimentare l’abbondanza e la magnificenza dell’ornato e delle decorazioni. A farne da esempio sono i rosoni di bardiglio che decorano i pilastri della navata diversi fra loro, i graziosi putti in chiave degli arconi delle cappelle e gli intarsi delle lesene.

A Fanzago venne inoltre affidato l’incarico di occuparsi degli interventi alla facciata della chiesa già avviati nel 1616; l’architetto propose ai monaci un progetto sicuramente innovativo ma tale da riutilizzare la struttura già realizzata in precedenza. Nello specifico si prevedeva che i mezzi pilastri dell’arco mediano fossero demoliti e che la crociera centrale dell’atrio fosse sostenuta da quattro colonne di colore verde antico: ritenendo questa soluzione non adatta e sufficiente a supportare il peso della volta, i monaci intesero questo progetto come un tentativo di raggiro da parte del Fanzago che elaborò quindi un sistema per preservare le strutture del Trecento rivestendole all’esterno con del prezioso marmo.

La Certosa di San Martino vide successivamente gli interventi di Andrea Canale, regio ingegnere e architetto, a cui seguirono quelli del figlio Nicola Tagliacozzi Canale (famoso incisore) che progettò per l’edificio una decorazione in stile orientaleggiante per alcuni spazi affrescati dal pittore Crescenzio Gamba.

Nel 1799, durante la rivoluzione il complesso architettonico subì alcuni danni e venne occupato dai francesi: i frati furono allontanati dal monastero che nel 1866 diventò di proprietà dello Stato e Monumento Nazionale grazie al direttore Giuseppe Fiorelli che lo trasformò nel Museo Storico del Regno di Napoli aperto al pubblico dall’anno successivo.

Solo pochi anni prima l’edificio era stato occupato dai militari come Casa degli Invalidi di Guerra anche se, a causa della necessità di interventi di ripristino piuttosto urgenti, venne ben presto abbandonato.

Chi visita la Certosa noterà con particolare attenzione alcuni ambienti fra cui il coro, la cappella e la sala del tesoro dove si riscontrano con evidenza gli interventi architettonici che furono del Fanzago. La chiesa è preceduta da un pronao trecentesco, riadattato dal Dosio che ridusse a tre i cinque archi ricavandone così due cappelle, una dedicata a San Giuseppe e l’altra del Rosario. La porta di ingresso è del Seicento mentre i due angeli affrescati sul portale e il riquadro di San Martino in trono sono del Baglione.

Il Chiostro Grande, che risale al XVI secolo, è costituito da 16 colonne di stile dorico toscano, dal cimitero dei certosini contraddistinto da alcuni macrabi teschi, dalle statue del loggiato, dal pozzo collocato al suo centro e da numerosi alberi da frutto: viene considerato uno dei più suggestivi esempi dell’arte napoletana seicentesca.

Il Chiostro Piccolo, chiamato anche dei Procuratori, è un’opera del Dosio che permette di accedere ai giardini e alle sale del Museo Nazionale di San Martino. A caratterizzarlo è un pavimento in cotto e maiolica, opera di Giuseppe Massa.

Proprio ai giardini della Certosa, che si estendono sino alla collina del Vomero e che ospitano numerose specie arboreee e floreali, si accede direttamente dal fondo dell’androne restaurato, quest’ultimo, tra il 1969 e il 1970. L’area verde del monastero comprende il ripiano alto che anticamente ospitava l’erbario della farmacia dei monaci; quello intermedio che si raggiunge dalla sezione Ricordi Storici e che era l’orto del priore; quello inferiore costituito dalle vigne dei certosini.

La Certosa ospita dunque il Museo Nazionale, chiuso in seguito alla guerra nel 1940, ma poi riaperto nel 1974: al suo interno si trovano importanti documenti della società partenopea delle varie epoche storiche con interessanti sezioni dedicate al teatro, ai costumi e alle feste tradizionali. Fra le opere più importanti dal punto di vista storico e artistico c’è il presepe Cuciniello, un’opera celebre dell’arte napoletana.

La Certosa, aperta tutti i giorni (tranne il mercoledì) dalle ore 8.30 alle 19.30, si trova in Largo San Martino 5 e si può contattare al +39 081.2294510. Il biglietto di ingresso è di 6 Euro (intero) oppure 3 Euro per il ridotto.

 Pubblicato da il 14/03/2014 - 17.668 letture - ® Riproduzione vietata

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