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Centro Studi e Archivio della Comunicazione, la visita al museo nella Certosa di Parma

Visita al Csac Parma nella Certosa di Parma.

E come se Noè lo avesse fatto di nuovo. Stavolta però, invece che imbarcare sulla sua arca tutti gli animali della terra per salvarli dal diluvio, in questo “scrigno” sono finiti gli oggetti e i prodotti cult del “secolo breve”. E non per paura di troppa pioggia, semmai dell’oblio che prende l’uomo nei confronti del suo recente passato. Tu chiamalo, se vuoi archivio, ma il nuovissimo museo dello Csac di Parma è molto, molto di più.

Il nome è forse poco evocativo e sta per “Centro studi e archivio della comunicazione”. A volerlo fu l’Università di Parma che dagli Anni 70 ad oggi, grazie all’impegno dello storico dell’arte Arturo Carlo Quintavalle, ha raccolto, collezionato e raccolto, tramite donazioni, un patrimonio di oltre 12 milioni di “pezzi” – fra disegni, sculture, bozzetti, dipinti, fotografie, costumi ed oggetti - che fino a poche settimane fa era consultabile solo dagli studenti e dagli addetti ai lavori dell’ateneo cittadino.

Poi la svolta e la decisione – dopo una lunga gestazione ed un complesso restauro dei luoghi - di dischiudere al pubblico tutte queste meraviglie. Pensi ad un museo e l’idea potrebbe essere polverosa. E invece no, ecco il colpo di genio che unisce antico e moderno. Si, perché se modernissimi sono i “contenuti”, appunto mai più vecchi del Novecento, antichissimo è il “contenente”, insomma l’arca di questo Noè del design e dell’arte.

Lo Csac ha, infatti, sede nella certosa di Valserena di Paradigna, poco fuori Parma, dove già lo skyline abbandona i palazzi della città e si arrende nuovamente al Po e ai campi, punteggiati da balle di fieno e antichi casali di mattoni rossi. Il complesso è cistercense e risale al 1298, ai tempi di Bonifacio VIII. Per tutti però questa è anche la vera Certosa di Parma, quella descritta da Stendhal nell’omonimo romanzo che cantava l’amore contrastato fra Fabrizio Del Dongo e la bella Clelia. Questa sarebbe stata una prigione secondo l’autore francese e così oggi, dono monaci e galeotti, ecco la Certosa aperta a tutti.

Per raccontare quello che siamo (appena) stati e quanto stiamo andando lontano. In mostra c’è un po’ di tutto: il design, la moda coi bozzetti dei grandissimi, la pubblicità con le locandine di Carosello e dintorni, quindi la fotografia con i “ferri” del mestiere che fu, prima dell’avvento del digitale. Il percorso si snoda in tre ambienti principali: nell’abbazia lungo le navate e le cappelle, poi nella sala del refettorio dei monaci, fra le colonne antiche, e quindi “sottoterra”, nella sala ipogea che un tempo fungeva da cripta. Vasti ambienti che bastano però per esporre solo una minima parte dell’immenso archivio.

Per ora sono meno di mille i pezzi esposti, ma già lo Csac pensa al futuro con un progetto per ampliare di altri 900 metri quadrati l’esposizione, grazie alla costruzione di una sorta di serra di vetro nei giardini dell’abbazia, che intanto ospitano già alcune sculture, una foresteria ed un bar per ritemprarsi dalla full immersion nel secolo scorso. L’obbiettivo dell’archivio era raccogliere e conservare materiali originali della comunicazione visiva e della ricerca artistica e progettuale italiana. Oggi il fondo può contare su oltre 1700 quadri, 300 sculture, 17mila disegni di oltre 200 artisti, 14mila vignette satiriche, 4 mila videotape e 70 mila bozzetti di moda. Cinque le sezioni dell’esposizione per raccontare di arte, fotografia, media, progetto e spettacolo.

All’entrata della chiesa le “graticole” di Mimmo Paladino ed una statua di Lucio Fontana. La navata centrale è occupata da una porta in rame di Arnaldo Pomodoro che anticipa il grande collage dove Kissinger e Nixon se ne vanno alla parata del Columbus day. Lo ha firmato Enrico Baj nel 1974 e se ne sta poggiato sull’abside dove ti aspetteresti un più rigoroso catino a mosaico. Ogni cappella laterale è come se fosse dedicata ad un artista: c’è Giò Ponti con i disegni per il Pirellone di Milano vicino alle proiezioni di Pier Luigi Nervi per il Vaticano e per l’Eur. Poco oltre ecco le tv a cubo Brionvega e le macchine da scrivere Olivetti. Sul lato opposto occhieggiano grandi foto di Federico Fellini sul set di Casanova, mentre i costumi originali del film sono lì da ammirare a grandezza naturale.

La Carmencita di Lavazza, Paulista e le antiche locandine della pasta Barilla sono racchiuse nella cappella successiva, poco prima di alcuni bellissimi bozzetti di Gianfranco Ferrè accanto a Versace, Giorgio Armani e Krizia in un défilée di stupore senza posa. Lo Csac possiede anche oltre 6mila bozzetti delle Sorelle Fontana che da Traversetolo vestirono le più belle donne del mondo. Con quelle scollature forse non sarebbero mai entrate in chiesa, ma quando si tratta di arte, allora in questa arca della bellezza, c’è posto per ogni capolavoro.

Informazioni utili
Csac Parma
Via Viazza di Paradigna 1, Parma, PR
www.csacparma.it
Ingresso 10 euro.
Orari: dal martedì al venerdì 10 – 15, nel fine settimana fino alle 20.

 Pubblicato da il 08/05/2015 - 4.424 letture - ® Riproduzione vietata

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