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I musei pił strani ed originali di New York City

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La Grande Mela è una delle capitali mondiali della cultura e ospita più di cento musei, 115 per la precisione, quindi se siete degli amanti dell'arte e della cultura non avrete che l'imbarazzo della scelta tra le attrazioni da non perdere a New York City. Ma se ci siete stati più d'una volta e avete già visitato i classici Metropolitan Museum, MOMA e Guggenheim Museum, potreste voler cambiare genere e provare a visitare qualcuno dei musei minori, alcuni davvero particolari ed espressione di quell’incredibile caleidoscopio di sottoculture che è la Grande Mela.

1. MORBID ANATOMY MUSEUM

Non fatevi ingannare dalla parola “morbid”, un false friend che non significa morbido ma morboso o macabro: qui, per citare uno degli slogan del museo, si “esplorano le intersezioni tra morte, bellezza e ciò che rimane tra le crepe”. Un museo che non indugia in spettacolarizzazioni gotiche a uso e consumo di appassionati di vampiri o altre amenità ma che affronta con rigore scientifico un argomento che, storicamente, la maggior parte della gente non ama approfondire. Le sale espongono scheletri umani, modelli in cera di cadaveri dissezionati (fra cui uno di notevole fattura, chiamata la “Venere Anatomica” prodotto nell’800 a Bologna), corpi di animali imbalsamati o in vasetti di formaldeide, decorazioni funebri, immagini religiose, gioielli vittoriani da lutto e tutta una serie di oggetti attinenti al momento finale. Non manca una fornitissima biblioteca specifica e un incredibile numero di conferenze riguardo argomenti quali la vivisezione, la tassidermia, la costruzione di modelli anatomici in cera, la rilegatura di libri con pelle umana e altre amenità del genere. Un museo non adatto agli stomaci più deboli ma per niente banale, realizzato con vera passione e competenza da Mr. Ebensten, partito da un semplice blog nel 2007 e ora a capo di una struttura attuale di quasi 400 metri quadrati di esposizione. Il museo si trova a Brooklyn e questo è il suo sito: morbidanatomymuseum.org

2. IL MUSEO DEL GANGSTER AMERICANO

Uno stereotipo, quello dei gangster americani, che a noi italiani è inevitabilmente accaduto di vederci attribuito, più o meno simpaticamente, durante i nostri viaggi all’estero. Perché allora visitare questo museo? Per capire e quindi poter spiegare che le cose non sono sempre andate come i cliché cinematografici impongono. È questo lo spirito con cui Lorcan Otway, il fondatore del museo si è approcciato alla materia: mostrare le cose per come realmente erano, senza spettacolarizzazioni. Cominciando dalle origini della criminalità organizzata americana che non è, come molti credono, coincidente con gli anni ’20 e i killer col Borsalino in testa e l’abito gessato, ma molto prima, addirittura alla Guerra d’Indipendenza quando i Padri Fondatori insorsero contro gli Inglesi più per poter condurre indisturbati i loro contrabbandi di merci e di schiavi che per la famigerata tassa sul thè. Grazie in particolar modo ad articoli di giornali dell’epoca, il museo cerca di gettare nuova luce su alcuni famosi fatti (ad es: pare che la Strage di San Valentino sia stata commessa da Al Capone in un luogo così segreto più che altro per evitare di coinvolgere innocenti passanti) e viene contestato l’utilizzo del termine “mafia”, strettamente correlato al mondo siciliano ma non a quello della criminalità americana, da sempre multiculturale e composta principalmente da delinquenti di origine italiana, ebrea, irlandese e afroamericana. Qui scopriamo anche che la figura del gangster efferato ma sempre impeccabilmente agghindato si rifà all’ebreo Meyer Lansky, grande amico del più noto Lucky Luciano. La storia dell’edificio in cui sorge il museo non è meno affascinante: in passato luogo di una rivendita di alcool nel periodo proibizionista, durante la sua ristrutturazione vennero ritrovati due milioni di dollari – poi rubati dal precedente proprietario - nascosti nel pavimento. Il museo si trova al civico 80 di St. Marks Square, nell’East Village e il sito del museo è www.museumoftheamericangangster.org.

3. CENTRO DI RICERCA SULLE ARTI MAGICHE

È un museo dedicato alle varie tecniche di ipnosi, giochi di prestigio, mentalismo, ventriloquia, giocoleria ma anche i fenomeni fisici e matematici che spesso sono alla base dei “trucchi” più riusciti degli illusionisti. Tutto è nato dalla passione di William Kalush, un prestigiatore nonché uno storico della materia, che cominciò a raccogliere testi – alcuni risalenti perfino al XV secolo - e oggetti relativi al suo interesse in tutto il mondo. A differenza di quanto si potrebbe pensare, non è un museo interattivo rivolto ai bambini, ma uno spazio concepito per chi è veramente interessato alla materia e vuole studiarla. Non è un caso che, tra i progetti portati avanti dal museo, vi sia stato anche il recupero di un antico manoscritto da anni abbandonato a sé stesso nella Biblioteca Comunale di Asti, in cui sono documentati più di 300 trucchi utilizzati nei secoli scorsi. Non mancano cimeli riguardanti famosi illusionisti del passato quali le manette – e il libro in cui spiega tutti i suoi segreti relativi - che usava Houdini nelle sue rocambolesche fughe, uno dei medaglioni che il diplomatico e uno dei primi mentalisti Girolamo Scotto usava nel XVII secolo per stupire il suo pubblico "duplicandolo" dai capelli degli stanti e testi relativi a famosi maghi del passato. Il centro si trova all'11 W della 30ma Street e il suo sito è http://conjuringarts.org.

4. IL MUSEO DELLE GIRL SCOUTS

Chi non ha visto almeno un film americano sulle strampalate avventure dei boy scout? Senza entrare nel merito del valore cinematografico di queste opere, sono comunque esemplificative di quanto questo movimento sia popolare negli Stati Uniti. Lo scoutismo nacque nel 1907 da un’idea di Sir Robert Baden-Powell, un generale ed educatore inglese, e si diffuse in tutto il mondo, arrivando in questi tempi a contare più di 40 milioni di iscritti. In questo museo di New York si pone l’accento sulla figura di Juliette Gordon Low, la fondatrice della sezione femminile, nata negli Stati Uniti e che con l’aiuto di Baden Powell fondò il primo gruppo in Scozia, l’anno successivo tornò negli Stati Uniti e lanciò definitivamente il movimento. Il suo compleanno, il 31 Ottobre, viene tuttora festeggiato dalle ragazze iscritte come il “Giorno del Fondatore”. Fondato nel 1987 per promuovere l’attività delle Scout e per preservare la loro storia, esibisce materiale raccolto fin dagli albori del movimento: più di 60.000 fotografie e molti video a partire dal 1918, 7.000 pubblicazioni sull’argomento, 650 uniformi delle varie epoche e altri oggetti come distintivi, manifesti di reclutamento, bandierine segnaletiche e cestini per picnic d’epoca. E i famosi biscotti delle Girl Scouts, quelli che vengono venduti nelle bancarelle per strada allo scopo di finanziare le proprie attività? Ci sono anche quelli nel negozio del museo. Un’attività dai numeri insospettati: si è calcolato che le 28.000 Girl Scout ne vendano quasi un centinaio a testa all’anno, fate voi i conti. Il museo si trova all’incrocio tra il 420 di Fifth Avenue e la 37ma Street e il sito è www.girlscouts.org.

5. MUSEO DEL SESSO

In contrapposizione al museo delle castigate adolescenti, si pone il non molto distante Museo del Sesso, situato anch’esso sulla Quinta Avenue ma all’incrocio con la 27ma Street. Conosciuto col diminutivo di MoSex, è dedicato alla storia, all’evoluzione e al significato culturale della sessualità. Si affrontano temi come le preferenze sessuali e le sottoculture come l’omosessualità, il sado-masochismo, il bondage e la dominazione, la pornografia e la prostituzione, con immagini senza veli che rendono il museo visitabile solo ai maggiorenni. Inevitabilmente, in un paese dai frequenti rigurgiti puritani come gli Stati Uniti, l’apertura di un museo del genere non poteva non dividere l’opinione pubblica: il leader della Lega Cattolica lo contestò prima della sua inaugurazione ma, poi, non ci fu mai una manifestazione pubblica contraria. Il fondatore del museo, Daniel Gluck, anche per evitare sospetti, rifiuta finanziamenti dall’industria pornografica e difatti l’ingresso inizialmente era di ben 17 dollari, un discreto salasso per gli standard cittadini. La cosa deve aver ben impressionato l’amministrazione cittadina che ha rilasciato al museo l’autorizzazione ad avere i suoi spazi a meno di 150 metri da una chiesa o una scuola, un divieto che devono rispettare i locali per adulti. Alcune delle esibizioni temporanee del passato riguardavano “Il sesso nell’antica Cina”, “L’evoluzione della figura della pin-up” e “Il nudo maschile”. Il sito è www.museumofsex.com. Foto: Osugi / Shutterstock.com

6. IL MUSEO DEI TROLL

Più che un museo vero e proprio è un appartamento nel Lower East Side in cui l’affittuaria è la poliedrica e stravagante Jen Miller – attrice, scrittrice, pittrice, poeta nonché predicatrice al punto da essere chiamata Reverenda Jen - e vi ha raccolto una quantità che nemmeno lei è in grado di quantificare di troll di tutti i tipi. Tutto cominciò con Ariana, il primo troll che le regalarono quando aveva 9 anni e proseguì nel tempo diventando una mania collezionistica che le imponeva di entrare in possesso di qualsiasi di questi buffi personaggi trovasse. I troll, la cui rappresentazione è piuttosto standardizzata, non differiscono tra loro solo nell’abbigliamento (vi sono troll vestiti da infermieri, da punk e perfino da Elvis Presley) ma anche per tipologia (vi sono i cyborg e quelli sexy), per colore della pelle e per materiale (alcuni sono sculture in sapone). La vita del museo però non è tutta rose e fiori. Nel 2010 una tubatura per vapore esplose, lasciando qualche cicatrice sui piccoli esseri, a volte trovati usati e quindi non sempre privi di segni già prima. Ma quello fu niente rispetto all’ultima minaccia che pende sul loro capo: la Reverenda Jen versa attualmente in difficoltà finanziarie e, nonostante abbia da tempo lanciata una campagna di raccolta fondi, ha di recente ricevuto lo sfratto dal proprietario dell’immobile. Se volete vedere questa stramba collezione, affrettatevi!

7. THE MMUSEUMM

Forse è il museo più piccolo del mondo, in quanto è allestito all'interno di un montacarichi in disuso, ma non per questo il meno interessante. Creato da due registi cinematografici con una passione per gli oggetti banali e le storie, a volte incredibili, che si celano dietro di essi, ospita collezioni permanenti e a rotazione, alcune di queste ultime dal nome di “Oggetti personali trovati nell’Oceano Pacifico”, “Armi di difesa autoprodotte” e “Documenti trovati nelle fotocopiatrici”. Lo spazio disponibile, per quanto piccolo, è sfruttato al meglio e riesce a sfoggiare un discreto numero di oggetti al punto che, non potendo accogliere più di tre visitatori per volta, spesso capita di vedere una piccola fila che aspetta pazientemente il proprio turno ad entrare e usufruire dell’audioguida. Alcuni degli oggetti più interessanti in mostra sono la scarpa che venne lanciata a George W. Bush durante una sua visita in Iraq, gli zaini della Disney realizzati in materiale antiproiettile le cui vendite ciclicamente salgono alle stelle dopo le sparatorie scolastiche che negli Stati Uniti si verificano periodicamente, una collezione di finti vomiti, una di tubetti di dentifricio e una di sacchetti di patatine da tutto il mondo, che mostra i diversi gusti preferiti. Il museo si trova in Cortlandt Alley, un anonimo vicolo di Tribeca. Il sito, sul quale è possibile vedere le passate esibizioni temporanee e sul quale è bene prenotare una visita per evitare di trovarlo chiuso, è www.mmuseumm.com.

8. IL MONDO DEGLI ANIMALI DELLA TORAH

Un museo che si basa sulla tassidermia, cioè su animali imbalsamati in pose più o meno realistiche, è qualcosa di superato, in un epoca in cui il rispetto per gli animali è sempre più tenuto in considerazione. Non la pensa così il fondatore di questo museo, il rabbino Shaul Simon Deutsch che conduce personalmete le visite guidate al museo, il quale ha ben pensato, in parole povere, di costruire una sua personale Arca di Noè, costituita da circa 350 animali impagliati tra mammiferi, uccelli, pesci e rettili. Il museo, che si rivolge alla numerosa comunità chassidica ebraica che a New York conta numerosi seguaci, dovrebbe raffigurare solo gli animali menzionati nella Torah e gli altri antichi testi sacri su cui si fonda la religione ebraica, anche se fra questi spunta, abbastanza inspiegabilmente, una mamma canguro con tanto di cucciolo nel marsupio, un animale che divenne conosciuto al mondo occidentale solo dopo i viaggi del capitano James Cook che ne descrisse il primo nel 1770. Anche le ambientazioni si prestano a qualche dubbio, come quella in cui giraffe e lontre sono improbabilmente assieme. La maggior parte degli animali imbalsamati provengono da donazioni o vengono reperiti nei mercati antiquariali o di vicinato, dove inevitabilmente finiscono questi oggetti che trovano sempre meno accoglienza nelle case moderne, non solo per motivi di look. Il pezzo più pregiato è una gigantesca testa di elefante, del valore di circa 40.000 $. Diversamente dalla maggior parte dei musei, qui tutto si può toccare, dagli animali alle uova perché, come dice il rabbino: ”Se tocchi la Storia, la Storia tocca te”. Nonostante l’insospettabile flusso di visitatori, circa 35.000 visitatori all’anno, cioè più di un centinaio al giorno, il museo rischia di essere CHIUSO, o dislocato altrove, se non raccoglierà i fondi necessari per rimanere aperto. Il museo si trova nel quartiere Ebreo Ortodosso di Borough Park, a Brooklyn e il poco esplicativo sito è www.torahanimalworld.com.

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9. LA STANZA DI TERRA

Più che un museo è una galleria d’arte. Una galleria d’arte atipica che espone una sola opera. L’opera è l’installazione chiamata, molto didascalicamente, la “Stanza di terra”, perché proprio questo è: una stanza di circa 335 metri quadrati ricoperta da circa 130 kilogrammi di terra. L’opera, al contempo provocatoria e meditativa, venne realizzata nel 1980 dall’artista statunitense Walter De Maria, uno dei maggiori esponenti della corrente artistica detta Land Art, una forma d’arte contemporanea nata alla fine degli anni ’60 e caratterizzata dall’intervento dell’artista sul territorio naturale, soprattutto nei boschi, nei deserti, nei laghi e nelle praterie. Qui l’artista ha fatto il percorso inverso, producendo un rovesciamento tra interno ed esterno, tra spazio naturale e spazio culturale, utilizzando la terra, materia primaria per definizione. L’opera, inizialmente destinata ad essere rimossa come altre opere similari dell’artista – è una delle sole tre installazioni tuttora esistenti – necessita di continua, anche se non assidua, manutenzione. La terra viene innaffiata e rastrellata una volta a settimana, cosa che peraltro, in base a quanto rivela la persona che se ne prende cura, non impedisce a qualche fungo di spuntare, di quando in quando. Questa realizzazione minimalista la trovate in Wooster Street a Lower Manhattan.

10. IL MUSEO DELLA MATEMATICA

Inaugurato nel 2012 dopo che il Museo della Matematica di Goudreau a Long Island ha chiuso i battenti, questo spazio espositivo è dedicato a una delle materie scolastiche che, inevitabilmente, ha mietuto e continua a mietere più vittime: la Matematica. Ma qui non ci sono professori che obbligano a imparare le tabelline a memoria oppure a scervellarsi su complicate equazioni e la visita è piacevole sia per grandi che piccini. L’approccio utilizzato dal MoMath è quello dell’esperienza sensoriale di come l’astrazione matematica si traduce nella vita di tutti i giorni. Vi troverete biciclette dalle ruote quadrate, sculture di luce e suoni che reagiscono al vostro tocco e altre installazioni interattive che stimolano la curiosità, spingono alla comprensione dei perché e, inevitabilmente, rivelano le meraviglie della matematica. Il museo, situato al numero 11 della 26ma East Street a Manhattan, si rivolge, come recita uno slogan, a visitatori tra i 5 e i 105 anni di età, anche se le attività sono particolarmente adatte per gli scolari delle scuole elementari e medie inferiori. Il sito del museo è momath.org.

11. MUSEO DEI RIFIUTI

In un’epoca in cui gli artisti non esitano a produrre opere e installazioni riciclando materiali in disuso, quando non addirittura andando a raccoglierli in discariche, niente di più normale che Nelson Molina, un operaio 58enne della nettezza urbana di New York abbia pensato, a partire dal 1981, di mettere da parte gli oggetti che più lo incuriosivano fra le migliaia che gli passano sotto gli occhi quotidianamente. Il risultato, esposto al secondo piano di un centro di raccolta rifiuti tra la Prima e la Seconda Avenue all’altezza della 99ma Street – anche perché una norma vieta ai netturbini di fare uso personale di quanto trovano durante il lavoro -, è una specie di variegato ritratto dei newyorkesi e delle loro passioni: dipinti, fotografie, poster, attrezzi sportivi e oggetti di vario genere, accuratamente incorniciati da Molina o ordinatamente disposti su mura e mensole, talvolta pure con un certo umorismo. Una raccolta composta di oltre 1000 pezzi quella del Trash Museum, e meno banale di quanto si potrebbe pensare, al punto che un professore universitario l’ha definita: “Più che una galleria è un museo, o meglio un archivio”.

12. IL MUSEO DEGLI ASCENSORI

Ancora una volta, alla base di questo museo c’è la scintilla che scocca nella testa di un singolo individuo. In questo caso la testa è quella di Patrick Carrajat e la scintilla fu una placca di un ascensore regalatagli dal padre nel 1955 quando aveva 11 anni. Da allora Patrick ha accatastato per decenni materiale di tutti i tipi relativo agli ascensori, anche molto più antichi di quell’oggetto da cui tutto ebbe inizio, come ad esempio la placca rossa del primo ascensore costruito nel 1851 dalla Otis Brothers, azienda originaria di Yonkers, una città che confina con il quartiere del Bronx. L’azienda fece fortuna grazie all’invenzione di un sistema, brevettato, che permette di bloccare la cabina in caso di rottura accidentali dei cavi, fatto che le ha permesso di rimanere tuttora leader mondiale del trasporto verticale, con circa 60.000 persone a libro paga in tutto il mondo. Decisamente interessanti sono i manuali di istruzioni, molti dei quali hanno dettagliati disegni esplicativi, e tutta la variegata serie delle parti che costituiscono queste complesse macchine: macchinari vari, indicatori dei piani, pulsantiere per la scelta del piano ma anche molta oggettistica delle case produttrici, fra cui la una classica tip and strip pen, quelle che potremmo definire le "penne con le donnine nude", solo che queste invece di svelare le procaci curve di una pin-up, mostra un piccolo ascensore fare il suo lavoro. Il museo si trova a Long Island e può essere visitato solo su appuntamento ma non ha un sito, quindi bisogna telefonare al 917-748-2328.
Fotografia queenswestvillager.com

13. IL RELIQUIARIO CITTADINO

The City Reliquary è un museo situato nella zona di Williamsburg, a Brooklyn, che vuole raccontare la storia dei cinque quartieri principali di New York City attraverso l’esposizione di volantini e oggetti vari. Il museo nacque nel 2002, sotto la spinta di Dave Herman che aveva riscontrava un crescente interesse da parte dei passanti man mano che accumulava sui davanzali delle finestre del suo appartamento – che dava sulla strada – i buffi oggetti che trovava. Quando la collezione cominciò a diventare troppo vasta per poterci ancora stare, anche perché nel frattempo la gente aveva cominciato a regalargli oggetti similari, decise di spostare tutto in un apposito spazio, con tanto di taglio del nastro da parte del sindaco del quartiere all’inaugurazione. Fra gli oggetti più interessanti in esposizione vi sono una teca dedicata al grande giocatore di baseball Jackie Robinson, oggetti della Fiere Mondiali di New York del 1939/40 edel 1964/65, una collezione di Statue della Libertà, vecchie insegne al neon di ristoranti, perfino la corda a cui era appesa la bandiera a lutto nel municipio di New York dopo l’attentato dell’11 Settembre. Oltre alla collezione permanente, alla stregua di un museo a tutti gli effetti, il City Reliquary ospita mostre temporanee, come quella sui donut (le ciambelle adorate dai newyorkesi), sui calzini a losanghe e su una collazione di figure di polli, organizzata da una bimba di 6 anni assieme a suo padre. Il sito è www.cityreliquary.org

14. MUSEO DEI VIGILI DEL FUOCO

Il Museo dei Vigili del Fuoco di New York si trova al 278 di Spring Street, a Lower Manhattan, all’interno di un elegante edificio in stile neoclassico del 1904. Ma il vero spettacolo per gli occhi si trova all’interno del palazzo, perché qui sono raccolti alcuni dei più incredibili cimeli di questo glorioso ente che protegge la città dagli incendi fin da tempi in cui la città era ancora una colonia olandese. Vi potete ammirare i macchinari usati agli albori per combattere il fuoco in una città in cui inizialmente molti edifici erano di legno: un cosiddetto motore a collo d’oca del 1840, un calesse del 1892, una macchina a vapore trainata da cavalli usata nel 1901, la Type 75 American LaFrance del 1921 che – simile alle auto dei gangster movies ambientati in quegli anni - la sostituì in ordine cronologico. Non manca il lato artistico perché molti di questi oggetti, dagli antichi macchinari ai cappelli dei vigili del fuoco e agli stemmi delle varie compagnie erano grandiosamente decorati. Fra gli oggetti in mostra non solo antichità ma anche oggetti più recenti ma non meno significativi, fra cui quelli esposti nella sezione dedicata all’attentato alle World Towers dell’11 Settembre, evento in cui i vigili del fuoco hanno dato una delle più grandi prove del loro coraggio e valore. Il sito è www.nycfiremuseum.org.

15. RIPLEY’S BELIEVE IT OR NOT!

Questo museo non è certo un’esclusiva di New York, essendo uno dei 40 con questo marchio distribuiti nel mondo, ma non poteva mancare in un elenco di musei un po’ fuori dalle righe. La società, fondata da Robert Ripley, nel 1918, inizialmente si chiamava Champs and Chumps (qualcosa tipo “campioni e brocchi”) e forniva strisce fumettistiche a tema sportivo per il New York Globe ma l’anno successivo aveva già cambiato il nome in “Believe it or not!” (Credeteci oppure no!) trattando tutte le curiosità o fatti inusuali che potevano interessare i lettori: le donne-giraffa della Birmania e della tailandia, teste umane affumicate da tribù, l'uomo più alto del mondo, tutte "notizie" che Ripley dichiarava scientificamente verificate, adottando lo slogan "se lo leggi su Believe it or not! è vero". Le strisce ebbero il loro picco di popolarità negli anni '30, durante i quali erano pubblicate su varie testate e raggiungevano circa 80 milioni di lettori al giorno, ricevendo milioni di lettere al mese di complimenti e di segnalazioni di curiosità. Nel tempo le curiosità sono cambiate e ora mostrano la donna più tatuata del mondo, quella con le unghie più lunghe ma anche antichi strumenti di tortura, percorsi laser interattivi e scheletri di dinosauri. Il tutto a uso e consumo dei bambini, che volendo posso organizzare qui anche le loro feste di compleanno. La sede newyorkese è al 234 W della 42ma strada, a due passi da Time Square e il sito è www.ripleysnewyork.com. Fotografia alexpro9500/ Shutterstock.com

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