Spilimbergo (Friuli): visita alla cittą del mosaico e suoi eventi
Spilimbergo, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Spilimbergo dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
A 30 chilometri da Pordenone in Friuli Venezia Giulia spunta la brillante Spilimbergo, cittadina loquace che non nasconde una grandissima voglia di vivere, così come i suoi abitanti, 12.000 vivaci friulani e orgogliosi del proprio urbano vivaio, in uno dei più interessanti tra i borghi del Friuli.
Un nome fiero, quello di un borgo nato come castrum infeudato dai potenti signori carinziani, gli Spengenberg, che hanno cullato la storia del loro possedimento dal XI secolo, simboleggiato da un fortilizio imponente quanto bellissimo, inviolabile, titanico.
La famiglia feudale fece subito capire ai vari Ezzelino da Romano e Rizzardo da Camino che Spilimbergo non abbisognava né di avvoltoi né di nuovi padroni, ma soltanto di prosperare sulle corde vibranti del commercio e dello sviluppo demografico.
Altre cinque mura furono edificate per proteggere un prezioso dominio e la gestazione graduale di costruzioni ordinate nel 1284 da Walterpertoldo II, il Duomo romanico-gotico, il Palazzo del daziario, la Casa del Capitano e La Loggia. Il destino incensatorio si fece più amaro dal 1420, l’anno in cui la cittadina venne assorbita dalla Serenissima e inizio di tutta una serie di misfatti che interessarono da vicino la popolazione, rassegnata a subire guerre, carestie e, non ultimo, l’incendio del castello, poi riedificato in stile rinascimentale per ospitare nel 1532 il re Carlo V di Spagna.
La risurrezione si manifestò soprattutto a livello artistico-letterario: furono d’incoraggiamento alla splendida risalita sociale le diuturne visite di valenti personaggi come gli allievi di Vitale da Bologna, tra i quali si distinse la celebrata pittrice Irene, morta giovanissima nel 1559 ma immortalata dalle penne di famosi letterati e dalla sensibilità del Vasari. Una scossa culturale arrivo irruente da famiglie borghesi fermamente intenzionate a scuotere l’immobilismo aristocratico vigente e il contraltare costituito dall’incolpevole ignoranza popolana: casate come i Balzaro, i Monaco e i Cisternini si diedero un gran daffare per traghettare con onore e spirito meritorio
Spilimbergo verso una nuova era, quella dell’Illuminismo. Passata sotto l’egida austriaca nel 1797, l’anno del Trattato di Campoformido, la bella addormentata friulana si risvegliò, conobbe i moti del 1848 e uno slancio risorgimentale con il quale si affrancò dalla dominazione straniera abbracciando gli ideali dell’Unità, avvenuta effettivamente nel 1866 con l’annessione al Regno d’Italia. Conquistò il titolo di Città nel 1968, subì la devastazione del sisma del 1976 e in questo modo disse addio a un letargo sociale con la tenacia di una popolazione finalmente saldata ai propri principi e coesa negli intenti di ricostruzione (guadagnandosi la Medaglia d’Oro al Merito Civile).
Il risultato oggi si palesa raggiunto, Spilimbergo è apprezzabilissima, degna di sommo interesse e ricolma di vestigia importanti incarnate in edificazioni pregevoli, rappresentazioni concrete di una rinascita architettonica che protende nel futuro un forsennato positivismo.
Si è già accennato al mitico castello, dapprima una rocca unica d’imprinting medievale, oggi agglomerato di dimore signorili disposte ad anello e gravitanti intorno alla corte centrale: di esse fanno parte Palazzo Tadea, Palazzo Ciriani, Palazzo Troilo e l’edificio ritenuto più importante, il Palazzo Dipinto, scenografico con la sua stimata facciata dove compaiono affrescate le Virtù teologali e cardinali (soggetti realizzati da Andrea Bellunello) insieme a virtuosi elementi in pietra, trifore e balconi.
Prima del Duomo va invocata la timidezza composita della graziosa Chiesetta di Santa Cecilia, posta in luogo piuttosto nascosto e appartato rispetto alla piazza centrale: è l’edificio più antico in quanto nato nel 1271, ben tredici anni prima del Duomo. Essa rivela un archivolto maestoso con rigoli geometrici e 2 altorilievi raffiguranti i Santissimi Pietro e Giacomo, ritratti mediante linee romaniche assai rare nella regione.
Detiene comunque lo scettro di più bella del reame la Chiesa di Santa Maria Maggiore, che si è avvalsa di un intenso make-up restaurativo post terremoto, grazie al quale oggi risplende di autonoma bellezza, maestosità e indubbia eleganza dall’alto dei suoi 45 metri di lunghezza, 21 di larghezza e 20 metri di altezza, torre campanaria compresa. La porta moresca – detta anche portale di Zenone da Campione – è il suo intrinseco capolavoro, ma a colpire ancor più è la facciata, in cui campeggiano sette rosoni, fatto più unico che raro.
L’interno è organizzato in tre navate, un soffitto a capriata lignea, un presbiterio e persino una cripta sotterranea che cela il sarcofago di Walterpertoldo IV: in questi ambienti si distribuiscono in maniera alquanto equilibrata opere artistiche di estrosa fattura, basti pensare a gioielli come il ciclo di affreschi Storie del Vecchio Testamento e le speculari inerenti il Nuovo, la scena della Crocifissione dietro l’altare centrale, e il fonte battesimale del Pilacorte, solo un rapido sunto di un corredo ricco che aspira a meravigliare chiunque. Il cassone del magnifico organo rinascimentale, infine, è decorato con tavole e tele di Giovanni Antonio Pordenone.
Non bisogna andar troppo lontano per ammirare un altro monumento ecclesiastico, il Santuario dell’Ancona, che fa della semplicità la sua miglior qualità e nell’estetica fibrillante un’attrattiva magnetica: d’eccezione il bel portichetto a cinque colonne, il campanile impettito, l’altare in marmi policromi e l’affresco quattrocentesco della Madonna con Bambino e due angioletti.
Se pensate di poter riporre le scarpe allora siete in errore, poiché nel tour mancano all’appello altri quattro luoghi di culto. Sono essi la Chiesa dei Santissimi Giuseppe e Pantaleone (consacrata nel 1327 e arricchita da uno splendido coro ligneo di Marco Cozzi), San Giovanni dei Battuti (che non risparmia meraviglie ovunque possa posarsi lo sguardo, sul soffitto, sulle pareti, lateralmente o frontalmente, un ovunque occupato da affreschi, dipinti, altari e crocifissi), San Rocco (ha una bella pala di Umberto Martina e tre vetrate istoriate con l’Annunciazione e San Rocco) e il piccolo eremo di San Giovanni (ad aula unica e campaniletto, il tutto affrescato con sapienza).
Non basta fino a qui aver tessuto le lodi di una realtà urbana che ha fatto dell’arte un motivo autentico di sopravvivenza estetica. Occorre completare la trattazione citando la Scuola Mosaicisti del Friuli, che dal 1922 incanala i propri saggi sforzi nella realizzazione del mosaico decorativo, pavimentale e parietale: in tutto il mondo il suo operato viene ampiamente riconosciuto e non è raro imbattersi durante i viaggi per il mondo in capolavori commissionati per adornare aeroporti, alberghi, università, cattedrali e residenze pubbliche e private.
E’ segno che l’antica tradizione musiva romana e bizantina seguita ancora oggi a vivere più fulgida che mai, tramandata da un’accademia sostenuta da abilissimi insegnanti di un’arte millenaria. Spilimbergo si è dunque affermata come "Città del Mosaico".
Il sapore e il gusto qui hanno una rinomata importanza, come del resto in molte zone del Friuli Venezia Giulia: in particolare si svolgono manifestazioni a sfondo enogastronomico come la mostra mercato dei prodotti tradizionali Rivivono antichi sapori a ottobre e Sapori d’Europa a maggio, occasione d’incontro per i cultori del gusto provenienti da ogni parte del Vecchio Continente per assaggiare vini, formaggi e salumi delle feconde terre friulane. In estate, precisamente ad agosto, ha luogo la suggestiva Rievocazione Storica della Macia che richiama tutta la popolazione. Ogni terzo sabato del mese appuntamento con Ricordi del Tempo, storico mercatino delle pulci.
Da Pordenone in auto, si percorra il raccordo autostradale Cimpello-Sequals per uscire a Tauriano e seguire per Spilimbergo; la linea ferroviaria Udine-Venezia passa per la stazione di Casarsa della Delizia, la più vicina alla località, collegata grazie alle autolinee extraurbane ATAP; l’aeroporto di riferimento è l’Internazionale di Trieste – Ronchi dei Legionari, che si trova a 67 km dalla cittadina.
Origine del nome
Un nome fiero, quello di un borgo nato come castrum infeudato dai potenti signori carinziani, gli Spengenberg, che hanno cullato la storia del loro possedimento dal XI secolo, simboleggiato da un fortilizio imponente quanto bellissimo, inviolabile, titanico.
Storia di Spilimbergo
La famiglia feudale fece subito capire ai vari Ezzelino da Romano e Rizzardo da Camino che Spilimbergo non abbisognava né di avvoltoi né di nuovi padroni, ma soltanto di prosperare sulle corde vibranti del commercio e dello sviluppo demografico.Altre cinque mura furono edificate per proteggere un prezioso dominio e la gestazione graduale di costruzioni ordinate nel 1284 da Walterpertoldo II, il Duomo romanico-gotico, il Palazzo del daziario, la Casa del Capitano e La Loggia. Il destino incensatorio si fece più amaro dal 1420, l’anno in cui la cittadina venne assorbita dalla Serenissima e inizio di tutta una serie di misfatti che interessarono da vicino la popolazione, rassegnata a subire guerre, carestie e, non ultimo, l’incendio del castello, poi riedificato in stile rinascimentale per ospitare nel 1532 il re Carlo V di Spagna.
La risurrezione si manifestò soprattutto a livello artistico-letterario: furono d’incoraggiamento alla splendida risalita sociale le diuturne visite di valenti personaggi come gli allievi di Vitale da Bologna, tra i quali si distinse la celebrata pittrice Irene, morta giovanissima nel 1559 ma immortalata dalle penne di famosi letterati e dalla sensibilità del Vasari. Una scossa culturale arrivo irruente da famiglie borghesi fermamente intenzionate a scuotere l’immobilismo aristocratico vigente e il contraltare costituito dall’incolpevole ignoranza popolana: casate come i Balzaro, i Monaco e i Cisternini si diedero un gran daffare per traghettare con onore e spirito meritorio
Spilimbergo verso una nuova era, quella dell’Illuminismo. Passata sotto l’egida austriaca nel 1797, l’anno del Trattato di Campoformido, la bella addormentata friulana si risvegliò, conobbe i moti del 1848 e uno slancio risorgimentale con il quale si affrancò dalla dominazione straniera abbracciando gli ideali dell’Unità, avvenuta effettivamente nel 1866 con l’annessione al Regno d’Italia. Conquistò il titolo di Città nel 1968, subì la devastazione del sisma del 1976 e in questo modo disse addio a un letargo sociale con la tenacia di una popolazione finalmente saldata ai propri principi e coesa negli intenti di ricostruzione (guadagnandosi la Medaglia d’Oro al Merito Civile).
Cosa vedere a Spilimbergo
Il risultato oggi si palesa raggiunto, Spilimbergo è apprezzabilissima, degna di sommo interesse e ricolma di vestigia importanti incarnate in edificazioni pregevoli, rappresentazioni concrete di una rinascita architettonica che protende nel futuro un forsennato positivismo.Si è già accennato al mitico castello, dapprima una rocca unica d’imprinting medievale, oggi agglomerato di dimore signorili disposte ad anello e gravitanti intorno alla corte centrale: di esse fanno parte Palazzo Tadea, Palazzo Ciriani, Palazzo Troilo e l’edificio ritenuto più importante, il Palazzo Dipinto, scenografico con la sua stimata facciata dove compaiono affrescate le Virtù teologali e cardinali (soggetti realizzati da Andrea Bellunello) insieme a virtuosi elementi in pietra, trifore e balconi.
Prima del Duomo va invocata la timidezza composita della graziosa Chiesetta di Santa Cecilia, posta in luogo piuttosto nascosto e appartato rispetto alla piazza centrale: è l’edificio più antico in quanto nato nel 1271, ben tredici anni prima del Duomo. Essa rivela un archivolto maestoso con rigoli geometrici e 2 altorilievi raffiguranti i Santissimi Pietro e Giacomo, ritratti mediante linee romaniche assai rare nella regione.
Detiene comunque lo scettro di più bella del reame la Chiesa di Santa Maria Maggiore, che si è avvalsa di un intenso make-up restaurativo post terremoto, grazie al quale oggi risplende di autonoma bellezza, maestosità e indubbia eleganza dall’alto dei suoi 45 metri di lunghezza, 21 di larghezza e 20 metri di altezza, torre campanaria compresa. La porta moresca – detta anche portale di Zenone da Campione – è il suo intrinseco capolavoro, ma a colpire ancor più è la facciata, in cui campeggiano sette rosoni, fatto più unico che raro.
L’interno è organizzato in tre navate, un soffitto a capriata lignea, un presbiterio e persino una cripta sotterranea che cela il sarcofago di Walterpertoldo IV: in questi ambienti si distribuiscono in maniera alquanto equilibrata opere artistiche di estrosa fattura, basti pensare a gioielli come il ciclo di affreschi Storie del Vecchio Testamento e le speculari inerenti il Nuovo, la scena della Crocifissione dietro l’altare centrale, e il fonte battesimale del Pilacorte, solo un rapido sunto di un corredo ricco che aspira a meravigliare chiunque. Il cassone del magnifico organo rinascimentale, infine, è decorato con tavole e tele di Giovanni Antonio Pordenone.
Non bisogna andar troppo lontano per ammirare un altro monumento ecclesiastico, il Santuario dell’Ancona, che fa della semplicità la sua miglior qualità e nell’estetica fibrillante un’attrattiva magnetica: d’eccezione il bel portichetto a cinque colonne, il campanile impettito, l’altare in marmi policromi e l’affresco quattrocentesco della Madonna con Bambino e due angioletti.
Se pensate di poter riporre le scarpe allora siete in errore, poiché nel tour mancano all’appello altri quattro luoghi di culto. Sono essi la Chiesa dei Santissimi Giuseppe e Pantaleone (consacrata nel 1327 e arricchita da uno splendido coro ligneo di Marco Cozzi), San Giovanni dei Battuti (che non risparmia meraviglie ovunque possa posarsi lo sguardo, sul soffitto, sulle pareti, lateralmente o frontalmente, un ovunque occupato da affreschi, dipinti, altari e crocifissi), San Rocco (ha una bella pala di Umberto Martina e tre vetrate istoriate con l’Annunciazione e San Rocco) e il piccolo eremo di San Giovanni (ad aula unica e campaniletto, il tutto affrescato con sapienza).
La scuola di mosaico
Non basta fino a qui aver tessuto le lodi di una realtà urbana che ha fatto dell’arte un motivo autentico di sopravvivenza estetica. Occorre completare la trattazione citando la Scuola Mosaicisti del Friuli, che dal 1922 incanala i propri saggi sforzi nella realizzazione del mosaico decorativo, pavimentale e parietale: in tutto il mondo il suo operato viene ampiamente riconosciuto e non è raro imbattersi durante i viaggi per il mondo in capolavori commissionati per adornare aeroporti, alberghi, università, cattedrali e residenze pubbliche e private.E’ segno che l’antica tradizione musiva romana e bizantina seguita ancora oggi a vivere più fulgida che mai, tramandata da un’accademia sostenuta da abilissimi insegnanti di un’arte millenaria. Spilimbergo si è dunque affermata come "Città del Mosaico".
Eventi e manifestazioni
Il sapore e il gusto qui hanno una rinomata importanza, come del resto in molte zone del Friuli Venezia Giulia: in particolare si svolgono manifestazioni a sfondo enogastronomico come la mostra mercato dei prodotti tradizionali Rivivono antichi sapori a ottobre e Sapori d’Europa a maggio, occasione d’incontro per i cultori del gusto provenienti da ogni parte del Vecchio Continente per assaggiare vini, formaggi e salumi delle feconde terre friulane. In estate, precisamente ad agosto, ha luogo la suggestiva Rievocazione Storica della Macia che richiama tutta la popolazione. Ogni terzo sabato del mese appuntamento con Ricordi del Tempo, storico mercatino delle pulci.
Come arrivare a Spilimbergo
Da Pordenone in auto, si percorra il raccordo autostradale Cimpello-Sequals per uscire a Tauriano e seguire per Spilimbergo; la linea ferroviaria Udine-Venezia passa per la stazione di Casarsa della Delizia, la più vicina alla località, collegata grazie alle autolinee extraurbane ATAP; l’aeroporto di riferimento è l’Internazionale di Trieste – Ronchi dei Legionari, che si trova a 67 km dalla cittadina.- HOTEL SCONTATI Spilimbergo
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