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Tornano i colori nel Tempio di Dendur al Metropolitan Museum

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Al MET e cioè il Metropolitan Museum una delle principali attrazioni di New York City, è accaduto qualcosa di straordinario: i colori dimenticati del tempio di Dendur sono tornati in vita! Tutto ciò grazie a una serie di proiezioni digitali che ricostruiscono l’aspetto originario del tempio che, come il resto delle opere dell’antico Egitto, pare non fosse di quel color sabbia che oggi caratterizza le piramidi e le testimonianze artistiche e architettoniche di una delle civiltà più raffinate di un passato così remoto.

Parliamo dell’iniziativa “Color the Temple”, grazie alla quale i visitatori del Met possono vedere com’era realmente il Tempio di Dendur e scoprire i colori che, più di 2000 anni fa, ricoprivano la sua superficie.


"Color the Temple” sfrutta la tecnologia del video mapping, utilizzando un proiettore indirizzato verso il tempio che riempie di colore le parti intagliate.

Fino al 19 marzo la proiezione sarà eseguita su una sezione del lato sud del tempio sulla quale è rappresentata una scena suggestiva: l’imperatore romano Augusto vestito da faraone, immortalato nell’atto di fare un’offerta alle divinità Hathor e Horus.
La proiezione sarà visibile il venerdì e il sabato sera, quando il Met resta aperto oltre il solito orario: dopo il tramonto, quindi, poiché il sole, penetrando attraverso le enormi vetrate del Met, impedirebbe alla luce del proiettore di essere efficace.

Tra i primi che hanno assistito alla messa a punto dello spettacolo c’è un professore della Wesleyan University, Ron Jenkins, il quale ha affermato di essere rimasto a bocca aperta davanti alla vividezza dei colori del tempio di Dendur e di aver avuto la sensazione che quel blocco di pietra si animasse.

In effetti, l’edificio ha dovuto fare i conti con l’azione del tempo ma non solo: le continue inondazioni a cui è andato incontro, data la sua vicinanza alle sponde del Nilo, avevano fatto sì che dei colori originari non rimanesse nulla. Ma fino al 1906 sulle sue pareti interne rimanevano ancora tracce di antichi dipinti, così come aveva scoperto l’egittologo inglese Alyward Blackman: peccato che fino al 1920 il tempio avesse subito inondazioni continue per ben nove mesi all’anno, per cui le ultime rimanenze di colore erano state erose via dall’acqua, definitivamente.

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Il tempio di Dendur arrivò al Met di New York City nel 1967, in seguito a una campagna lanciata dall’Unesco per salvare il monumento: fu allora che fece il suo ingresso nella sezione del museo dedicata all’antico Egitto, ma già a quel punto gli studiosi non erano stati in grado di rilevare alcuna traccia di colore.

Come si è riusciti, dunque, a risalire ai colori originali del tempio e a farli rivivere agli occhi del visitatore di oggi? L’impresa si deve a MediaLab e a Erin Peters, dottoranda che nel 2013 stava eseguendo studi per la sua tesi, il cui argomento era proprio la policromia nell’arte dell’Antico Egitto.

È stata la dottoressa Peters ad aiutare gli studiosi del Met a ricostruire l’aspetto originario del tempio e dei colori della scena attualmente visibile, quella dell’imperatore Augusto in abiti da faraone. Non essendo però possibile stabilire con esattezza quali motivi fossero raffigurati sugli abiti o intorno alle figure, il team di MediaLab ha messo a punto più versioni da proiettare in maniera alternata.

Marco Castro Cosio, manager di MediaLab, ha affermato che questo potrebbe essere solo il primo di una serie di esperimenti di mapping all’interno del Met, e che i visitatori potrebbero avere l’occasione di vederne di nuovi in altre sezioni del museo. Addirittura, c’è l’intenzione di ripetere l’operazione sulla sezione nord del tempio di Dendur, in maniera tale da renderla visibile attraverso le finestre che danno su Central Park.

 Pubblicato da il 05/02/2016 - - ® Riproduzione vietata

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