Radicofani (Toscana): la Rocca e cosa vedere nel borgo in Val d'Orcia
Radicofani, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Radicofani dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Racchiude buona parte delle colline senesi ed uno dei tanti splendidi paesaggi di cui la Toscana si compone: trattasi della Val d’Orcia, meraviglioso scenario la cui bellezza è retta da stupende località, e fra di esse sicuramente Radicofani, comune dal 1778, ovvero da quando include entro il suo ameno territorio gli antichi borghi di Contignano (da vedere il Castello, i suoi accessi rappresentati dalla Porta del Castello e dalla Porticciola, infine la Chiesa di Santa Maria Assunta e la Cappella di San Rocco) e Castelvecchio.
Dal 2004 si fregia del riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità ottenuto dall’UNESCO per la varietà naturalistica del suo particolare e sfaccettato circondario. Inoltre il paese, tale per i soli 1.200 abitanti che ci vivono, sfoggia ormai da anni la Bandiera Arancione conferitagli dal Touring Club.
Radicofani, attraversato dalla mitica Via Francigena (lungo la quale sorge la Posta Medicea “Osteria Grossa", fatta costruire da Ferdinando I de Medici nel 1584, frequentata da illustri personalità tra cui Giacomo Casanova, il marchese De Sade, Stendhal, Dickens e riconoscibile per la facciata a duplice loggiato di sei arcate) da sempre percorsa in continuazione da pellegrini o turisti curiosi, imperla un panorama che gode di una permanente tranquillità, enfatizzata dalla poca antropizzazione rilevata in queste terre risparmiate dall’invasività del progresso, delle industrie e delle esplosioni urbanistiche. Non si dica, tuttavia, che persista un isolamento cieco, in quanto il comune si posiziona in una zona strategica per poter raggiungere con facilità Siena ma anche Grosseto, Viterbo e Perugia, realtà distanti davvero pochi chilometri dall’abitato.
Dal nuovo quartier generale, Ghino preparava incursioni, furti e saccheggi, ma soltanto ai danni di viandanti facoltosi ergo risparmiando la povera gente, alla quale spesso dava una mano. L’atto eroico e al contempo ferocemente vendicativo lo attuò entrando a Roma e decapitando il giudice Benincasa (reo di aver condannato a morte il padre e lo zio), del quale espose la testa sulla sommità della rocca. Una statua ubicata nei Giardini del Maccione ricorda l’ardimentoso personaggio.
Oggi la Fortezza assurge ufficialmente a simbolo del paese, imponente presenza architettonica al cui interno è stato inaugurato il Museo del Cassero costituito da numerosi reperti archeologici dall’era etrusca al ‘500, documenti, fotografie, plastici e ricostruzioni virtuali. Ai visitatori viene in più offerta la possibilità di percorrere le gallerie e i passaggi sotterranei, accedere alle postazioni di tiro e ai bastioni, intraprendere il camminamento delle mura che ancora fungono da perimetro di una cittadina massicciamente fortificata ai tempi che furono.
La visita intracittadina prosegue arrivando alla Piazzetta della Giudecca, cuore dell’Antico Ghetto Ebraico, per poi indagare i luoghi di culto principali. Addossata all’antica Pieve di San Pietro (monumento nazionale dotato di facciata in conci squadrati di pietra vulcanica e campanile), la quattrocentesca Chiesa di Sant’Agata ha rischiato la completa distruzione sul finire della Seconda Guerra Mondiale ma è fortunatamente sopravvissuta pur subendo ingenti danni e depauperazioni. Resta a ogni modo custode di tanti tesori artistici, un’Assunzione della Vergine Maria e i Santi Apostoli dipinta da Francesco Canini, le statue lignee di Maria Santissima Assunta e del Cristo Morto scolpite da Aldo Fatini, l’eccezionale Dossale in Terracotta invetriata di Andrea della Robbia, il Trittico ligneo di Scuola Senese e, non ultima, l’urna in legno dorato pitturato d’azzurro (XVII secolo) contenente le ossa di San Saturnino martire.
Sotto le mura del paese s’erge la Chiesa della Madonna del Roccheto, in origine cappella aperta e oggi votata alla venerazione della Vergine, come testimonia l’affresco con l’Immagine della Madonna del Voto collocata sopra l’altare. Più appartati, il Convento dei Cappuccini e la Chiesa di San Giovanni Battista mantengono inalterate la semplicità e la bellezza che li ha contraddistinti fin dalla consacrazione avvenuta a inizio Seicento.
Un tratto turistico notevole da considerare riguarda fonti e fontane che costellano il tessuto civico di Radicofani. La Fonte Grande, posta sulla Via Francigena, poggia su una struttura muraria duecentesca il cui arco a tutto sesto copre tre cannelle accostandosi all’abbeveratoio per i cavalli in prossimità del frontale Lavatoio medievale a sei vasche coperte da un’ampia tettoia settecentesca. Molto simile è la Fonte dei Cappuccini e significative risultano non di meno la Fontana Medicea e la Fonte Antese.
A proposito di aree verdi, il comune ne ha una a uso pubblico, ovvero il Giardino Romantico “Bosco Isabella”, 2,5 ettari ricavati a fine ‘800 da un terreno seminativo. È intitolato a Isabella Andreucci, moglie del garibaldino Odoardo Luchini, che volle uno spazio in completa armonia con la natura, fatto di sentieri, muretti a secco e ponticelli sfruttando solamente pietre raccolte sul posto. Essendo i Luchini membri attivi di una loggia massonica, compresero nel Giardino anche il simbolo della loro appartenenza, una piramide in pietra a base triangolare che occupa il centro del parco.
Dal 2004 si fregia del riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità ottenuto dall’UNESCO per la varietà naturalistica del suo particolare e sfaccettato circondario. Inoltre il paese, tale per i soli 1.200 abitanti che ci vivono, sfoggia ormai da anni la Bandiera Arancione conferitagli dal Touring Club.
Radicofani, attraversato dalla mitica Via Francigena (lungo la quale sorge la Posta Medicea “Osteria Grossa", fatta costruire da Ferdinando I de Medici nel 1584, frequentata da illustri personalità tra cui Giacomo Casanova, il marchese De Sade, Stendhal, Dickens e riconoscibile per la facciata a duplice loggiato di sei arcate) da sempre percorsa in continuazione da pellegrini o turisti curiosi, imperla un panorama che gode di una permanente tranquillità, enfatizzata dalla poca antropizzazione rilevata in queste terre risparmiate dall’invasività del progresso, delle industrie e delle esplosioni urbanistiche. Non si dica, tuttavia, che persista un isolamento cieco, in quanto il comune si posiziona in una zona strategica per poter raggiungere con facilità Siena ma anche Grosseto, Viterbo e Perugia, realtà distanti davvero pochi chilometri dall’abitato.
I prodotti tipici della Val d'Orcia
Radicofani si perde dolcemente fra le colline argillose della Toscana e peculiarmente della Val d’Orcia culla di una viticoltura generosa e abbondante, foriera di ottimi nettari di Bacco come il Vino Rosso DOC d’Orcia. Dove finiscono i vitigni iniziano ricchi pascoli a sostegno dell’allevamento, tanto più che nell’area si producono formaggi d’eccellenza, tra cui il Cacio di Pienza. L’olio locale corrisponde a un’altra prelibatezza inserita in un circuito mercatale sempre più esteso e apprezzato.Origine del nome
Posto ai piedi di una maestosa rupe vulcanica, il nobile borgo si configura quale forziere d’arte e storia con un passato ben più antico di quanto si creda. Pare infatti che il nucleo urbano sorga sulle fondamenta di un vetusto villaggio etrusco-romano, sebbene l’origine vera e propria sia da ascrivere al periodo medievale. Il nome Radicofani deriva etimologicamente da Rackis hofen, che significa “territorio di Rackis”, re longobardo molto meno famoso rispetto al conosciuto Desiderio.La Rocca e la storia di Ghino di Tacco
È risaputo comunque che, per un certo tempo, questo mirabile borgo della Toscana fece da “palcoscenico storico” alle gesta leggendarie di Ghino di Tacco. Sul suo conto se ne sono dette tante e le etichette ancor oggi si sprecano: l’hanno ritenuto un volgare brigante, altri un fiero ribelle ghibellino, altri ancora un gentiluomo citato persino da Dante e Boccaccio, soprannominato da molti il "Robin Hood della Val d’Orcia". Chi davvero fosse non è chiaro, ma quel che risuona dalle memori casse della storia racconta di una straordinaria conquista nel 1297, vale a dire quella della Rocca di Radicofani, fino a quel momento dominio pontificio.Dal nuovo quartier generale, Ghino preparava incursioni, furti e saccheggi, ma soltanto ai danni di viandanti facoltosi ergo risparmiando la povera gente, alla quale spesso dava una mano. L’atto eroico e al contempo ferocemente vendicativo lo attuò entrando a Roma e decapitando il giudice Benincasa (reo di aver condannato a morte il padre e lo zio), del quale espose la testa sulla sommità della rocca. Una statua ubicata nei Giardini del Maccione ricorda l’ardimentoso personaggio.
Oggi la Fortezza assurge ufficialmente a simbolo del paese, imponente presenza architettonica al cui interno è stato inaugurato il Museo del Cassero costituito da numerosi reperti archeologici dall’era etrusca al ‘500, documenti, fotografie, plastici e ricostruzioni virtuali. Ai visitatori viene in più offerta la possibilità di percorrere le gallerie e i passaggi sotterranei, accedere alle postazioni di tiro e ai bastioni, intraprendere il camminamento delle mura che ancora fungono da perimetro di una cittadina massicciamente fortificata ai tempi che furono.
Cosa vedere a Radicofani
Il maniero è l’apice di un genius loci comprensivo anche del Palazzo Pretorio, sede del Capitano di Giustizia prima di essere adibito a Municipio, struttura a tre piani che si articola in una grande Sala Consiliare, sei segrete e una cappella. Lungo la via centrale e sotto la i resti della Torre dell’Orologio (duecentesca, alta 25 metri, poggiante su un bell’arco a sesto acuto e… purtroppo distrutta dai tedeschi durante la ritirata nel 1944) prende posto Palazzo Luchini, risultato dell’accorpamento di più case private riassunte in un edificio unico.La visita intracittadina prosegue arrivando alla Piazzetta della Giudecca, cuore dell’Antico Ghetto Ebraico, per poi indagare i luoghi di culto principali. Addossata all’antica Pieve di San Pietro (monumento nazionale dotato di facciata in conci squadrati di pietra vulcanica e campanile), la quattrocentesca Chiesa di Sant’Agata ha rischiato la completa distruzione sul finire della Seconda Guerra Mondiale ma è fortunatamente sopravvissuta pur subendo ingenti danni e depauperazioni. Resta a ogni modo custode di tanti tesori artistici, un’Assunzione della Vergine Maria e i Santi Apostoli dipinta da Francesco Canini, le statue lignee di Maria Santissima Assunta e del Cristo Morto scolpite da Aldo Fatini, l’eccezionale Dossale in Terracotta invetriata di Andrea della Robbia, il Trittico ligneo di Scuola Senese e, non ultima, l’urna in legno dorato pitturato d’azzurro (XVII secolo) contenente le ossa di San Saturnino martire.
Sotto le mura del paese s’erge la Chiesa della Madonna del Roccheto, in origine cappella aperta e oggi votata alla venerazione della Vergine, come testimonia l’affresco con l’Immagine della Madonna del Voto collocata sopra l’altare. Più appartati, il Convento dei Cappuccini e la Chiesa di San Giovanni Battista mantengono inalterate la semplicità e la bellezza che li ha contraddistinti fin dalla consacrazione avvenuta a inizio Seicento.
Un tratto turistico notevole da considerare riguarda fonti e fontane che costellano il tessuto civico di Radicofani. La Fonte Grande, posta sulla Via Francigena, poggia su una struttura muraria duecentesca il cui arco a tutto sesto copre tre cannelle accostandosi all’abbeveratoio per i cavalli in prossimità del frontale Lavatoio medievale a sei vasche coperte da un’ampia tettoia settecentesca. Molto simile è la Fonte dei Cappuccini e significative risultano non di meno la Fontana Medicea e la Fonte Antese.
A proposito di aree verdi, il comune ne ha una a uso pubblico, ovvero il Giardino Romantico “Bosco Isabella”, 2,5 ettari ricavati a fine ‘800 da un terreno seminativo. È intitolato a Isabella Andreucci, moglie del garibaldino Odoardo Luchini, che volle uno spazio in completa armonia con la natura, fatto di sentieri, muretti a secco e ponticelli sfruttando solamente pietre raccolte sul posto. Essendo i Luchini membri attivi di una loggia massonica, compresero nel Giardino anche il simbolo della loro appartenenza, una piramide in pietra a base triangolare che occupa il centro del parco.