Forno di Zoldo (Veneto): escursioni e natura sulle Dolomiti Bellunesi
Forno di Zoldo, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Forno di Zoldo dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
La posizione strategica a 840 metri di altitudine fra le sontuose Dolomiti rende Forno di Zoldo uno spettacolare “balcone” affacciato su un paesaggio traspirante pace e tranquillità, aria salubre e ispirazione eremitica, l’ideale per un turista che intende disintossicarsi dai ritmi affannosi della vita cittadina fra caos e smog.
La località nobilita l’estesa Val di Zoldo in compagnia dei comuni di Zoppè di Cadore e Forno Alto, tutti appartenenti geopoliticamente alla provincia di Belluno in quel del Veneto. Il territorio a sfondo alpino furoreggia incantato grazie ad ampie valli dirupate, boschi, ruscelli e, chiaramente, cime rocciose dalla variabile vegetazione più o meno fitta.
Forno di Zoldo pare sia nato a tutti gli effetti nell’agosto del 1224 e sembra non aver subito – in quanto semplice insediamento primigenio - una precedente colonizzazione romana data l’assenza di tracce. Si attesta tuttavia un passaggio latino, presumibilmente un transito, attraverso le tre iscrizioni rupestri esumate negli anni ’30 sulle pendici della Civetta.
Il carattere autonomo di questo piccolo paese si riflette in particolar modo nella preservazione della lingua ladina, ormai una rarità in campo filologico ma per gli abitanti essenziale fulcro di identità e cultura, il cui vessillo è tenuto alto dall’Istituto Ladin de la Dolomites. Al ladino si accosta il dialetto zoldano, molto simile al dialetto del capoluogo veneto, il feltrino-bellunese.
Certo è che la località ha saputo crescere e ritagliarsi la propria libertà anche grazie al saper fare sfruttando le risorse del territorio: un passato non troppo lontano ha legato per anni Forno di Zoldo al ferro, materia che ha premesso ai fabbri locali di specializzarsi nella produzione di chiodi e brocche da scarpe guadagnandosi il curioso appellativo di “ciodarot”.
La memoria di quel tempo è depositata all’interno del Museo del Ferro e del Chiodo, un percorso espositivo che come pochi altri seguita a raccontare l’ambiente di una volta, la gente che lo popolava, le attività minerarie e tessili, le tecniche di lavorazione del metallo e, infine, ogni tipo di forno fusore, maglio e brocca da scarpa: insomma, una galleria di foto, oggetti e attrezzi testimonia con fervore il retaggio di Forno di Zoldo e dei luoghi limitrofi che condividono la stessa area geografica.
Un disimpegno più fisico che intellettuale lo offrono gli itinerari e i percorsi tematici che si snodano attraverso l’area montuosa, caratterizzata da bellezze naturali di conclamata meraviglia ma anche da decine di borghi da visitare, custodi di abitazioni tradizionali e vecchi fienili autoctoni seicenteschi, conosciuti con il nome di “tabià”, attualmente ristrutturati e adibiti a dimore costituenti in siffatto caso l’esemplare architettura della valle: si tratta di costruzioni in legno su basamento in pietra, fondate sul sistema a blockbau (sovrapposizione e incastro di tronchi) e standerbau (tronchi portanti verticali e a sostegno orizzontale).
La stessa Forno di Zoldo si compone di minuscole frazioni che suscitano, nonostante le ridotte dimensioni, un interesse che esula dalla modestia spaziale: si prenda ad esempio Fornesighe, grazioso borghetto che ospita a febbraio di ogni anno la Gnaga, uno dei Carnevali più belli e suggestivi della regione, celeberrimo per le sue particolareggiate maschere lignee, opera di artisti dalla straordinaria manualità.
A Pieve, altra frazione vicina, ha sede la Chiesa di San Floriano, risalente al X secolo e ricca internamente di opere di gran pregio quali l’altare delle Anime, l’altare maggiore in marmo di Carrara, un crocifisso e un coro dal rivestimento ligneo, più un organo datato 1812. Esternamente è dotata di campanile alto 47 metri con guglia ricoperta da scandole di larice.
D’obbligo un’immersione a tutto tondo nella flora del grande Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, zona verdeggiante che accoglie varie specie animali.
La Val di Zoldo accarezza una tradizione gastronomico-culinaria che si fregia di una punta di eccellenza mondiale, rappresentata dal gelato artigianale, i cui pionieri e perpetranti maestri – i gelatieri zoldiani – detengono una delle ricette più pure e genuine dell’intero globo, realizzate con la dedizione all’antico mestiere e all’uso forse un po’ anacronistico ma fondamentale delle macchine lignee azionate manualmente. E’ possibile ammirare questi funamboli del gusto nell’ambito di numerose fiere sparse nella regione, in cittadine come Bolzano, Orvieto, Dont di Zoldo e Chioggia.
La località nobilita l’estesa Val di Zoldo in compagnia dei comuni di Zoppè di Cadore e Forno Alto, tutti appartenenti geopoliticamente alla provincia di Belluno in quel del Veneto. Il territorio a sfondo alpino furoreggia incantato grazie ad ampie valli dirupate, boschi, ruscelli e, chiaramente, cime rocciose dalla variabile vegetazione più o meno fitta.
Forno di Zoldo pare sia nato a tutti gli effetti nell’agosto del 1224 e sembra non aver subito – in quanto semplice insediamento primigenio - una precedente colonizzazione romana data l’assenza di tracce. Si attesta tuttavia un passaggio latino, presumibilmente un transito, attraverso le tre iscrizioni rupestri esumate negli anni ’30 sulle pendici della Civetta.
Il carattere autonomo di questo piccolo paese si riflette in particolar modo nella preservazione della lingua ladina, ormai una rarità in campo filologico ma per gli abitanti essenziale fulcro di identità e cultura, il cui vessillo è tenuto alto dall’Istituto Ladin de la Dolomites. Al ladino si accosta il dialetto zoldano, molto simile al dialetto del capoluogo veneto, il feltrino-bellunese.
Certo è che la località ha saputo crescere e ritagliarsi la propria libertà anche grazie al saper fare sfruttando le risorse del territorio: un passato non troppo lontano ha legato per anni Forno di Zoldo al ferro, materia che ha premesso ai fabbri locali di specializzarsi nella produzione di chiodi e brocche da scarpe guadagnandosi il curioso appellativo di “ciodarot”.
La memoria di quel tempo è depositata all’interno del Museo del Ferro e del Chiodo, un percorso espositivo che come pochi altri seguita a raccontare l’ambiente di una volta, la gente che lo popolava, le attività minerarie e tessili, le tecniche di lavorazione del metallo e, infine, ogni tipo di forno fusore, maglio e brocca da scarpa: insomma, una galleria di foto, oggetti e attrezzi testimonia con fervore il retaggio di Forno di Zoldo e dei luoghi limitrofi che condividono la stessa area geografica.
Un disimpegno più fisico che intellettuale lo offrono gli itinerari e i percorsi tematici che si snodano attraverso l’area montuosa, caratterizzata da bellezze naturali di conclamata meraviglia ma anche da decine di borghi da visitare, custodi di abitazioni tradizionali e vecchi fienili autoctoni seicenteschi, conosciuti con il nome di “tabià”, attualmente ristrutturati e adibiti a dimore costituenti in siffatto caso l’esemplare architettura della valle: si tratta di costruzioni in legno su basamento in pietra, fondate sul sistema a blockbau (sovrapposizione e incastro di tronchi) e standerbau (tronchi portanti verticali e a sostegno orizzontale).
La stessa Forno di Zoldo si compone di minuscole frazioni che suscitano, nonostante le ridotte dimensioni, un interesse che esula dalla modestia spaziale: si prenda ad esempio Fornesighe, grazioso borghetto che ospita a febbraio di ogni anno la Gnaga, uno dei Carnevali più belli e suggestivi della regione, celeberrimo per le sue particolareggiate maschere lignee, opera di artisti dalla straordinaria manualità.
A Pieve, altra frazione vicina, ha sede la Chiesa di San Floriano, risalente al X secolo e ricca internamente di opere di gran pregio quali l’altare delle Anime, l’altare maggiore in marmo di Carrara, un crocifisso e un coro dal rivestimento ligneo, più un organo datato 1812. Esternamente è dotata di campanile alto 47 metri con guglia ricoperta da scandole di larice.
D’obbligo un’immersione a tutto tondo nella flora del grande Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, zona verdeggiante che accoglie varie specie animali.
La Val di Zoldo accarezza una tradizione gastronomico-culinaria che si fregia di una punta di eccellenza mondiale, rappresentata dal gelato artigianale, i cui pionieri e perpetranti maestri – i gelatieri zoldiani – detengono una delle ricette più pure e genuine dell’intero globo, realizzate con la dedizione all’antico mestiere e all’uso forse un po’ anacronistico ma fondamentale delle macchine lignee azionate manualmente. E’ possibile ammirare questi funamboli del gusto nell’ambito di numerose fiere sparse nella regione, in cittadine come Bolzano, Orvieto, Dont di Zoldo e Chioggia.
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