Dolcedo (Liguria): cosa vedere nel borgo in provicia di Imperia
Dolcedo, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Dolcedo dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Le dorsali moderate della Valle del Prino contraddistinguono la cornice paesaggistica di Dolcedo, borgo che rispecchia i tipici tratti levigati della Liguria marittima fra Imperia e Arma di Taggia. Il cuore del paese, Piazza, coincideva in passato con lo spazio del mercato oltre a fungere da sede amministrativa e foro commerciale, derivato dalla summa di dieci “villate”. I tempi antichi ci raccontano di un luogo a rischio d’incursione dal mare da parte dei turchi, cosa che implicava conseguentemente l’attuazione di un adeguato sistema di difesa garantito dall’installazione di torri di vedetta, delle quali oggi sopravvivono tre esemplari allocati a Costa Carnara, Isolalunga e Piazza.
Purtroppo le incipienti fasi dell’esistenza del paese furono piegate alla furia dei Saraceni, le cui invasioni, i saccheggi e le violente devastazioni si verificarono assai di frequente all’epoca, prima di venire arginate e soppresse dal conte di Provenza Guglielmo d’Arles, a conclusione di un periodo di terrore lungo e logorante. Seguirono pace e prosperità, volani ideali di una vera e propria rivoluzione sociale ed economica sotto la Repubblica di Genova, dalla quale Dolcedo dipese fino al 1805. L’importanza del borgo crebbe talmente che nel 1810 assunse il titolo di "Città". La realtà vuole oggi Dolcedo ricoprire un ruolo assurto a centro multietnico, valorizzato dai forestieri che qui giungono per villeggiarci o addirittura viverci in pianta stabile dopo aver ristrutturato vecchi mulini o antiche dimore in pietra. Tutto ciò a pochi chilometri dal mare.
Il Monte di Pietà, istituito nel 1505 da Padre Agostino di Savona per offrire un sostegno ai meno abbienti nei periodi di carestia, ha svolto la propria funzione fino al 1863 dopodiché, completata la soppressione delle proprietà monastiche, divenne sede comunale e caratteristica costruzione annoverante una bella loggia.
Un incredibile novero di nove altari arricchisce gli interni, facenti complessivamente parte di un ambiente sul quale trionfano talune pregevoli opere d’arte, prendiamo ad esempio il Martirio di San Pietro da Verona dipinto da Gregorio De Ferrari, la statua lignea della Madonna del Rosario e il settecentesco coro in noce intarsiato. Il corpo di San Prospero, esposto durante la Festa dedicata al Santo la quinta domenica dopo Pasqua, è conservato in un’urna custodita nella seconda cappella a sinistra. Fuor della chiesa lo spettacolo continua accedendo al peculiare Sagrato in ciottoli policromi bianchi e neri, location in estate di concerti ed esibizioni all’aperto agevolati da un’ottima acustica.
Più d’un cenno meriterebbe l’Oratorio di San Lorenzo, che impressiona per la sua facciata altissima e la simmetria dei due piccoli campanili. A navata unica, viene aperta al pubblico esclusivamente nella Domenica delle Palme e nel giorno di San Lorenzo. Altri luoghi di culto si perdono un po’ nell’hinterland, la Chiesa di San Bartolomeo in località Boeri, il Santuario dell’Acquasanta collocato a Lecchiore e la Chiesa di Sant’Antonio presso Montà di Longhi. Chi lo desidera può spingersi fino alla Chiesa dei santi Cosma e Damiano, tornando a Piazza per contemplare l’Oratorio di San Carlo.
Ai piedi del Monte Faudo occupa una splendida posizione la quattrocentesca Cappella di Santa Brigida, intitolata alla protettrice dei valichi montani. Campestre e tardo medievale, mostra un semplice esterno in pietra grezza sposando i valori dell’essenzialità e della severità. L’abside presenta due monofore strombate e una lunga serie di arcatelle pensili ogivali, mentre all’interno vi è stato ritrovato alla fine del XX secolo un affresco raffigurante il Cristo Pantocratore con angeli. L’erezione della cappella fu voluta, secondo la leggenda, dalla popolazione locale per ringraziare la Santa di aver scacciato il demonio che provò a tentarla invano.
I ponti di Dolcedo
Allora la conformazione del borgo non era tanto dissimile da quella attuale, rappresentata anzitutto da una rete di ponti – fra cui il Ponte Grande realizzato nel 1292 in conci di pietra squadrata dai Gerosolimitani, futuri Cavalieri di Malta - capaci di collegare le diverse località superando le barriere idrografiche identificate con il Rio dei Boschi e il Prino; è frequente poi imbattersi in alcune abitazioni dalla caratteristica particolare, ovverosia la presenza dei loggiati alti utilizzati un tempo per essiccare funghi e fichi. Lungo i carruggi le case si dispongono a schiera, legate l’una all’altra da archetti e piccoli ponti.Storia
Storicamente tutto ha avuto inizio da un primigenio nucleo abitato costituito da un castello, simbolo del feudo che il marchese Oldorico Manfredi intese “condividere” con i Benedettini, i quali fondarono un monastero attiguo al Castellaccio (distrutto quest’ultimo dai Genovesi nel 1342 sebbene rimangono da ammirare alcuni esigui resti) e nel 1290 anche la Chiesa della Santissima Annunziata, primissima parrocchia della vallata.Purtroppo le incipienti fasi dell’esistenza del paese furono piegate alla furia dei Saraceni, le cui invasioni, i saccheggi e le violente devastazioni si verificarono assai di frequente all’epoca, prima di venire arginate e soppresse dal conte di Provenza Guglielmo d’Arles, a conclusione di un periodo di terrore lungo e logorante. Seguirono pace e prosperità, volani ideali di una vera e propria rivoluzione sociale ed economica sotto la Repubblica di Genova, dalla quale Dolcedo dipese fino al 1805. L’importanza del borgo crebbe talmente che nel 1810 assunse il titolo di "Città". La realtà vuole oggi Dolcedo ricoprire un ruolo assurto a centro multietnico, valorizzato dai forestieri che qui giungono per villeggiarci o addirittura viverci in pianta stabile dopo aver ristrutturato vecchi mulini o antiche dimore in pietra. Tutto ciò a pochi chilometri dal mare.
Il Monte di Pietà, istituito nel 1505 da Padre Agostino di Savona per offrire un sostegno ai meno abbienti nei periodi di carestia, ha svolto la propria funzione fino al 1863 dopodiché, completata la soppressione delle proprietà monastiche, divenne sede comunale e caratteristica costruzione annoverante una bella loggia.
Cosa vedere a Dolcedo
A Dolcedo si trova il più ricco e vasto edificio religioso della Valle del Prino, la Parrocchiale di San Tommaso sorta nel 1738 come ricostruzione di una vecchia chiesa romanica. Facciata e portico sfoggiano palesemente uno stile barocco, adottato dall’architetto Giacomo Filippo Marvaldi per infondere alla struttura un aspetto assolutamente imponente, organizzato a pianta a croce greca e tre navate decorate con stucchi verdi e rosa prima dell’imperare di un intenso blu.Un incredibile novero di nove altari arricchisce gli interni, facenti complessivamente parte di un ambiente sul quale trionfano talune pregevoli opere d’arte, prendiamo ad esempio il Martirio di San Pietro da Verona dipinto da Gregorio De Ferrari, la statua lignea della Madonna del Rosario e il settecentesco coro in noce intarsiato. Il corpo di San Prospero, esposto durante la Festa dedicata al Santo la quinta domenica dopo Pasqua, è conservato in un’urna custodita nella seconda cappella a sinistra. Fuor della chiesa lo spettacolo continua accedendo al peculiare Sagrato in ciottoli policromi bianchi e neri, location in estate di concerti ed esibizioni all’aperto agevolati da un’ottima acustica.
Più d’un cenno meriterebbe l’Oratorio di San Lorenzo, che impressiona per la sua facciata altissima e la simmetria dei due piccoli campanili. A navata unica, viene aperta al pubblico esclusivamente nella Domenica delle Palme e nel giorno di San Lorenzo. Altri luoghi di culto si perdono un po’ nell’hinterland, la Chiesa di San Bartolomeo in località Boeri, il Santuario dell’Acquasanta collocato a Lecchiore e la Chiesa di Sant’Antonio presso Montà di Longhi. Chi lo desidera può spingersi fino alla Chiesa dei santi Cosma e Damiano, tornando a Piazza per contemplare l’Oratorio di San Carlo.
Ai piedi del Monte Faudo occupa una splendida posizione la quattrocentesca Cappella di Santa Brigida, intitolata alla protettrice dei valichi montani. Campestre e tardo medievale, mostra un semplice esterno in pietra grezza sposando i valori dell’essenzialità e della severità. L’abside presenta due monofore strombate e una lunga serie di arcatelle pensili ogivali, mentre all’interno vi è stato ritrovato alla fine del XX secolo un affresco raffigurante il Cristo Pantocratore con angeli. L’erezione della cappella fu voluta, secondo la leggenda, dalla popolazione locale per ringraziare la Santa di aver scacciato il demonio che provò a tentarla invano.