Arequipa (Perù): Plaza de Armas, la città e la sua regione
Arequipa, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Arequipa dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Immersa in una verdeggiante pianura delimitata dal deserto e dalle montagne, Arequipa è la seconda città più popolosa del Perù, dopo la capitale Lima, potendo contare su oltre 1.000.000 di abitanti.
Il centro cittadino, costruito sfruttando la candida pietra scavata dal Misti, uno dei tre vulcani che si ergono nelle vicinanze, è soprannominata La Ciudad Blanca, ovvero “La Città Bianca”, e rappresenta una destinazione turistica importante per l’omonima regione, contraddistinta dalla commistione di testimonianze precolombiane ed elementi coloniali. Essendo questa una delle aree metropolitane più ricche della nazione, Arequipa è una città curata, pulita e sicura, ideale per trascorrere qualche giorno ammirando i colori e respirando i sapori di questo “candido” angolo del Perù.
Le attività che la resero prosperosa, come l’agricoltura e la pastorizia, sono ancora fonti di ricchezza per la regione e per la città che, nel 1541, fu insignita del titolo di “Nobilissima, Lealissima e Fedele Città dell’Ascensione della Nostra Signora della Bella Valle di Arequipa” da parte del re di Spagna.
Attualmente Arequipa è una città splendida, nonché capitale intellettuale del Perù, tanto che nel 2000 l’UNESCO ha deciso di inserirla tra il Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Un portico a due piani corre lungo gli altri tre lati della piazza che, con le sue palme, i vecchi lampioni a gas e la fontana bianca nel centro del giardino all’inglese, rappresenta un luogo incantevole per passeggiare o riposarsi all’ombra su una panchina. Gli altri edifici che si affacciano sulla piazza sono tutti in massiccia pietra bianca e recano ingressi finemente scolpiti con evidenti influenze moresche che hanno visto scorrere più di 450 anni di storia.
Sparse per Arequipa si incontrano decine di residenze patrizie del XVIII secolo, per la maggior parte sopravvissute alle scosse sismiche che affliggono regolarmente la zona. Gli edifici coloniali ad un piano esibiscono grandi porte in legno intagliato e finestre in ferro battuto alla francese, mentre le stanze dagli alti soffitti si raccolgono intorno a spaziosi patii. Gli edifici più significativi di questa tipologia sono Casa Ricketts, realizzata nel 1738 come seminario e attualmente sede di una banca, Casa de la Moneda, che ha più di 200 anni ed è molto apprezzata anche dagli stessi cittadini, e Casa Moral, che prende il nome dall’antico albero di gelso nel patio e che oggi ospita una banca ed un piccolo museo. In Calle la Merced, invece, sorge il palazzo Goyeneche, che merita di essere visitato per i suoi grandi patii, le camere da letto, le porte e le finestre in tipico stile coloniale.
Nella zona meno antica della città è preferibile visitare la chiesa de La Compania, la cui complessa facciata è un tripudio di colonne, spirali, corone d’alloro, fiori, uccelli e foglie di vite, all’interno delle quali si intravedono le formule abbreviate della messa del Venerdì Santo, lo stemma della città, con al centro il vulcano Misti, e la data in cui l’ingente lavoro fu ultimato: 1698. Osservando con attenzione il tutto si noterà facilmente che la composizione, tipicamente europea, risente fortemente dell’influenza locale, incarnata soprattutto dagli angeli che presentano i tipici tratti somatici degli indios. Nella strada a fianco della chiesa si trova il chiostro, il cui rigido stile è spezzato da elaborate colonne che dimostrano il livello raggiunto dall’artigianato del legno nel XVII secolo. Non lontano si erge anche la Chiesa di San Francisco, principale centro delle celebrazioni dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre.
Un altro luogo sacro molto interessante è il Convento di Santa Catalina che, nel 1970, dopo 400 anni di isolamento, è stato definitivamente aperto al pubblico. Nel periodo di massimo splendore le celle erano in realtà più simili a delle lussuose alcove, con tappeti inglesi, tende di seta, lenzuola di cotone ricamate e gabinetti con arazzi alle pareti. Le stradine, i porticati e i giardini del convento portano ancora i nomi originari: Cordova, una strada di muri intonacati a calce colorati da una moltitudine di gerani; Zocodovar, la piazza al cui centro si trova una fontana di granito; e Sevilla, una strada delimitata da porticati e giardini. Nel convento, che un tempo poteva ospitare fino a 500 monache, vivono attualmente una cinquantina di converse.
Il centro cittadino, costruito sfruttando la candida pietra scavata dal Misti, uno dei tre vulcani che si ergono nelle vicinanze, è soprannominata La Ciudad Blanca, ovvero “La Città Bianca”, e rappresenta una destinazione turistica importante per l’omonima regione, contraddistinta dalla commistione di testimonianze precolombiane ed elementi coloniali. Essendo questa una delle aree metropolitane più ricche della nazione, Arequipa è una città curata, pulita e sicura, ideale per trascorrere qualche giorno ammirando i colori e respirando i sapori di questo “candido” angolo del Perù.
Storia
Ai tempi delle colonie Arequipa era il luogo dove le tradizioni europee furono inculcate con più forza, tanto che in breve tempo la maggior parte della popolazione divenne di origine spagnola, soppiantando quasi del tutto gli indigeni.Le attività che la resero prosperosa, come l’agricoltura e la pastorizia, sono ancora fonti di ricchezza per la regione e per la città che, nel 1541, fu insignita del titolo di “Nobilissima, Lealissima e Fedele Città dell’Ascensione della Nostra Signora della Bella Valle di Arequipa” da parte del re di Spagna.
Attualmente Arequipa è una città splendida, nonché capitale intellettuale del Perù, tanto che nel 2000 l’UNESCO ha deciso di inserirla tra il Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Cosa vedere a Arequipa
Il fulcro del centro è la Plaza de Armas, una delle più belle piazze del Perù, di cui un intero lato è occupato dall’enorme Cattedrale, delimitata da due campanili e ricostruita all’inizio dell’Ottocento dopo essere stata distrutta da un incendio e da un terremoto; nonostante le abbondanti e un po’ sinistre decorazioni esterne, l’interno della chiesa presenta una veste essenziale, eccezion fatta per lo sfarzoso candelabro d’argento.Un portico a due piani corre lungo gli altri tre lati della piazza che, con le sue palme, i vecchi lampioni a gas e la fontana bianca nel centro del giardino all’inglese, rappresenta un luogo incantevole per passeggiare o riposarsi all’ombra su una panchina. Gli altri edifici che si affacciano sulla piazza sono tutti in massiccia pietra bianca e recano ingressi finemente scolpiti con evidenti influenze moresche che hanno visto scorrere più di 450 anni di storia.
Sparse per Arequipa si incontrano decine di residenze patrizie del XVIII secolo, per la maggior parte sopravvissute alle scosse sismiche che affliggono regolarmente la zona. Gli edifici coloniali ad un piano esibiscono grandi porte in legno intagliato e finestre in ferro battuto alla francese, mentre le stanze dagli alti soffitti si raccolgono intorno a spaziosi patii. Gli edifici più significativi di questa tipologia sono Casa Ricketts, realizzata nel 1738 come seminario e attualmente sede di una banca, Casa de la Moneda, che ha più di 200 anni ed è molto apprezzata anche dagli stessi cittadini, e Casa Moral, che prende il nome dall’antico albero di gelso nel patio e che oggi ospita una banca ed un piccolo museo. In Calle la Merced, invece, sorge il palazzo Goyeneche, che merita di essere visitato per i suoi grandi patii, le camere da letto, le porte e le finestre in tipico stile coloniale.
Nella zona meno antica della città è preferibile visitare la chiesa de La Compania, la cui complessa facciata è un tripudio di colonne, spirali, corone d’alloro, fiori, uccelli e foglie di vite, all’interno delle quali si intravedono le formule abbreviate della messa del Venerdì Santo, lo stemma della città, con al centro il vulcano Misti, e la data in cui l’ingente lavoro fu ultimato: 1698. Osservando con attenzione il tutto si noterà facilmente che la composizione, tipicamente europea, risente fortemente dell’influenza locale, incarnata soprattutto dagli angeli che presentano i tipici tratti somatici degli indios. Nella strada a fianco della chiesa si trova il chiostro, il cui rigido stile è spezzato da elaborate colonne che dimostrano il livello raggiunto dall’artigianato del legno nel XVII secolo. Non lontano si erge anche la Chiesa di San Francisco, principale centro delle celebrazioni dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre.
Un altro luogo sacro molto interessante è il Convento di Santa Catalina che, nel 1970, dopo 400 anni di isolamento, è stato definitivamente aperto al pubblico. Nel periodo di massimo splendore le celle erano in realtà più simili a delle lussuose alcove, con tappeti inglesi, tende di seta, lenzuola di cotone ricamate e gabinetti con arazzi alle pareti. Le stradine, i porticati e i giardini del convento portano ancora i nomi originari: Cordova, una strada di muri intonacati a calce colorati da una moltitudine di gerani; Zocodovar, la piazza al cui centro si trova una fontana di granito; e Sevilla, una strada delimitata da porticati e giardini. Nel convento, che un tempo poteva ospitare fino a 500 monache, vivono attualmente una cinquantina di converse.