Calcata (Lazio): la storia e cosa vedere nella cittą vecchia e magica di hippy ed artisti
Calcata, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Calcata dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Fra i più bei contesti provinciali dell’hinterland di Viterbo, il peculiare borgo di Calcata zampilla di meraviglia nel cuore della Valle del Treja entro un Lazio traboccante di perle urbane non da poco. Il paese in questione, comunque, abbisogna di un sano discorso a parte poiché non è possibile assoggettarlo a nessun ambito troppo generale.
Piccolo e unico con i suoi 900 abitanti, Calcata proietta chiunque lo visiti in un mondo dove la storia ha fatto il suo corso bilanciando folclore, usi, costumi e un pizzico di quella magia di cui sembra fatto questo centro a poco più di 40 km dalla Capitale.
La sua collocazione su una rupe tufacea spesso soggetta a frane e crolli per via di frequenti terremoti ha per secoli condannato Calcata a un isolamento che ha indotto negli anni ’30 del Novecento la maggior parte dei residenti a “fuggire” 2 km più avanti per formare un paese più sicuro senza incorrere in cattive sorprese di natura geologica. A differenza dell’ascendente Calcata Nuova, il vecchio borgo subì un inevitabile declino accentuato dalla tendenza dei popolani locali a chiamarlo “il paese che muore”, appellativo condiviso con Civita di Bagnoregio. Diventato una sorta di borgo fantasma, Calcata andò incredibilmente incontro a una seconda vita, una letterale risurrezione resa possibile dall’avvento in loco di artisti, artigiani e intellettuali provenienti da tutto il mondo, attratti da quella minuscola località che attendeva solo di essere riqualificata e, soprattutto, ripopolata.
In un così maestoso e romantico paesaggio da cartolina è inscritto il fantastico Museo Opera Bosco, itinerario creato dagli artisti Anne Demijttenaere e Costantino Morosin sfruttando due ettari di vegetazione selvatica immergente quaranta opere dai diversi soggetti il cui messaggio punta alla tutela e valorizzazione del territorio, delle sue definizioni naturali, della sua bellezza. Il tutto è abbracciato dal vasto Parco suburbano della Valle del Treja, il cui Centro Visite si colloca in Piazza Vittorio Emanuele, punto di partenza con guide esperte.
Calcata, da quanto si è visto, non conosce e non conoscerà mai il termine “normalità”, molto più avvezzo invece al concetto di “straordinarietà”. Questo tratto non è sfuggito alla Settima Arte, sicché il paese venne considerato a ragione teatro ideale in cui ambientare parte di pellicole memorabili come “Amici miei” (Mario Monicelli, 1975) e “La mazzetta” (Sergio Corbucci, 1978).
Piccolo e unico con i suoi 900 abitanti, Calcata proietta chiunque lo visiti in un mondo dove la storia ha fatto il suo corso bilanciando folclore, usi, costumi e un pizzico di quella magia di cui sembra fatto questo centro a poco più di 40 km dalla Capitale.
Storia di Calcata
La località ha condiviso per secoli il destino dell’intera Tuscia Tiberina fin da un’antichità pregnante nel territorio e le cui tracce ancora oggi rimangono ben visibili, dalla Necropoli di Pizzo Piede ai menhir in prossimità del Monte Soratte, dai resti dell’insediamento indicato dalla torre mozza di Santa Maria al castello con la sua cinta muraria eretto dalla nobile famiglia degli Anguillara.La sua collocazione su una rupe tufacea spesso soggetta a frane e crolli per via di frequenti terremoti ha per secoli condannato Calcata a un isolamento che ha indotto negli anni ’30 del Novecento la maggior parte dei residenti a “fuggire” 2 km più avanti per formare un paese più sicuro senza incorrere in cattive sorprese di natura geologica. A differenza dell’ascendente Calcata Nuova, il vecchio borgo subì un inevitabile declino accentuato dalla tendenza dei popolani locali a chiamarlo “il paese che muore”, appellativo condiviso con Civita di Bagnoregio. Diventato una sorta di borgo fantasma, Calcata andò incredibilmente incontro a una seconda vita, una letterale risurrezione resa possibile dall’avvento in loco di artisti, artigiani e intellettuali provenienti da tutto il mondo, attratti da quella minuscola località che attendeva solo di essere riqualificata e, soprattutto, ripopolata.
Cosa vedere a Calcata
Così effettivamente avvenne negli anni ’60, ergo questa incantevole e “spettrale” realtà medievale seguitò a risollevarsi insieme al Castello degli Anguillara (avente oggi la fisionomia di un palazzo baronale dove da generazioni si susseguono i pranzi di nozze degli autoctoni uniti in matrimonio), alla torre ghibellina e alla Chiesa del Santissimo Nome di Gesù. Proprio perché ubicato su un’elevata rupe rocciosa, Calcata ha rappresentato e rappresenta tuttora uno dei più emblematici esempi nazionali di paese naturalmente fortificato, quindi in passato non necessitante di troppe difese militari. Ecco allora delinearsi la sua caratteristica morfologia urbana, un rustico costrutto in cui s’inseriscono case scavate nel tufo, viuzze strette di collegamento fra un’abitazione e l’altra, tetre ma bellissime cantine e grotte silenti riconcepite come botteghe artigiane molto particolari.In un così maestoso e romantico paesaggio da cartolina è inscritto il fantastico Museo Opera Bosco, itinerario creato dagli artisti Anne Demijttenaere e Costantino Morosin sfruttando due ettari di vegetazione selvatica immergente quaranta opere dai diversi soggetti il cui messaggio punta alla tutela e valorizzazione del territorio, delle sue definizioni naturali, della sua bellezza. Il tutto è abbracciato dal vasto Parco suburbano della Valle del Treja, il cui Centro Visite si colloca in Piazza Vittorio Emanuele, punto di partenza con guide esperte.
Le Cascate
Da segnalare sempre nella valle del Treja le Cascate di Monte Gelato che oltre al bel salto idraulico offrono le rovine di una villa romana e i ruderi di un antico mulino, ed anche la Cascata Cavaterra che si trova nei pressi del borgo di Nepi.Calcata Magica
Un’aura sottilmente mistica filtra fra le maglie delle credenze popolari che tracciano storie scolpendo le memorie di un passato velato di mistero, ricco di leggende come quella del prepuzio di Gesù che, dopo essere gelosamente conservato dalla Vergine Maria, si perse nei tempi per poi rispuntare in epoca medievale nelle mani di Carlo Magno che, si dice, lo ricevette da un angelo. Ebbene, la storia non finisce qui, infatti la reliquia venne nascosta a Roma ma sottratta da un lanzichenecco nel corso del famigerato Sacco e deposto segretamente in una grotta di Calcata, protetto in uno scrigno che nessuno riuscì mai ad aprire a eccezione di una giovinetta dall’animo puro.Calcata, da quanto si è visto, non conosce e non conoscerà mai il termine “normalità”, molto più avvezzo invece al concetto di “straordinarietà”. Questo tratto non è sfuggito alla Settima Arte, sicché il paese venne considerato a ragione teatro ideale in cui ambientare parte di pellicole memorabili come “Amici miei” (Mario Monicelli, 1975) e “La mazzetta” (Sergio Corbucci, 1978).