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Itinerario tra le ville della Riviera del Brenta visitabili

È come una strada. Solo che non è di polvere o d'asfalto, ma d’acqua. E, a ben pensarci, è logico che sia così. Perché la via che parte da Venezia, la città d’acqua per eccellenza, non può che essere liquida. Se non, forse, dipinta nella stessa materia di cui sono fatti i sogni.
Allora seguiamola questa fluida traccia gorgogliante, lasciamoci alle spalle le lusinghe di Rialto e puntiamo verso la terraferma, ripercorriamo quel sentiero che già vide gli amori di Casanova e i versi di Byron, scorse sbocciare gli affreschi di Tiepolo e le marmoree visioni di Palladio, incantò i re e udì il passo di Goethe e Goldoni. E che ancora oggi lascia senza parole chi decide di seguire la Riviera del Brenta per ammirarne le splendide ville.

Da queste parti, lo sappiamo bene, di gioielli in pietra ce ne sono legioni: e basta pensare alle ville del Palladio per averne un catalogo che lascia smarriti. Ma forse è proprio qui, seguendo i giochi d’acqua che ci regala il naviglio del Brenta, che si coglie al massimo la ricchezza e il fasto di un’epoca. Quando la Serenissima portava in giro per il mondo il Leone con il libro e la spada. E i suoi nobili si sfidavano a creare meraviglia. Vivendo come dentro una tela del Tintoretto.

La storia della Riviera del Brenta


Ma dove e perché nascono questi capolavori? Dispiace annoiare con la storia: ma un salto nel tempo occorre farlo. Per la precisione si deve andare al 1345 quando il governo di Venezia decise che per i suoi abitanti era possibile comprare terreni sulla terraferma, in quello che oggi chiamiamo Veneto.
Detto così pare cosa da nulla. Ma fu una rivoluzione.
Inobili si scatenarono per accaparrarsi terre e possedimenti. E quando infine si possiedono ettari di campagna occorre pensare ad una casa per controllare quello che accade intorno e dove – erano nobili, non scordiamolo – concedersi lunghi momenti di relax. Facendo pure sgolosare chi vive nei tenimenti vicini.

Nacquero allora ville sempre più sontuose pensate, appunto, per fungere da base per l’azienda agricola offrendo anche un comodo e sontuoso spazio per oziare ed invitare artisti e conoscenti. Ecco l’origine di quell’archetipo di villa veneta che per alcuni secoli, fino al crollo della Repubblica, si sviluppò senza fine. Ora ne restano molte meno ma si calcola che ne sorsero circa 2000. E lusso e sfarzo erano sfacciati.

Ora, abbiamo avuto le ville. Ma non bastava: occorreva raggiungerle. E Venezia è una città di canali. Quindi il modo più logico, veloce ed elegante, per andare a godersi quei paradisi in stucco e mattoni era l’acqua. Per la precisione il canale del Brenta. I veneziani salivano sulle loro barche, chiamate Burchielli, all’imbarcadero del loro palazzo di città. Poi, attraversavano la Laguna e arrivavano al punto dove sfocia il canale e da qui, tramite chiuse che ne regolava la navigazione e grazie a cavalli, che camminando sull’alzaia trainavano la barca, viaggiavano fino alle loro ville.
Era un viaggio lungo (si parla anche di otto-dieci ore) ma comodo. La fatica la facevano i servi mentre i signori mollemente stesi sui cuscini spettegolavano, bevevano vino di Madeira e amoreggiavano. Non è una illazione maliziosa: lo scrive proprio Casanova nelle sue memorie. Pare che fossero viaggi parecchio divertenti. Tanto che nessuno aveva fretta di arrivare.

L'itinerario tra le ville da visitare


Ancora oggi, non con barche a remi ovviamente, è possibile percorrere quel tragitto d’acqua sfruttando brevi crociere con battelli dai 50 ai 120 posti o seguire l’itinerario via terra in maniera autonoma.
Le ville si susseguono lungo le rive anche se purtroppo non molte però sono visitabili. Ma sono sempre scoperte entusiasmanti.

Villa Foscarini-Rossi


La prima villa che merita di essere visitata è Villa Foscarini-Rossi.
Fu voluta dalla nobile famiglia Foscarini, nel tardo XVI secolo, per dare lustro alla casata. All’epoca chi aveva un doge in casa non badava a spese. In questo caso l’incarico venne dato ad un architetto celebre, Scamozzi, ma la voce - forse fatta circolare ad arte per accrescere il prestigio - è che il disegno originario fosse di Palladio. Se sia vero non è dato sapere ma sicuramente nel corso del tempo ha subito diversi rimannegiamenti anche perché, come detto, in principio, questi edifici avevano anche una funzione pratica legata alla vita dell'azienda agricola circostante. E quindi si usavano anche per lavorare.
I nobili no, loro si godevano gli affreschi e le scene mitologiche con cui fu affrescata soprattutto la sala centrale che rieccheggia di atmosfere pompeiane e dove è facile, chiudendo gli occhi, immaginare vezzose in crinoline circondate dal cicaleccio di cicisbei. Il mondo è molto cambiato: quella sala, ora affiancata da due ali e un porticato, viene usata come foresteria e ospita eventi e concerti. Insomma, adesso oltre trecento persone siedono ancora per mangiare come allora. Manca però un doge a capo tavola.

Anche il parco, pure molto cambiato nei secoli, fa percepire la dolce vita di chi viveva in quegli spazi ma ora il verde conduce ad una ala dove si trova il Museo della calzatura Rossimoda (il che spiega l’attuale nome di villa Foscarini – Rossi) con pezzi firmati dagli stilisti della calzatura. Nel 1700 i mercanti veneziani conquistavano il mondo. Ora lo fanno gli artigiani del made in Italy. Un'altra parte della villa ospita anche una mostra di arte moderna del proprietario.
Maggiori informazioni per orari e visite sono disponibili sul sito ufficiale.

Villa Pisani


Proseguiamo il viaggio. Il tragitto non è lungo e quello che ci aspetta è un vero gioiello. A poca distanza, quasi equidistante da Padova e Venezia, si trova Villa Pisani, quella che viene chiamata la “regina delle ville”.

Il blasone non di discute anche perché nelle sue 144 stanze hanno dormito e brindato dogi e imperatori. E persino il parco si pavoneggia del premio come “più bel giardino d’Italia” ottenuto qualche anno fa. Ma non si può che pensare in grande quando si possiedono terre a perdita d’occhio, uno del casato fa l’ambasciatore da Re Sole e i doge nell'albero genalogico si contano a dozzine. Come le rose.
Per questo i Pisani decisero di far costuire questo edificio maestoso ed elegante che ebbe varie vite. Ad un certo punto, nel 1807, fu venduto a Napoleone Bonaparte e poco dopo divenne luogo di villeggiatura degli imperatori asburgici che, come prassi, ospitavano volentieri altre teste coronate. La riprova è che gli ospiti erano il re di Spagna, Carlo IV, o lo zar di Russia, Alessandro I. Quindi, nel 1884, un nuovo cambiamento che fece della villa un museo che tuttavia non perse la forza di calamita per celebrità d’ogni genere. Wagner l’amava, D’Annunzio ci ambientò interi capitoli di romanzi e persino Mussolini e Hitler passeggiarono per queste sale.
Le stesse che si visitano oggi per ammirare affreschi straordinari di Tiepolo ma anche opere meno celebri ma non meno interessanti. Almeno per capire come potesse essere la vita dei soliti noti ai tempi di Casanova. Ma non solo: qui si visitano anche le stanze di Napoleone – e la tavola è imbandita come se l’imperatore dovesse tornare per cena – e mobili e arredi sono pezzi unici. Questo è l’interno.

L’esterno, se si può, è ancora più ricco. Il parco infatti che occupa una grande zona sulla riva del Brenta, fu progettato prima della villa con al centro un labirinto a cui poi si aggiunsero viali e padiglioni, canali e torri, serre e gallerie. Inutile dire che il modello era Versailles anche se oggi appare come un mix di giardino italiano, inglese e francese.
Villa Pisani ospita anche grandi mostre d’arte e può essere visitata negli orari di apertura della villa. Per saperne di più visita il sito ufficiale.

Villa Widmann


Non siamo nobili, ma siamo curiosi. Quindi proseguiamo andando verso la prossima tappa che è Villa Widmann. Anzi, per la precisione si tratta di Villa Widmann Rezzonico Foscari Costanzo. E tanti nomi fanno capire quante famiglie abbiano abitato queste sale nel corso dei secoli.

L'edificio si trova a Mira, sulla solita riviera del Brenta, ed è un classico palazzo a pianta quadrata secondo lo stile tradizionale ma con evidenti influssi delle mode arrivate da Oltralpe. Nelle facciate troviamo i canonici timpani e le consuete sculture mentre all'interno si resta colpiti dal salone centrale che è un trionfo di stucchi e affreschi che conducono lo sguardo alla balconata dove, uso dell'epoca, stavano i musicisti che intrattenevano gli ospiti.
L'interno è arredato con mobili antichi e lampadari preziosi – ovviamente di Murano – e il percorso della visita passando da un piano all'altro porta a stanze a tema dove si celebrano le gondole e le altre tipologie di imbarcazioni in uso nella Serenissima. Non solo barche, ci sono intorno anche scorci che sembrano presi di peso e trasportati qui da Venezia.

Poi, come di consueto, si passa al parco che farà la gioia di chi ama i fiori così come il laghetto circondato da cipressi farà battere il cuore ai più romatici. Poco lontano c'è un gazebo in ferro battuto. Si dice che per secoli abbia ospitato incontri clandestini. Lo conferma nelle sue memorie anche Goldoni: e quindi vale la pena di credergli.

La villa può essere visitata dal martedì alla domenica (e i lunedì festivi) dalle 10 alle 13 e dalle 13.30 alle 16.30. Maggiori informazioni sul sito ufficiale.

Villa Foscari


Infine l'ultima tappa è in quella che forse è una delle ville venete più famose. E non solo tra quelle che si specchiano nella corrente del Brenta.
Stiamo parlando della Villa Foscari nota anche come la Malcontenta, la sola tra quelle della zona che porta la firma del primo archistar: Palladio. Fu costruita nel 1555 per volontà della famiglia Foscari. Inutile dirlo: anche tra di loro fare il Doge era la norma e il loro nome è celebre anche perchè apparteneva a loro anche un'altro palazzo a Venezia. Un dettaglio: adesso è la sede dell'Università. Questo spiega il nome ma resta il dubbio sul soprannome: Malcontenta. C'è chi dice che derivi dal fatto che il Brenta era solito esondare qui (perchè “la Brenta non era mai contenta”) ma c'è anche una spiegazione molto più romantica. Nella villa sarebbe stata rinchiusa una dama della famiglia un po' troppo esuberante e scalpitante in modo da tenerla sotto controllo. Ovviamente la fedifraga ne sarebbe stata “malcontenta”. Leggende? Certo, ma sono il bello di questi luoghi e di queste pietre che di storia ne hanno vista tanta. Tanto che l'Unesco l'ha inserita nei suoi Patrimoni.

Lo stile, come tutto quello che è uscito dalla matita di Palladio, sfiora la perfezione: ci sono le citazioni dello stile veneziano e i riferimenti alla classicità – ad una prima occhiata pare un tempio - le astuzie prospettiche e i colpi di genio come quello realizzato sulla facciata posteriore. Che assomiglia a un merletto traforato.
All'interno, nonostante i graffi del tempo dovuti soprattutto all'abbandono ottocentesco, gli affreschi coprono le pareti con i soliti soggetti mitologici: e gli dei dell'Olimpo nelle loro mille peripezie si sprecano. Ora la villa è una residenza privata che ospita i discendenti di chi la commissionò al Palladio e che l'hanno completamente restaurata.

Al di fuori degli orari di aperrtura delle visite, per il resto del tempo la si può vedere solo approfittando di un'imbarcazione sulla corrente della Riviera del Brenta. Se potete fatelo: scendete quella lenta corrente, scalate quelle torpide chiuse. Non avrete in testa un tricorno come Goldoni o non avrete mille spasimanti come Casanova. Ma per un momento, uno soltanto, vi sembrerà che il Leone di San Marco guardi proprio voi. E vi riverisca come un doge.
Ulteriori informazioni sul sito ufficiale.

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 Pubblicato da il 01/07/2020 - - ® Riproduzione vietata

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