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Flatiron Building, il grattacielo a forma di ferro da stiro a New York City

La strana architettura del Flatiron Building, il grattacielo di New York City a pochi passi dal Madison Square Park..

Quando fu completato, nel 1902, doveva sembrare un colosso: neppure i newyorkesi, oggi così abituati alla grandezza e alla modernità, avevano mai visto un capolavoro d’ingegneria simile, che superava in altezza tutti gli altri edifici della città. E pensare che il Flatiron Building -palazzo di Manhattan situato al n. 175 della Fifth Avenue, all’intersezione tra Broadway e la 23rd Street- è alto “appena” 95 metri ed è formato da 22 piani. Niente a confronto dei grattacieli più nuovi, che raggiungono altezze cinque volte superiori.

Se un tempo sembrava un razzo spaziale pronto al decollo, ormai il Flatiron è un piccolo gioiello architettonico: è quasi timido rispetto alla mole sfacciata dei suoi vicini, come un vecchio combattente che non ha più molto da insegnare. Ma il suo valore è tutt’altro che oscurato: non è un caso se questo edificio, dalla forma quanto mai singolare, continua ad apparire nei poster e nelle pellicole cinematografiche, e una visita a New York City non è completa senza una breve puntata nel quartiere. Quartiere che, ovviamente, si chiama proprio Flatiron District.

In origine si chiamava Fuller Building: la compagnia Fuller Construction l’aveva commissionato all’architetto D.H. Burnham per stabilirvi la sede newyorkese dell’azienda. Pare che si trattasse del primo grattacielo cittadino, ma sulla questione ci sono ancora pareri contrastanti; ad ogni modo, per quei tempi, si trattava di un’impresa stupefacente, che detenne il primato di grattacielo più alto al mondo fino al 1909, quando venne superato dal Metropolitan Life Tower.

A colpire i passanti, tuttavia, è l’aspetto generale del palazzo aldilà della sua mole: come suggerisce il nome attuale –Flatiron Building, ovvero “Palazzo Ferro da Stiro”- il grattacielo ha una particolarissima forma triangolare, determinata dalla sua posizione all’incrocio tra due strade. La trovata geniale di Burnham fu di adattare il suo progetto a quello spigolo, dando vita a una costruzione assottigliata ed elegante; inoltre l’architetto, già famoso per aver disegnato il Reliance Building di Chicago, scelse di arrotondarne gli angoli in modo che, da certe angolazioni, assomigliasse a una grande colonna nel cuore della città.

Il risultato è un mix signorile di elementi gotici e rinascimentali, tipico di un periodo in cui i personaggi facoltosi amavano ispirarsi al passato, per dare prova di grandezza e amore per l’arte. La funzionalità dell’edificio doveva andare di pari passo con la sua grazia, e nessun elemento architettonico veniva affidato al caso. Il Flatiron, negli intenti del suo creatore, doveva infatti assomigliare a una colonna dell’antica Grecia, il sostegno perfetto di un tempio ideale. Per questo, procedendo dal basso verso l’alto, suddivise la struttura in tre settori: la base, al livello stradale, è di pietra calcarea ed appare forte ed elegante allo stesso tempo, alleggerita da una serie di finestre; la parte centrale, che imita il corpo della colonna, comprende 14 piani ed è un gioco prezioso di pietra calcarea e inserti in terracotta; quindi la zona superiore, composta da due piani con aperture ad arco. Completa il tutto il cornicione finale, riccamente decorato, che potrebbe rappresentare un sontuoso capitello.

Dietro un aspetto così classico si nascondono alcune innovazioni interessanti, che all’epoca fecero ammirare il Flatiron ancor di più. La struttura interna in acciaio rese possibile la realizzazione di un edificio così alto, e la presenza di un sistema antincendio e di una centrale termica gli assicuravano una certa autonomia; la centrale termica, in particolare, serve alla produzione d’energia: il vapore residuo è utile per il riscaldamento degli interni e per l’alimentazione del meccanismo dell’ascensore.

Fu subito chiara l’importanza che il Flatiron Building avrebbe avuto per i suoi concittadini: non poteva essere un edificio come tanti altri, ma un simbolo destinato ad entrare nei loro cuori. Che lo si amasse o lo si guardasse con perplessità, il grande “ferro da stiro” aveva un fascino indiscutibile, e fece chiacchierare tutti i newyorkesi di inizio Novecento. Ad esempio si crearono situazioni buffe –o imbarazzanti, a seconda dei punti di vista- all’inizio degli anni Venti: la presenza di un palazzo così affusolato determinava il formarsi di correnti d’aria singolari al livello della strada, e non era raro che le gonne delle signorine a passeggio prendessero il volo in perfetto stile Marilyn Monroe. Ecco allora che le folle di uomini si accalcavano sulla 23rd Street non tanto per ammirarne le architetture, ma piuttosto per sbirciare le gambe nude delle malcapitate, e dovettero intervenire alcuni poliziotti a fermare quella bambinata. “23 Skidoo”, il grido della polizia per allontanare i guardoni, è entrato a far parte del linguaggio comune dei newyorkesi.

Dal punto di vista architettonico il Flatiron Building fu elogiato e criticato. Le critiche più aspre andavano a quella forma particolarissima e affusolata, che per Montgomery Schuyler (critico e giornalista, 1843-1914) risultava scomoda da arredare e da utilizzare: indubbiamente gli interni sarebbero stati luminosissimi, vista la grande quantità di finestre e la vicinanza di una parete all’altra, ma dove poteva essere posizionata, ad esempio, una libreria? Gli inquilini avrebbero avuto un’ottima postazione da cui guardare le processioni in strada, ma per questo avrebbero rinunciato a un ufficio?

Gli estimatori, tra cui il padre del genere letterario fantascientifico H.G. Wells, hanno paragonato il grattacielo alla prua di un transatlantico e vi hanno riconosciuto un dinamismo curioso, una tendenza quasi viva alla bellezza. Innumerevoli fotografi l’hanno immortalato, cogliendone luci sempre nuove, e anche i semplici turisti amano farsi ritrarre col “ferro da stiro” sullo sfondo.

Oggi il Flatiron Building è sede di varie società editoriali, e i proprietari degli uffici si dicono entusiasti di occupare un pezzo storico tanto importante, godendo di una vista unica sull’Empire State Building e lo skyline di Manhattan. Certo non mancano le stranezze legate alla forma del grattacielo: per raggiungere l’ultimo piano, il 21°, che venne aggiunto nel 1905, bisogna prendere un secondo ascensore al 20° piano; inoltre, arrivati in cima, ci si rende conto che qui la parte inferiore delle finestre è all’altezza del petto.

Chi non ha mai visitato New York City avrà ammirato o intravisto la sagoma del Flatiron in qualche pubblicità televisiva, documentario o scatto celebre. Il palazzo, ad esempio, compare nella sigla di apertura del famoso programma “The Late Show with David Letterman” e in varie inquadrature del telefilm “Friends”. Nel film “Godzilla” del 1998 viene addirittura distrutto dalle truppe statunitensi, nel tentativo di catturare l’animale, mentre nel film “Spiderman” è sede del giornale Daily Bugle, per cui Peter Parker lavora come fotografo freelance.
Vederlo dal vivo, ad ogni modo, è tutta un’altra cosa: meglio abbandonare il divano e passeggiare, almeno una volta nella vita, lungo la mitica Broadway a nord-ovest di Union Square, nel gradevole Flatiron District.

Da non perdere, esattamente davanti al grattacielo il bellissimo Madison Square Park, all'ora di pranzo luogo di relax per tutti i colletti bianchi che lavorano negli edifici prospicenti il parco, in particolare vi consigliamo un breve spuntino allo Shake Shack piccolo bar, vera istituzione di New York City.

 Pubblicato da il 29/03/2012 - 38.657 letture - ® Riproduzione vietata

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