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L'alta cucina molecolare di Ettore Bocchia a Villa Serbelloni sul Lago di Como a Bellagio

Metteteci un affaccio su uno dei laghi più incantevoli d’Italia, una terrazza panoramica che si protende sull’acqua regalando una vista che nelle giornate più terse, quando magari tira anche un po’ di vento, fa proprio cartolina e un ristorante dove il gambero di Sanremo, l’aragosta siciliana, il batti batti portoghese, lo scampo marchigiano o l’astice selvaggio che arriva dalla Francia, si possono assaggiare tutti e di altissimo livello. Metteteci questi ingredienti e una volta qui ci vorrete restare per sempre.

Le sponde sono quelle del lago di Como, il borgo quello di Bellagio, disteso proprio lì sul punto in cui il lago si divide nei due rami, su quella sponda – forse anche la più suggestiva – che si raggiunge correndo lenti a filo d’acqua, guardando sfrecciare al di là del finestrino piccoli anfratti di spiaggia e pigri paesini di lago. La terrazza panoramica è quella del Grand Hotel Villa Serbelloni, da annoverare tra le Ville più belle del Lago di Como, albergo extra lusso di proprietà di Gianfranco Bucher e tempio da quasi vent’anni del genio creativo di Ettore Bocchia, padre della cucina molecolare italiana. Ed è proprio lui, l’executive chef dei due ristoranti “Mistral” e “La Goletta”, stella Michelin nel 2004, a raccontarci il suo legame con questo borgo lariano e le sue suggestioni, perché il suo obiettivo è quello di distogliere anche solo per un minuto le persone da quello che stanno assaporando e far volgere lo sguardo al paesaggio che si vede a un palmo di naso. Basta uscire dall’albergo per una breve passeggiata per trovarsi in un soffio tra un saliscendi di stradine caratteristiche e pittoresche, non lontano dagli scenografici giardini di Villa Melzi d’Eril e dall’attracco del battello che porta dritti alla scoperta del lago e delle sue perle più belle come Villa Carlotta a Tremezzo o Villa Cipressi a Varenna.

Le atmosfere di Bellagio sono certamente tra le più incantevoli, ma una cena al Mistral resta a tutti gli effetti un’esperienza unica che può far sentire ognuno di noi, anche solo per una volta, affascinanti come i personaggi famosi che a volte capita di incontrare in terrazza, da Celentano a De Niro. I rumori del lago, le note di una melodia da piano che fa tanto atmosfera d’antan, tra arredi squisitamente raffinati e coccolati da Carlo Pierato, uno dei migliori maître d'Italia – premiato nel 2014 –, vi sentirete quasi storditi da tanta attenzione e cura del particolare.

Due menu, uno alla carta e il famoso menu degustazione di cucina molecolare per cui Ettore Bocchia è famoso; una folgorazione quella per la cucina molecolare nata nel lontano ‘89 e continuata grazie al sodalizio con Davide Cassi, professore di fisica all’Università di Parma e Vincenzo Brandolini, dell’Università di Ferrara. Leggendario il menu del 2002 con la pasta alla lecitina, dove l’emulsionante sostituisce le uova e la frittura fatta attraverso una miscela di zuccheri fusi.
Se una volta qui al Mistral vi aspettate però tanto di alambicchi e procedure alchemiche strane siete davvero sulla cattiva strada. Spesso fraintesa e mal compresa, la cucina molecolare di Ettore Bocchia porta sul piatto la memoria del gusto di una volta. Il protagonista è sempre lui il prodotto, la materia prima, che lo chef – anche se non ama definirsi tale – sceglie senza badare a spese con l’obiettivo di poter servire solo l’eccellenza perché Ettore è in primis un cacciatore di prodotti.

Una cura maniacale quella per le materie prime che ha ereditato dalla proprietà, da Gianfranco Bucherdiscendente di Franz Joseph Bucher, capostipite di una dinastia di albergatori di lusso – che vive ancora qui, e che, cresciuto negli hotel di lusso, ha l’abitudine al buon cibo. Un orientamento all’eccellenza possibile grazie a un badget illimitato e dettato dalla sana incapacità di accontentarsi e che porta lo chef a trattare con un macellaio veronese di 70 anni che opera a Johannesburg per avere proprio un determinato tipo di agnello.

Ma allora cos’è questa cucina molecolare? In cosa è così rivoluzionaria?

Ce lo spiega proprio lui che ha cambiato il linguaggio della cucina, primo in Italia e uno dei primi al mondo con Pierre Gagnaire; e lo fa nel modo più semplice e più chiaro partendo dalle origini, da quella bassa parmense dove è nato, terra punteggiata da ristoranti e trattorie, ma del resto l’Emilia all’epoca era la patria di ben 11 ristoranti stellati – tra questi l’Antica osteria del teatro a Piacenza e il Cantarelli di Samboseto – che dettavano la linea gastronomica italiana. Qui si usciva spesso a cena la sera, si andava per trattorie a gustare sapori che oggi non si ritrovano più. La cucina molecolare è nata per necessità, un po’ come tutte le grandi scoperte scientifiche che portano progresso a una cultura, è nata per garantire che il prodotto, anche in condizioni differenti, dia sempre lo stesso risultato; è nata per controllare la qualità del prodotto, valorizzarlo e ottenere sempre lo stesso risultato; è nata per ricreare sapori e gusti che sembravano persi.

Quello che assaggiamo nel menu degustazione ha infatti qualcosa di magico per le papille gustative e ci solletica la memoria – a volte ti fa persino commuovere com’è capitato a diversi clienti del ristorante, uno dei regali più belli per lo chef –; ogni singolo piatto è esaltazione della materia prima, armonia e piacevolezza al gusto e anche per gli occhi, anche se a Ettore Bocchia non interessa il mero esercizio di stile. Si va dai bocconcini di gamberi rossi siciliani con gelato al guacamole, crema di cocco e cialde al nero di seppia agli gnocchi di sedano rapa con caviale e crema di piselli; il rombo assoluto cotto nello zucchero con spuma di patate, verdure al vapore e vitello cotto a bassa temperatura con zabaione all’inulina patata fritta e cipollotti caramellati, la nuova meringa italiana alla menta con crema di limone fragole marinate e brodetto di frutto della passione e l’immancabile gelato preparato con l’azoto liquido.

Innamorato dell’organizzazione che caratterizza la cucina francese e della creatività di quella italiana – anche se andrebbe normata e ogni ricetta codificata – Ettore Bocchia non finisce di sorprenderci quando ci racconta di ciò che lo renderebbe felice tra una decina d’anni. Perché all’executive chef di uno dei ristoranti più glamour d’Italia brillano gli occhi quando ci spiega che ama formare i giovani perché nessun l’ha mai fatto con lui, perché ai giovani vuole insegnare il rispetto di ogni professionalità tra le mura della cucina, vuole trasferire le proprie competenze, insegnare a usare la tecnica per tirare fuori il meglio dal prodotto e allenare il palato. E poi ci sono loro, quelli che alla terra sono ritornati, i produttori “genuini” che tentano di ripristinare un buon rapporto con l’ambiente per coltivare prodotti di qualità autentici dove si sente la fatica e il sudore; prodotti anch’essi d’eccellenza che trovano posto nella cucina di Ettore Bocchia.

E allora presi da tanta passione, ci pare di sentirlo a ogni boccone “quel sole, quel grado zuccherino e quel retrogusto” che raccontano una storia…
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 Pubblicato da il 06/07/2017 - - ® Riproduzione vietata

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