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Circolo d'Oro, il percorso in Islanda e le sue attrazioni: Thingvellir, Gullfoss e Geysir

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È il capostipite. Quello che ha dato il nome. Incontrarlo, in qualche modo, è come trovarsi davanti il primo fiume al mondo o il primo monte. Già, ma questo è utopia.

Il primo geyser invece sì, quello è possibile conoscerlo: si chiama Geysir, porta bene i suoi ottomila anni e ha casa nel cuore fumante del Parco Nazionale di Þingvellir (Thingvellir), in Islanda. Ma soprattutto - cosa non da poco - tiene a battesimo l’intera categoria.

I geyser, tutti, si chiamano così in suo onore. Ci sarebbe da farsi travolgere dall’orgoglio ma il vecchio Geysir non è tipo da cedere alle lusinghe. Anzi.
È talmente schivo che da quando i turisti scemi lo hanno profanato con una pioggia sgarbata di sassi ha smesso di eruttare. O meglio: di farlo a piacere degli uomini. Così dei suoi clamorosi sbuffi di vapore alti anche 80 metri resta solo qualche svogliata traccia. E soltanto quando ne sente il desidero. Questa, per chi pensa di dominare i giganti che sfogano la rabbia della creazione del mondo è una sonora lezione da imparare.

Vi sembra una favola? Allora non conoscete l’Islanda. Qui tutto è intriso di favole e di miti. Ma anche di lava, vapore e sorrisi da elfi. Quindi fate come i bambini: mettete scarpe comode e spalancate gli occhi alla sorpresa. Poi iniziate a guardarvi intorno.

Per farlo, per cercare di afferrare lo spirito unico dell’isola, non c’è nulla di meglio che percorrere il Circolo d’Oro. Cosa c’entri il metallo giallo è difficile dirlo, ma in ogni caso è un percorso quasi tondo e gli spettacoli che regala valgono più di una pepita.

La partenza è, per forza, da Reykjavik, la capitale più a nord del mondo. Forse anche la più sorprendentemente timida e garbata.
Non aspettatevi monumenti o scorci da fasto imperiale. Piuttosto fate caso a strani tubi che fumano agli angoli delle strade: sono gli sfiatatoi degli onnipresenti geyser. Li troverete anche in Ingòlfstorg, una delle piazze principali, e persino al chiuso, nell’atrio del Perlan (www.perlan.is), un mega complesso che domina la città.

La prima volta che erutta sobbalzerete di terrore: dopo poco senza uno sbuffo di vapore bollente a pochi passi vi sentirete quasi smarriti.
Di Reykjavik abbiamo detto che è una capitale: meglio specificare che è ben diversa da quelle che avete visto prima. Ha appena centoventimila abitanti, non conosce il traffico e ha probabilmente il tasso di criminalità più basso al mondo. In compenso d’inverno non vede quasi la luce. Ma nel tepore dei suoi bar, perennemente connessi con il wifi, è piacevole farsi cullare.

Di sera poi si spalancano le porte dei pub e dei locali arredati di chiacchiere e musica basso-e-batteria.
Non si può certo parlare di movida, anche perché da queste parti si chiama “runtur”. Ma tirare tardi, soprattutto nel weekend, pare essere sport nazionale.
Concedetevi un paio di birre Viking dopo avere cenato al Sjavarkjallarinn (www.sjavargrillid.com): godetevi gli scampi e il merluzzo e – se non vi fa senso – un assaggio di balena. Dopo, anche la più che astrusa lingua locale vi apparirà un po’ meno scontrosa.

Siete pronti per partire? Nessun problema: cascate, ghiacciai e sbuffi bollenti vi aspettano.
Prima però buttate un occhio al piccolo Parlamento locale. Noi, abituati alla magniloquenza tronfia del barocco e delle sue boriose progenie, lo troveremo forse commovente per debolezza e modestia.

Ma qui, e solo qui, potrete vedere in un pomeriggio di sole pallido un gruppo di ragazzini seduti nell’erba del microscopico giardinetto alle spalle del palazzo della politica, aperto sempre e per tutti, chiacchierare, ridere e scolarsi una bionda. Vedendovi, compitamente, vi saluteranno. Anche la civiltà, in fondo, è fatta di piccole cose.

Quindi via, verso il Circolo d’Oro. La forza della natura ci aspetta.
Prima tappa al Parco Nazionale di Þingvellir. È patrimonio dell’UNESCO dal 2004, ma per gli islandesi è praticamente il simbolo di casa.
Qui, in anticipo sull’anno 1000 i vichinghi fondarono il primo parlamento al mondo. Peccato costruissero solo in legno e non è rimasto nulla tranne una roccia: si chiama Lögberg, la Roccia della Legge. Immaginate i vichinghi in piedi intorno a questo sasso intenti ad amministrare la giustizia a colpi di spada. Provare ad affrontarli richiedeva un certo coraggio, ma d’altra parte per resistere in questi luoghi occorrono - oggi come allora - spalle larghe.

La piana del parco si trova proprio in mezzo alle zolle tettoniche su cui si appoggiano America ed Europa. Ogni spallata tre le due è roba da far tremare il mondo. La prova viene aggirandosi tra le ciclopiche spaccature che segnano il terreno. Le zolle profonde si allontanano senza sosta da millenni e le rughe della crosta terreste si ispessiscono. Anche il nostro mondo, è evidente, invecchia.

La visita al parco potete farla come preferite: ci sono bus che partono dalla capitale (Reykjavik Escursions - www.re.is – partenza alle 9, ritorno alle 17 – prezzo indicativamente da 65 euro a persona) o potrete noleggiare un‘auto.
È la scelta migliore: il piacere di sedere da soli a guardare il fiume Öxara in una specie di canyon primordiale vale il viaggio. Poi, chi si sentisse animo da esploratore, potrà seguire alcuni sentieri per addentrarsi nella piana. Le cartine le troverete nell’ufficio al centro servizi del parco ma tenete conto che il fondo è fatto di lava e nulla qui è mai completamente piatto. Per percorrere pochi chilometri possono servire ore.

Bastano invece pochi minuti per farsi prendere dalla suggestione del Þingvallavatn: è il più grande lago islandese.
Le sue acque ricordano lo yin e lo yang, il contrasto perfetto; una parte viene dal ghiaccio sciolto dei vulcani, l’altra dalle sorgenti termali bollenti. Un cocktail di caldo e freddo che è la vera anima dell’Islanda.
Se poi camminare non vi basta potrete sempre scivolare. A non troppa distanza si trova la stazione sciistica di Hengill: il bianco della neve col nero della lava aggiunge un ulteriore fascino optical al fatto di scendere a serpentina vedendo all’orizzonte il blu del mare.

Vi sembra un’immagine troppo poetica? Nessun problema, torniamo coi piedi per terra. Anzi, sotto.
Poco lontano da qui sfiorerete la centrale di Nesjavellir, che pesca acqua calda chilometri sotto la superficie e praticamente a costo zero produce tutta l’energia necessaria alla capitale, che dista una ventina di km. Forse per questo le saghe locali attribuiscono a questi luoghi un potere divino.

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Il viaggio continua e cambiano gli elementi. Dopo la terra è la volta dell’acqua. La prossima tappa del nostro viaggio è infatti Gullfoss.

Per le guide è la cascata più ammirata del Paese e, in un Paese dove le cascate si trovano ogni pochi passi, è un record da non sottovalutare.
Il salto dell’acqua è in effetti imponente: almeno 32 metri in due balzi distinti. Intorno, a fare da corona un canyon di roccia basaltica e, soprattutto, una sfida tra arcobaleni.

Camminando sulle passerelle di legno che la circondano in alcuni momenti, quando il sole gioca con le gocce, sembra di essere in un caleidoscopio. Il frastuono dell’acqua è sconvolgente: se potete fermatevi su una roccia e restate a fissare la schiuma. Sentirsi piccoli di fronte alla natura in Islanda è semplice. Qui doveroso.

Poi la strada chiama, il circolo deve proseguire.
Da qui la scelta è obbligata: le strade asfaltate sono buone per tutte le auto. Quelle sterrate richiedono la grinta di un 4x4. Se potrete contare su una trazione integrale potrete puntare sul cratere di Kerið, a circa 15 km da Sellfoss sulla strada 35.
Le rocce che lo abbracciano, nate da qualche eruzione circa 6500 anni fa, sono un catalogo di tutte le sfumature possibili dal rosa al rosso e l’atmosfera ricorda le illustrazioni dell’Inferno. Per contrappasso la cantante Bjork ha fatto un concerto stando proprio in mezzo alle sue acque.

Terra, acqua: cosa manca? Il fuoco. E allora che fuoco sia. Ma ovviamente in stile locale. Quello che ci aspetta è fuoco liquido; ovvero vapore. Nella valle di Haukadalur, sempre seguendo l’itinerario del Circolo si arriva ai grandi geyser.

Anzi, per primo al cospetto di lui: Geysir. Il nome gli deriva da verbo della lingua locale che significa “eruttare”. E lui lo ha fatto per almeno 8000 anni, fino a quando la mano dell’uomo ha manomesso il suo perfetto meccanismo fatto di potenza primordiale.

Ma non vi demoralizzate: il suo vicino, più giovane di qualche centinaio di anni, invece non sbaglia un colpo. Ogni sei minuti Strokkur, il soffione giusto a fianco, spara la sua bordata di acqua vaporizzata.
La cosa più sconvolgente è attendere e notare la tensione che cresce e preme sotto terra: fino al liberatorio spruzzo alto decine di metri. Tutt’intorno poi una distesa di pozze e solfatare, bocche fumanti e ammassi di zolfo.

Quando il vento non spira, sulla gente che si aggira cauta, grava pesante una cappa che profuma di inferi. Ma siamo in Islanda, non nell’Ade. I più pigri devono solamente entrare nell’accogliente ristorante posto proprio di fronte ai geyser (www.geysircenter.is).

Anche sbocconcellando costolette di agnello si resta colpiti dagli schianti di vapore che esplodono appena oltre il vetro.
Ora, potrete decidere cosa fare. Una buona idea è imboccare una delle piccole strade che si perdono nella zona rurale circostante sfiorando il paese di Reykholt e le tante fattorie. Fate caso alle molte serre: qui si coltiva il cibo per l’isola. E guarda caso il calore arriva ancora una volta dal sottosuolo.

Siete stanchi di tanta natura estrema e bramate riposo? Poco distante c’è quello che fa per voi. Lasciandovi alle spalle cascate e faide tra faglie puntate verso sud-ovest, prima lungo la strada numero 1 e poi la 41.

Destinazione la penisola di Reykjanes, un dito di roccia bigia costellato qua e là da cittadine tranquille.
Guidando vi sembrerà che il maggior numero degli abitanti dell’isola sia formato dai graziosi cavalli islandesi. Non è una sensazione poi così sbagliata: gli equini sono ottantamila, un quarto degli umani. Ma la vostra meta ora non ha il manto sauro dei pony, bensì azzurro cobalto di una laguna.

È la Laguna Blu, nei pressi della cittadina di Grindavik.
Si tratta di una delle attrattive più visitate del paese: è un centro termale con acqua ricca di minerali che sgorga a 39 gradi. Anche nel cuore dell’inverno potrete godervi il calduccio stando immersi. Voi fate come tutti: gustate il contrasto tra la nerissima lava e l’acqua turchese e spalmatevi in faccia il fango biancastro di silice. Poi guardate la strana fauna che avrete intorno e di cui fate parte: forse i vichinghi apprezzerebbero un simile mascheramento. Se non sarete placati infilatevi anche nelle saune o concedetevi un massaggio. La vostra pelle alla fine non sarà stata mai così liscia.

Ma è tempo di rientrare. Reykjavik dista una cinquantina di chilometri e oltre alla vostra auto c’è anche un bus (www.bustravel.is).
Per la sera la vita della capitale aspetta. Per cena trattatevi bene e concedetevi il ristorante Kolabrautin (www.kolabrautin.is): la vista dalle vetrate è splendida e il menu fonde sapori locali con ricerca mediterranea. Poi, passeggiate qualche minuto sul lungomare fino alla statua Sòlfar, ovvero la nave del sole. È come un bastimento stilizzato pronto a salpare verso l’oceano; guardandolo ricordate i vichinghi e i loro mitici viaggi. Dopo tanto vapore e calore è bello pensare di farsi prendere dal vento e aprire le vele per andare lontano.

Consigli utili per il viaggio nel Circolo d'Oro


La domanda è ovvia: quando andare in Islanda?
La stagione estiva è sicuramente il momento migliore, e a queste latitudini significa da metà di maggio ad agosto.
Maggio e giugno garantiscono cieli azzurri, ma non dimenticate che qui la pioggia cade sempre e che il caldo del Mediterraneo è cosa rara.
Nei mesi più caldi la temperatura massima si aggira sui 15 gradi, mentre la notte scende parecchio. I nativi in questi periodi amano sfoggiare t-shirt e abiti leggeri. Voi non fatevi prendere la mano. Quindi una giacca antivento sempre a portata di mano.
Altra accortezza: scarpe robuste e che non si inzuppino d’acqua. La lava non è il fondo ideale per scarpe leggere e coi piedi bagnati si diventa irritabili. E in questo caso nemmeno i troll, che secondo le tradizioni abitano le colline, vi potrebbero dare una mano.

 Pubblicato da il 28/08/2020 - - ® Riproduzione vietata

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