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Viaggio Stampa a Pergine Valsugana e la Valle dei Mocheni (3 pagine)

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La miniera di Calcopirite nell'Alta Valle dei Mocheni, Perzenando e il Castello di Pergine

Intorno all’agriturismo non ci sono case, e per strada al mattino non passa nessuno: quando apriamo la finestra che dà sul prato, a pochi metri da noi, ci troviamo a spiare una famiglia di capre che fa colazione. La nostra, di colazione, si rivela irresistibile: il gestore simpatico ci fa trovare una versione dolce dell’ormai noto “cuccalar”, caldo di forno nei cestini di vimini, pronto a farsi spalmare di burro e marmellata, e dalle tazze sale il profumo avvolgente del caffelatte. Sul burro morbido prodotto dall’agriturismo, con quel sapore dolce di latte, cospargo un po’ di zucchero per rendere lo spuntino ancora più goloso… è quello che ci vuole per affrontare una bella camminata tra i boschi.

Infatti ci incamminiamo a piedi lungo un sentiero panoramico, che dai 1540 metri dello Scalzerhof ci condurrà a 1700 metri circa, per visitare un’antica miniera di calcopirite: nonostante il cielo limpido e il sole alto, luminosissimo a queste altitudini, fa davvero freddo e il mio naso diventa presto rosso e ghiacciato. Alla fine della camminata ci troviamo all’ingresso della miniera-museo, la Grua Va Hardombl, e la nostra accompagnatrice ci fa indossare un abbigliamento adeguato: indispensabile è il caschetto, per non battere la testa contro le rocce sporgenti, ma anche un grande impermeabile giallo per contrastare un po’ l’umidità. Così, impacciati e divertiti dalla nostra tenuta, ci inoltriamo in un cunicolo angusto e sbuchiamo all’interno della miniera. Il sito era in uso già nel Quattrocento, ma il secolo più fruttuoso fu il successivo, quando i minatori tedeschi detti “Bergknappen” arrivavano e scavavano numerose gallerie nel territorio, per l’estrazione di vari minerali e soprattutto del rame. Lo spettacolo che abbiamo di fronte è impressionante, ed è difficile descriverlo a chi non abbia mai visitato una miniera: cavità, gallerie e crateri si aprono sotto di noi in un labirinto di tunnel bui, rafforzati da travi di legno che oggi richiederebbero un’opera ingegneristica e invece, in quell’epoca, venivano posizionate magistralmente in base alla propria esperienza. Qua e là delle teche di vetro contengono frammenti di roccia e antichi attrezzi da lavoro, e il picchiettare continuo dell’acqua sulla roccia dà una sensazione un po’ sinistra, come fossimo nell’antro di un orco. In effetti le innumerevoli leggende sugli gnomi, ci spiega la guida, presero spunto dalle figure dei minatori: abituati sin da piccoli a lavorare al buio, erano individui fragili e di bassa statura, con caratteristici cappelli a punta che servivano a proteggere il capo dagli urti contro la roccia. Ecco svelato chi fossero i famosi sette nani.

Quando riemergiamo alla luce del giorno apprezziamo l’aria pura della montagna: dentro la miniera era molto umido, cadeva acqua dal soffitto ed era ancora più freddo. La carezza tiepida del sole, a confronto, è una coccola irresistibile. Un po’ emozionati per il mondo incantato che abbiamo scoperto sottoterra, ci lasciamo trasportare dal pulmino verso il pranzo, ma lungo la strada ci fermiamo nella bottega di un artigiano e artista del legno. Il profumo di corteccia e di resina si sente da lontano, e preannuncia le meraviglie che riempiono il laboratorio Barbel Art: in un ambiente ampio, affacciato direttamente sulle montagne e sulla vallata, ammiriamo sculture e mobili, utensili e capitelli votivi, ma soprattutto osserviamo con curiosità i numerosissimi piccoli gufi di legno che agghindano le pareti. Andrea Oberosler, il loro biondo creatore, ci spiega che sono la sua specialità: per vent’anni ha lavorato nelle miniere della zona, ma da un paio d’anni ha deciso di assecondare la sua più grande passione trasformando i tronchi e i rami degli alberi in vere e proprie sculture, cominciando da questi teneri gufi e arrivando ai pezzi d’arredo più complessi, davvero belli.

Dopo aver ricevuto in dono un piccolo gufo a testa, riconoscenti ci dirigiamo col pulmino verso la seconda tappa culinaria della giornata, che riserva alcune sorprese rispetto alle mangiate fatte finora: oggi pranzeremo in una delle fermate di Perzenando, un “trekking gastronomico” distribuito nelle varie frazioni del perginese, costituito da diverse postazioni culinarie in cui assaporare, col passare delle ore, leccornie dolci e salate, pasti caldi, freschi stuzzichini e merende tipiche della zona. Noi ci fermiamo a Ischia, in un piccolo chiosco attrezzato per l’aperitivo, ma per il pranzo dovremo spostarci a piedi verso il campo da calcio. Sulla strada, con il bosco da un lato e i prati dall’altro, assistiamo a un combattimento tra briganti: sono i figuranti della manifestazione, travestiti secondo il costume medievale, armati di bastoni e di funi. I “buoni” mettono in fuga i “cattivi”, e noi possiamo raggiungere il campo sportivo, trasformato per l’occasione in un grande stand in cui si servono gnocchi di patate, luganega e crauti.

A malincuore ci rendiamo conto che le scorpacciate in compagnia si sono concluse, e che la nostra gita volge al termine. Prima di salutarci, però, decidiamo di visitare insieme il Castello di Pergine, che nel tragitto in pulmino ha attirato la nostra attenzione da lontano, imponente e fiero sulla cima di una collina. Erika, la nostra accompagnatrice, ci spiega che si tratta di un maniero duecentesco, raro esempio di architettura medievale montana, ma che negli ultimi secoli ha ospitato diverse esposizioni, mostre, eventi, un bar e un prestigioso ristorante. Anche noi approfittiamo dello scenario fiabesco per sorseggiare l’ultimo caffè nelle sale della fortezza, ammirando i soffitti e le pareti massicce, le colonne eleganti e il mobilio raffinato, con la musica di un pianoforte in sottofondo… è lui, l’eterno entusiasta del gruppo, che non ha resistito al richiamo del vecchio strumento e ha deciso di salutarci con una musica allegra, per scacciare la malinconia.
Con un sorriso ci scambiamo strette di mano, pacche sulla spalla e qualche abbraccio, prima di separarci e tornare a casa, sparpagliandoci tra Milano, Verona, Venezia e la mia piccola Imola. Mentre le montagne diventano piccole alle nostre spalle, cedendo il passo alla più familiare Pianura Padana, io e il mio ragazzo progettiamo di tornare a Pergine in inverno, a scoprire i mercatini natalizi.

 Pubblicato da il 06/05/2010 - 13.236 letture - ® Riproduzione vietata

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