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Il Palacio Nacional da Pena, il castello di Sintra in Portogallo

Il Castello di Sintra si chiama Palacio Nacional da Pena e domina la cittą del portogallo. Si tratta di un edificio con architettura arabeggiante con splendido giardino e magnifico panorama.

Il Palacio Nacional da Pena (Palazzo della Piuma) è un eterogeneo complesso architettonico costruito a Sintra, la pittoresca città del Portogallo a circa 20 km dalla capitale Lisbona ma a una maggior altitudine, prediletta residenza estiva della famiglia reale e della nobiltà portoghese per via del suo clima fresco. Il palazzo è stato, per più di un secolo, una delle principali residenze del Casato di Braganza, fino alla fuga del 1910 in Brasile a seguito della Rivoluzione Repubblicana. Rappresenta una delle più alte espressioni del Romanticismo del XIX secolo del paese, motivo per il quale l'UNESCO l'ha inserito tra gli edifici considerati Patrimonio dell'Umanità fin dal 1995 e nel 2007 è stato votato una delle Sette Meraviglie del Portogallo.

Inizialmente in questo luogo sorgeva un monastero, fatto erigere nella seconda metà del XV secolo dal re Giovanni II e in seguito massicciamente modificato da re Manuele I che, in ossequio a un voto, ne aveva ordinato la ricostruzione in onore a Nostra Signora della Piuma, per poi farne dono ai frati dell'Ordine di San Girolamo. Nel 1755 Lisbona venne colpita da un disastroso terremoto con epicentro nel vicino Oceano Atlantico. La scossa, talmente catastrofica da mietere 10.000 vittime anche in Marocco, durò 6 minuti e generò un'onda di 15 metri che s'abbatté sulla capitale, completando l'opera di distruzione radendo al suolo metà delle abitazioni e causando decine di migliaia di vittime. Il sisma non risparmiò nemmeno Sintra e il suo monastero, gravemente danneggiato, venne del tutto abbandonato quando l'ordine religioso dei Girolamitani venne soppresso nel 1834.

Il principe consorte Ferdinando di Sassonia-Coburgo-Gotha (poi re Ferdinando II), cattolico di origine tedesca e sposo della regina Maria II del Portogallo, si innamorò di questo luogo durante un'escursione con la moglie durante la quale s'imbatté nelle rovine del monastero, all'interno delle quali era sopravissuta intatta solo la cappella ornata da una magnifica pala d'altare in marmo e alabastro, attribuita al valente scultore rinascimentale di origine francese Nicolas Chanterenne, con 15 nicchie in ognuna delle quali vi è una scena della vita di Cristo. La regina acquisì il luogo ove sorgevano le rovine e l'enorme proprietà montana che lo circondava, all'interno della quale si trovavano diverse ville e il cosiddetto Castello dei Mori, e fece costruire una residenza come regalo di nozze per il marito. I lavori cominciarono nel 1842, dopo che Ferdinando II, divenuto padre, potesse in base alle leggi portoghesi fregiarsi del titolo di re. Abile politico e amante dell'arte, diede incarico all'amico architetto tedesco Ludwig von Eschwege di erigere un castello che fosse come un'opera lirica e in grado di rivaleggiare per bellezza con il castello di Neuschwanstein in Baviera, ma sia lui che la regina non mancavano di suggerire modifiche e interventi, soprattutto nelle decorazioni.

La ricostruzione fu costosa e molta lenta al punto che Maria II, morta nel 1853 nel dare alla luce l'undicesimo figlio, non fece in tempo a vederlo del tutto completato, benché nel 1847 fosse quasi finito. Il lavori di costruzione finirono pochi anni dopo e Ferdinando II, ancora una figura di primo piano in quanto tutore per un paio d'anni per figlio Pietro V che si trovò sul trono ad appena 16 anni, continuò a viverci, dedicandosi da quel momento in poi solo alla decorazione degli interni. Ritiratosi a vita privata, sposò in seconde nozze la cantante d'opera Elisa Hensler, divenuta poi contessa d'Edla, e si dedicò sempre più alle proprie passioni artistiche, ricevendo a palazzo i maggiori artisti dell'epoca. Alla sua morte, nel 1885, la moglie vendette il palazzo a Luigi I, figlio di Maria II e Ferdinando II e andò a vivere nel delizioso chalet che prende il suo nome, costruito a poca distanza e ispirato a quelli alpini. Luigi I vi riportò la Famiglia Reale ma non fece più interventi anche perché i suoi interessi erano per l'oceanografia, lasciando il palazzo com'era, anche in ricordo dei genitori.

Il palazzo è una costruzione variegata ed esotica, brillante nei suoi colori che variano dal pastello ai toni accesi, pienamente romantica. Vi si mescolano tutti gli stili, dal gotico al moresco, dal mudéjar (lo stile di ispirazione islamica sviluppatasi dopo la Reconquista) al rinascimentale, dal barocco al manuelino (lo stile tardo-gotico portoghese molto ornato). Strutturalmente è diviso in quattro aree principali: le fondamenta e le pareti esterne con due porte, una delle quali provvista di ponte mobile; il convento, completamente restaurato, situato nel punto più alto della collina a circa 450 metri sul livello del mare, circondato da merli e dotato di una bella Torre dell'Orologio; il patio degli archi di fronte alla cappella, con le sue pareti di archi moreschi; la zona del palazzo propriamente detto, con il bastione cilindrico. Durante la costruzione, pur mantenendo la struttura di base, vennero apportate modifiche al progetto originario un po' dappertutto: la modifica più significativa è stata il diverso posizionamento della torre cilindrica secondaria, inizialmente prevista adiacente alla maggiore, ma poi realizzata nella parte posteriore dell'edificio.

Sopra l'arco d'ingresso al convento, alla base di una finestra, c'è una potente figura in rilievo che raffigura un essere mezzo pesce e mezzo uomo, seduto sopra una grande conchiglia e con la testa coperta da capelli che si trasformano in un tronco di vite, i cui rami sono trattenuti dallo strano personaggio che ne ricorda un altro presente nel coro del Convento di Cristo a Tomar, ora trasformato in un essere quasi demoniaco. Questo insieme è conosciuto come il portico di Tritone, disegnato dallo stesso Ferdinando II come "allegoria della creazione del mondo", come rivela la presenza dei Quattro Elementi. Per sottolineare ulteriormente il richiamo al Convento di Tomar, la finestra sul lato opposto di questo arco ne copia un famoso vano in stile manuelino, la cui paternità è attribuita a Diego de Arruda. L'insieme delle garitte, le terrazze su diversi livelli e i rivestimenti delle pareti con piastrelle ispanico-moresche sono altri importanti elementi decorativi.

Il piano dell'edificio è piuttosto irregolare, dovendosi conformare al terreno irregolare della roccia e all'esistenza di una costruzione precedente, la Cappella di Nostra Signora da Pena. Il risultato è un edificio quadrato con al suo interno un chiostro e un altro edificio affiancato. Le facciate sono regolarmente suddivise da torrioni e finestre, così come vani di forma quadrata, rettangolare e semicircolare. Le torri e i bastioni comunicano tra di loro grazie a dei passaggi, oltre a delle terrazze e dei belvedere, una volta usati per il servizio di ronda. Le torri quadrate hanno garitte semicircolari con cupole coniche. La facciata principale è rivestita con piastrelle policrome e ha un balcone al piano terzo piano. È interessante notare che ogni colonna degli archi del chiostro, da cui si accede alle stanze più interessanti, è scolpita in pietra e diversa dalle altre.

Tutte le torri, tranne quella l'orologio, sono sormontate da cupole. Le rose con croci inscritte mostrano la genealogia del principe che miticamente risale alla Confraternita dei Rosa Croce del XVII secolo, di cui era Grande Maestro e, più tardi ancora, l'Ordine di Cristo, erede dei Templari. La destinazione del palazzo a residenza estiva portò alla creazione di eccellenti decorazioni in stucco, pitture murali e svariati rivestimenti in piastrelle del XIX secolo, integrando le innumerevoli collezioni reali in ambienti in cui il gusto per il collezionismo, soprattutto di porcellane cinesi, è molto evidente. Gli interni, perfettamente conservati non sono meno variegati degli esterni: si passa dal salotto della Famiglia Reale in stile vittoriano alla Sala Araba con affreschi trompe-l'oeil dal pavimento al soffitto, dalla Sala Indiana ridondante di stucchi al soggiorno in papier maché. Non manca una sala da pranzo con volte costolonate e lo studio in cui il re dipingeva.

Tutto attorno al complesso vi è un magnifico parco all'inglese, cioè ugualmente artificiale ma dall'aspetto più selvaggio di quelli all'italiana dalle perfette simmetrie, di circa 200 ettari e costellato di passeggiate alberate, laghetti nascosti e punti che offrono vedute panoramiche sulla costa atlantica e la campagna portoghese, celebrato perfino dal musicista Richard Strauss e da Lord Byron. Il parco, ispirato ai giardini romantici della Germania, mescola specie botaniche esotiche e piante nordiche come sequoie e cipressi a singolari costruzioni come la Fonte dos Passarinhos in stile islamico e la casetta delle anatre ed è abbastanza impegnativo da visitare a causa dell'orografia del luogo piuttosto irregolare che costringe a continui saliscendi. Alla proclamazione della Repubblica, nel 1910, il palazzo e tutti gli arredi originali divennero di proprietà dello stato, venendo aperti al pubblico.

Accesso
Sintra può essere raggiunta comodamente da Lisbona, prendendo il treno alla stazione di Rossio che giunge a destinazione in circa 40 minuti. Una volta arrivati, c'è un bus navetta che porta al castello, ma gli allenati – o quelli che non sopportano gli autobus strapieni - possono percorrere la salita di 4,5 km (abbastanza ripida) con le proprie gambe.
Il Palacio Nacional da Pena è aperto dalle 10:00 alle 18:00 da novembre a marzo, durante l'estate e dalle 10:00 alle 19:00 da marzo a ottobre. Il palazzo è chiuso il lunedì. Il biglietto d'ingresso al Palazzo e al parco costa € 13.50 per un adulto o 11 € per un bambino. Il solo ingresso al parto e alle terrazze costa 10 € per un adulto e 8 € per un bambino. Il biglietto più completo, che che al Palacio da Pena e al suo parco aggiunge il Palacio de Queluz, costa 22 €. Disponibili audioguide a 3 €.

 Pubblicato da il 04/03/2016 - 25.813 letture - ® Riproduzione vietata

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