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Il monastero di Monte Popa a Tuang Kalat: il Monte Olimpo della Birmania

Taung Kalat, è una montagna particolare nei pressi di Mount Popa vicino a Bagan in Birmania. E' famosa per ospitare un monastero Buddista sulla sua cima.

Il Monte Popa è un vulcano estinto alto 1518 situato nella Birmania centrale, a circa 50 km a sud est di Bagan ed è visibile anche dal fiume Ayeyarwady (il nome birmano dell'Irrawaddy) in giornate limpide, nonostante i circa 40 km di distanza. Il vulcano ha al suo centro una grande caldera, larga più di un chilometro e mezzo e profonda quasi uno, ma il motivo al quale deve la sua popolarità non è legato alle sue passate attività eruttive.

La popolarità del luogo, più che al vulcano vero e proprio, è legata al monastero Buddhista, che sorge sulla vicina roccia detta Taung Kalat – spesso erroneamente chiamato Monte Popa - una colonna lavica solidificatasi e successivamente messa a nudo dall'erosione, lo stesso tipo di evento geologico che ha formato la Torre del Diavolo nel Wyoming (USA), famoso scenario del film Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Steven Spielberg. Qui di extraterrestri non ce ne sono ma, secondo le credenze locali, non mancano le presenze ultraterrene. Il santuario in cima alla Taung Kalat è infatti considerato il luogo d'elezione dei Nat, gli spiriti di origine hindu che venivano venerati in Birmania prima della diffusione del Buddhismo, al punto da essere definito il Monte Olimpo birmano.

I Nat sono suddivisi in 37 Grandi Nat più tutti i restanti quali gli spiriti degli alberi, dell'acqua, ecc. La maggior parte dei 37 Nat erano esseri umani morti in maniera violenta e che in seguito assursero ai Sei Paradisi. In maniera non dissimile da come accade per i Santi nella religione cristiana, ai Nat vengono assegnati i ruoli di protettori di svariate attività, così come ogni villaggio ha un suo Nat di riferimento, come fosse un patrono. C'è la corpulenta nat Shin Nemi, protettrice dei bambini, Shwe na Be che difende dai serpenti, c'è perfino Min Kyawzwa, amante dei combattimenti di galli e dell'alcool, in sella a un cavallo decorato con bottiglie di rum ewhisky. Anche per via del legame con gli eventi atmosferici, il culto dei Nat è più praticato nelle zone rurali, mentre in quelle cittadine, dove di norma prevale il Buddhismo senza contaminazioni, viene considerato alla stregua di superstizione.

Il culto dei Nat ha avuto un'esistenza travagliata. Non è noto quando sia iniziato, ma si sa che quando il Re Anawrahta, fondatore dell'Impero Pagan e considerato il padre della nazione birmana, divenne sovrano del paese nel 1044, era la religione più diffusa e in decisa espansione. Anawrahta, inizialmente seguace del Buddhismo Ari, venne convertito nel 1056 al Buddhismo Theravada da un monaco Mon, il popolo birmano che contribuì largamente alla diffusione di questa confessione in Indocina tra il X e il XVI secolo. Il Re vedeva nel cambiamento di credo anche il modo per destituire il clero dell'epoca, che considerava corrotto e troppo influente.

Inizialmente Anawrahta cercò di eliminare il culto dei Nat, facendo distruggere i luoghi di culto e tutte le statue. Ma la gente non smise di venerare i Nat e, in mancanza di statue, le sostituì con una noce di cocco, che da tipica offerta divenne il simbolo stesso della religione. Quando il monarca si rese conto che non poteva impedire al popolo di continuare ad adorare i Nat, scese a patti, accettando il culto degli stessi all'interno del Buddhismo Theravada, una mossa che gli permise di prevalere sul Buddhismo Ari. A chi gli chiese perché permettesse il culto dei Nat all'interno dei templi buddhisti, ripose: “La gente non verrà perché convinta dalla nuova fede. Lasciamoli venire per le loro vecchie divinità, col tempo diverranno buddhisti”. Individuò una lista dei 37 Nat ufficialmente riconosciuti e astutamente rinominò il primo della lista, Thagyamin, con un nome buddhista. Probabilmente, prima del sincretismo col Buddhismo che notoriamente prevede il rispetto anche della vita degli animali, in questo luogo sono stati compiuti centinaia di sacrifici animali.

Il monastero buddhista che sorge sul Taung Kalat, che si innalza spettacolarmente fino a 737 metri svettando sul paesaggio circostante, è il luogo più importante di tutta la Birmania per il culto dei Nat. Non è un caso che un sito del genere sia stato eletto, come spesso accade a luoghi di pari fascino e che sembrano essere stati creati da una mano superiore per distinguersi da tutto quanto li circonda, a luogo di culto. Dal monastero si gode una vista panoramica che permette di ammirare il Monte Popa vero e proprio ma anche, nei giorni con buona visibilità, l'antica città di Bagan. Il paesaggio circostante è piuttosto arido ma alle pendici del Monte Popa vi sono più di 200 sorgenti, che rendono la zona una specie di oasi della Birmania centrale caratterizzata da un clima secco. Non è un caso che quasi tutte le escursioni che conducono a questo luogo sacro facciano una sosta intermedia presso una piantagione di palme lungo la strada, dove ai turisti viene mostrato come si ricavano il toddy e il jaggery, rispettivamente vino e zucchero di palma.

La storia di un sito del genere non poteva non essere ricca di leggende. Secondo alcune credenze popolari, la roccia sarebbe sorta dopo un terremoto che aveva distrutto la roccia attorno ad essa, lasciandola isolata in mezzo alla pianura. In base ad altri racconti, i nat Mahagiri, fratello e sorella, si rifugiarono qui per sfuggire alla caccia che dava loro il Re Thinligyaung, e ora sono qui conservati. Un altro mito associato al Monte Popa è quello di Me Wunna, una orchessa che qui viveva e mangiava fiori, che s'innamorò di Byatta, addetto dal re Anawrahta a raccogliere fiori per la corte. Quando il re venne a sapere della storia d'amore, disse a Byatta di lasciare Me Wunna ma, poiché si rifiutò, lo fece giustiziare. We Munna morì di crepacuore e Byatta divenne un Nat. I loro figli servirono il re con onore ma poi vennero giustiziati pure loro e divennero Nat a loro volta. Un'altra credenza è quella che vuole che i militari che visitano il Monte Popa prima della battaglia, ne usciranno vincitori.

Molti pellegrini birmani visitano il monastero almeno una volta all'anno, specialmente in occasione dei festival della luna piena di Nayon (maggio/giuno) e di nadaw (novembre/dicembre). Un altro momento importante è il Thingyan, il nuovo anno birmano che si festeggia a metà aprile – il mese più caldo dell'anno –, quando folle di gente copre i 16 km da Kyaukpadaung fino al monastero sotto il getto di secchiate d'acqua ai passanti. In alcuni festival dei danzatori transessuali, ritenuti in grado di comunicare con gli spiriti, ballano fino ad andare in trance.

Per giungere in cima al monastero bisogna salire per 777 scalini – a volte piastrellati, altre volte ripidi gradini di metallo con utile corrimano - lungo un tipico passaggio coperto da tettoie, ovviamente senza scarpe, come da precetto buddhista. Secondo la superstizione, non bisogna indossare i colori rosso e nero, portare con sé della carne, specie se di maiale, non si deve bestemmiare o sparlare delle persone. Sono tutti comportamenti che potrebbero suscitare l'ira dei nat, piuttosto vendicativi. La grande roccia sulla quale è costruito il monastero è abitata da una numerosa colonia di macachi, che sono anche una delle attrattive turistiche. Le scimmie sono molto abituate ai turisti e sempre alla ricerca di cibo. Tutte le guide avvisano di stare attenti che potrebbero soffiarvelo di mano, ma non abbiamo visto nessuno salire le centinaia di scalini leccandosi un gelato: in realtà, il cibo per le scimmie viene offerto dai turisti che comprano da venditori locali dei coni di carta pieni di semi di girasole o sesamo da gettare ai piccoli primati. Anche il timore di pestare gli escrementi delle scimmie mentre si salgono i gradini da scalzi mi è parso poco realistico: le scale sono regolarmente pattugliate da personaggi, non monaci, che con scopa e straccio le tengono pulite, operazione in cambio della quale chiedono delle donazioni.

Il monastero, a nostro personale avviso, è meno grandioso di altri siti religiosi in Birmania ma è ugualmente molto interessante per la particolare commistione di sacro e profano, di immagini che sembrano mescolare la religione con la magia, dove alle statue dei Buddha in posa ieratica si affiancato le figure decisamente kitsch dei nat, spesso con banconote appoggiate sopra o un mozzicone di sigaretta posta tra le labbra da qualche fedele. Un sguardo sulla Birmania più tradizionale e rurale.

 Pubblicato da il 23/03/2016 - 8.815 letture - ® Riproduzione vietata

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