Tour tra i monasteri della Bucovina, Patrimonio UNESCO, nel nord-est della Romania
La Bucovina è una regione divisa tra Romania ed Ungheria. Nella parte meridionale, in territorio rumeno troviamo una serie di monasteri e chiese fortificate che sono stati inseriti tra i Patrimoni Unesco dell'umanità famosi per i loro dipinti ed affreschi.
Bucovina significa “il paese dei faggi”. La regione appartiene al Nord-est della Romania al confine con l’Ucraina. Una zona caratterizzata da colline coperte di boschi, pianure ed anche dalla presenza di chiese e monasteri fortificati, sorti fra il 1360 ed il 1600 e che dal 1530 in poi vennero impreziositi da affreschi esterni voluti dal principe Petru Rareş, dal metropolita Grigorie Roşca e di vari altri boiardi. L’originalità, la purezza del disegno, la precisione dei dettagli e la delicatezza cromatica li hanno eletti a patrimonio dell’umanità protetto dal logo Unesco.
Nella valle del fiume Humor, Alessandro il Buono fece costruire dopo il 1400 un edificio sacro le cui mura ancora oggi si possono intravedere accanto alla chiesa attuale, costruita nel 1530. Il monastero di Humor porta nella sue mura esterne la firma del mastro dipintore Toma, autore dei più antichi affreschi all’aperto della Bucovina, caratterizzati da colori caldi e tonalità rosse che spiccano. Ogni monastero è stato finemente decorato sia all’interno sia all’esterno in modo che neppure un centimetro della superficie fosse lasciato libero. Il tempo e le condizioni metererologiche hanno spento in alcuni casi questa magnificenza lasciando comunque invariato l’impatto che lascia stupiti dalla quantità di pitture in grado di raccontare gli episodi più cari alla tradizione religiosa.
Il monastero di Moldovita affonda le sue radici nel 1410 quando il principe Alessandro il Buono fece costruire una chiesa di pietra poi danneggiata da uno smottamento. Petru Rares, alla fine del XV secolo, la rimpiazzò con un monastero eretto in una posizione più sicura. Moldovita è il secondo, dopo quella di Humor ed anche l’ultimo monastero ad avere una architettura a loggiato aperto. La Crocifissione di Cristo, dipinta al suo interno, è ritenuta la realizzazione più importante su quel tema nell’ambito delle chiese della Bucovina. La pittura esterna realizzata nel 1537 accompagna chi la osserva attraverso il Giudizio Universale della veranda, l’assedio a Costantinopoli ed il rogo di Mosè della facciata sud dove è stato realizzato anche l’Albero di Iesei, fiancheggiato dai capi delle 12 stirpi di Israele.
E’ il blu il colore che domina le opere che ricoprono il monastero di Voronet. Una sfumatura particolare che viene definita “azzurro di Voronet” e che si affianca in pari dignità al “verde Veronese” e al “rosso Tiziano”. Voronet nasce come tributo destinato dal condottiero Stefano il Grande all’eremita Daniil di Putna come ringraziamento. L’intenzione di creare un luogo sacro di preghiera venne immediatamente raggiunto. Il monastero fu benedetto da monaci con elevata spiritualità e divenne una vera e propria culla della vita monastica rumena interrotta nel 1785 dopo l’annessione della Bucovina al regno degli Asburgo e ripristinata il 1° aprile 1991 con l’insediamento di una comunità monastica femminile guidata dalla Madre Superiora che si occupa della coltivazione del campo, dell’atelier di pittura e accompagna il pubblico nella visita al monastero. Una comunità autosufficiente che si prende cura del monastero arricchito recentemente dal nuovo parcheggio realizzato, come le strade che vi conducono, grazie ai contributi resi disponibili dalla Comunità Europea dopo l’ingresso al suo interno della Romania. Gli stanziamenti sono stati spalmati su tutti i monasteri per migliorarne l’accessibilità al turismo.
La pittura interna di Voronet mantiene l’iconografia dell’epoca di Stefano il Grande e Santo, con personaggi imponenti e composizioni sobrie nei gesti e nelle forme. La pittura esterna si deve a Grigorie Rosca, il teologo erudita che ha seguito personalmente la realizzazione dell’opera dei pittori, tutti monaci, rimasti anonimi. La facciata ovest è occupata interamente dalla scena che caratterizza il monastero, il Giudizio universale, un’immensa composizione su cinque registri, considerata per ampiezza,effetto decorativo e splendore della policromia superiore a tante altre opere di tematica simile. L’originalità è data anche dalla presenza nella scena di strumenti musicali popolari moldavi, introdotti dall’autore, come il bucium – strumento a fiato a forma di tubo conico molto lungo – e la cobza – una sorta di liuto, oltre ad altri elementi ricavati dal paesaggio locale e particolari della tradizione. Sulla parete a Sud è dipinto l’albero di Iesei ed il corteo dei filosofi antichi i cui ritratti sono ritenuti dei veri capolavori. Sull’ingresso ci sono i ritratti dei principali creatori della storia monastica. La parete settentrionale è stata in parte lavata dalla pioggia. Nella parte non danneggiata si possono ammirare ancora le scene di Adamo intento all’aratura e di Eva che torce la lana, tratte dalla Genesi, oltre ad altre che riproducono leggende folkloristiche come il Patto di Abraam e Le dogane dell’etere. Nel complesso sono ancora custodite le due campane regalate da Stefano in Grande e Santo le quali, se fatte suonare ad arte, evocano il nome del principe. Voronet è uno dei luoghi che più riescono ad esprimere la raffinatezza ed il gusto per il bello oltre all’invito al raccoglimento che unisce gli edifici religiosi rumeni.
Il monastero di Sucevita è ubicato nell’omonimo villaggio sulla valle del ruscello Sucevita e fu costruito alla fine del XVI secolo a spese del casato Movila che guidò la Moldavia fra il 1595 ed il 1606. Caratteristico del monastero è il dipinto della parete nord, “La scala San Giovanni Scararul” – la scala delle virtù – che rappresenta un capolavoro della pittura medievale rumena. L’opera raffigura la cura con la quale la fede e le azioni positive possono far elevare la spiritualità fino a permettere all’uomo di riconquistare il paradiso perduto: una lunga scala dove solo alcuni con l’aiuto degli angeli riescono a procedere salendo di piolo in piolo mentre altri cadono miseramente. Il museo del monastero custodisce una delle più preziose collezioni di arte medievale della Modalvia e le coperture tombali dei principi Ieremia e Simion Movila oltre ad una cassetto d’argento in cui è contenuta una ciocca dei capelli di donna Elisabetta, consorte di Ieremia Movila e l’epitaffio ricavato con l’utilizzo di 10.000 perline.
Il viaggio dei monasteri procede attraverso l’edificio di Arbore, fatto costruire da Luca Arbore, boiardo e alto dignitario di Stefano il Grande nel comune omonimo sulla valle del fiume Solca, il monastero di Dragomirna, vicino a Suceava, la più alta chiesa della Moldavia, 42 metri per 9,50 metri di altezza, dimensioni che donano una eleganza estrema al complesso, il monastero di Probota, primo monumento costruito dal principe Petru Rares, le cui facciate esterne sono state seriamente compromesse e per questo oggetto di una ristrutturazione patrocinata dall’Unesco, il monastero di Rasca, sede per un certo periodo di un carcere per i “monaci vagabondi e per i boiardi ribelli”, quello di Balinesti, adornato da sculture in stile flamboyant nel loggiato, quello di Bogdana, il monumento murario religioso più antico che si conserva in Bucovina, costruito attorno al 1360 al posto di un edificio in legno, il monastero di Volovat, considerato uno dei meno lesi dai restauri.
Poi, ancora, Siret, costruito in pietra senza pittura, decorate da tanti mattoni dentali messi in fila, nicchie nelle absidi, dischi a bottoni, ornamenti in ceramica verde fosco, Patrauti, l’unica delle chiese fatte costruire da Stefano il Grande destinate ad essere un monastero di monache, Parhauti, dall’aspetto fortilizio, con muri di grande spessore e finestre strette, Reuseni, in cui venne ucciso il padre di Stefano il Grande, Bogdan II, Stefanul Ioan che custodisce la bara di argento, oggetto unico di provenienza italiana del secolo XV, in cui riposa San Giovanni Novello, Solca, monastero di monaci del tutto privo di decorazioni. Fra loro emerge il monastero di Putna, completamente bianco all’esterno ed estremamente decorato all’interno, dove nella cripta si trova, sotto ad un baldacchino di marmo bianco, la tomba del principe Stefano il Grande e Santo.
Articolo di Monia Savioli
Nella valle del fiume Humor, Alessandro il Buono fece costruire dopo il 1400 un edificio sacro le cui mura ancora oggi si possono intravedere accanto alla chiesa attuale, costruita nel 1530. Il monastero di Humor porta nella sue mura esterne la firma del mastro dipintore Toma, autore dei più antichi affreschi all’aperto della Bucovina, caratterizzati da colori caldi e tonalità rosse che spiccano. Ogni monastero è stato finemente decorato sia all’interno sia all’esterno in modo che neppure un centimetro della superficie fosse lasciato libero. Il tempo e le condizioni metererologiche hanno spento in alcuni casi questa magnificenza lasciando comunque invariato l’impatto che lascia stupiti dalla quantità di pitture in grado di raccontare gli episodi più cari alla tradizione religiosa.
Il monastero di Moldovita affonda le sue radici nel 1410 quando il principe Alessandro il Buono fece costruire una chiesa di pietra poi danneggiata da uno smottamento. Petru Rares, alla fine del XV secolo, la rimpiazzò con un monastero eretto in una posizione più sicura. Moldovita è il secondo, dopo quella di Humor ed anche l’ultimo monastero ad avere una architettura a loggiato aperto. La Crocifissione di Cristo, dipinta al suo interno, è ritenuta la realizzazione più importante su quel tema nell’ambito delle chiese della Bucovina. La pittura esterna realizzata nel 1537 accompagna chi la osserva attraverso il Giudizio Universale della veranda, l’assedio a Costantinopoli ed il rogo di Mosè della facciata sud dove è stato realizzato anche l’Albero di Iesei, fiancheggiato dai capi delle 12 stirpi di Israele.
E’ il blu il colore che domina le opere che ricoprono il monastero di Voronet. Una sfumatura particolare che viene definita “azzurro di Voronet” e che si affianca in pari dignità al “verde Veronese” e al “rosso Tiziano”. Voronet nasce come tributo destinato dal condottiero Stefano il Grande all’eremita Daniil di Putna come ringraziamento. L’intenzione di creare un luogo sacro di preghiera venne immediatamente raggiunto. Il monastero fu benedetto da monaci con elevata spiritualità e divenne una vera e propria culla della vita monastica rumena interrotta nel 1785 dopo l’annessione della Bucovina al regno degli Asburgo e ripristinata il 1° aprile 1991 con l’insediamento di una comunità monastica femminile guidata dalla Madre Superiora che si occupa della coltivazione del campo, dell’atelier di pittura e accompagna il pubblico nella visita al monastero. Una comunità autosufficiente che si prende cura del monastero arricchito recentemente dal nuovo parcheggio realizzato, come le strade che vi conducono, grazie ai contributi resi disponibili dalla Comunità Europea dopo l’ingresso al suo interno della Romania. Gli stanziamenti sono stati spalmati su tutti i monasteri per migliorarne l’accessibilità al turismo.
La pittura interna di Voronet mantiene l’iconografia dell’epoca di Stefano il Grande e Santo, con personaggi imponenti e composizioni sobrie nei gesti e nelle forme. La pittura esterna si deve a Grigorie Rosca, il teologo erudita che ha seguito personalmente la realizzazione dell’opera dei pittori, tutti monaci, rimasti anonimi. La facciata ovest è occupata interamente dalla scena che caratterizza il monastero, il Giudizio universale, un’immensa composizione su cinque registri, considerata per ampiezza,effetto decorativo e splendore della policromia superiore a tante altre opere di tematica simile. L’originalità è data anche dalla presenza nella scena di strumenti musicali popolari moldavi, introdotti dall’autore, come il bucium – strumento a fiato a forma di tubo conico molto lungo – e la cobza – una sorta di liuto, oltre ad altri elementi ricavati dal paesaggio locale e particolari della tradizione. Sulla parete a Sud è dipinto l’albero di Iesei ed il corteo dei filosofi antichi i cui ritratti sono ritenuti dei veri capolavori. Sull’ingresso ci sono i ritratti dei principali creatori della storia monastica. La parete settentrionale è stata in parte lavata dalla pioggia. Nella parte non danneggiata si possono ammirare ancora le scene di Adamo intento all’aratura e di Eva che torce la lana, tratte dalla Genesi, oltre ad altre che riproducono leggende folkloristiche come il Patto di Abraam e Le dogane dell’etere. Nel complesso sono ancora custodite le due campane regalate da Stefano in Grande e Santo le quali, se fatte suonare ad arte, evocano il nome del principe. Voronet è uno dei luoghi che più riescono ad esprimere la raffinatezza ed il gusto per il bello oltre all’invito al raccoglimento che unisce gli edifici religiosi rumeni.
Il monastero di Sucevita è ubicato nell’omonimo villaggio sulla valle del ruscello Sucevita e fu costruito alla fine del XVI secolo a spese del casato Movila che guidò la Moldavia fra il 1595 ed il 1606. Caratteristico del monastero è il dipinto della parete nord, “La scala San Giovanni Scararul” – la scala delle virtù – che rappresenta un capolavoro della pittura medievale rumena. L’opera raffigura la cura con la quale la fede e le azioni positive possono far elevare la spiritualità fino a permettere all’uomo di riconquistare il paradiso perduto: una lunga scala dove solo alcuni con l’aiuto degli angeli riescono a procedere salendo di piolo in piolo mentre altri cadono miseramente. Il museo del monastero custodisce una delle più preziose collezioni di arte medievale della Modalvia e le coperture tombali dei principi Ieremia e Simion Movila oltre ad una cassetto d’argento in cui è contenuta una ciocca dei capelli di donna Elisabetta, consorte di Ieremia Movila e l’epitaffio ricavato con l’utilizzo di 10.000 perline.
Il viaggio dei monasteri procede attraverso l’edificio di Arbore, fatto costruire da Luca Arbore, boiardo e alto dignitario di Stefano il Grande nel comune omonimo sulla valle del fiume Solca, il monastero di Dragomirna, vicino a Suceava, la più alta chiesa della Moldavia, 42 metri per 9,50 metri di altezza, dimensioni che donano una eleganza estrema al complesso, il monastero di Probota, primo monumento costruito dal principe Petru Rares, le cui facciate esterne sono state seriamente compromesse e per questo oggetto di una ristrutturazione patrocinata dall’Unesco, il monastero di Rasca, sede per un certo periodo di un carcere per i “monaci vagabondi e per i boiardi ribelli”, quello di Balinesti, adornato da sculture in stile flamboyant nel loggiato, quello di Bogdana, il monumento murario religioso più antico che si conserva in Bucovina, costruito attorno al 1360 al posto di un edificio in legno, il monastero di Volovat, considerato uno dei meno lesi dai restauri.
Poi, ancora, Siret, costruito in pietra senza pittura, decorate da tanti mattoni dentali messi in fila, nicchie nelle absidi, dischi a bottoni, ornamenti in ceramica verde fosco, Patrauti, l’unica delle chiese fatte costruire da Stefano il Grande destinate ad essere un monastero di monache, Parhauti, dall’aspetto fortilizio, con muri di grande spessore e finestre strette, Reuseni, in cui venne ucciso il padre di Stefano il Grande, Bogdan II, Stefanul Ioan che custodisce la bara di argento, oggetto unico di provenienza italiana del secolo XV, in cui riposa San Giovanni Novello, Solca, monastero di monaci del tutto privo di decorazioni. Fra loro emerge il monastero di Putna, completamente bianco all’esterno ed estremamente decorato all’interno, dove nella cripta si trova, sotto ad un baldacchino di marmo bianco, la tomba del principe Stefano il Grande e Santo.
Articolo di Monia Savioli