Ara Pacis a Roma: l'Altare della pace, la sua storia e la visita al museo
Il museo dell'Ara Pacis accoglie al suo interno l'altare della Pace voluto da Ottaviano Augusto, uno dei munumenti pił belli di tutta Roma.
“Quando tornai a Roma dalla Gallia e dalla Spagna, sotto il consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, portate felicemente a termine le imprese in quelle province, il Senato decretò che si dovesse consacrare un’ara alla Pace augustea nel Campo Marzio e ordinò che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero ogni anno un sacrificio”.
Queste sono le parole con cui Ottaviano Augusto in persona, nelle sue Res Gestae, commenta la volontà di costruire e consacrare, il 9 Gennaio del 9 a.C., un altare in onore della Pace, uno dei monumenti più rappresentativi dell’antichità romana.
Nel limite settentrionale del Campo Marzio, il vasto e famoso terreno consacrato al dio Marte dove inizialmente si svolgevano le esercitazioni militari, si trovava infatti questo importante altare, noto ai più come Ara Pacis: la sua collocazione originaria era nei pressi del luogo dove oggi sorge la chiesa di San Lorenzo in Lucina e dove un tempo vi era anche la famosa meridiana augustea.
In epoca fascista, quando venne rinvenuto, fu spostato poco oltre, proprio di rimpetto al Tevere, a fianco del Mausoleo di Augusto. Oggi è protetto da una modernissima teca in vetro e travertino progettata dal noto architetto Richard Meier: un monumento nel monumento che ne permette non solo la fruizione, essendo stata concepita anche come un ampio spazio espositivo in costante dialogo con l’area urbana circostante ma soprattutto, grazie alla sua innovativa tecnologia, permette di filtrare luce, rumori e vibrazioni esterne, garantendone la massima conservazione.
L’altare si presenta dunque agli occhi del visitatore nel suo purissimo candore, dato dal marmo lunense con cui è realizzato, sebbene gran parte del monumento sia stato rifatto in stucco, essendosi conservati solo alcuni frammenti originali. La bianca luce soffusa proveniente dall’esterno e filtrata attraverso le vetrate temperate della moderna teca, permette di indirizzare lo sguardo sia sull’insieme della massa sia sulle singole figure in bassorilievo che si trovano scolpite sulle quattro pareti.
L’Ara Pacis è infatti composto da un recinto quadrangolare che circonda e racchiude come uno scrigno l’altare vero e proprio, costituito da un podio di quattro gradini sul quale poggia un basamento, che presenta altri quattro gradini sulla sola fronte. Sopra di essi si eleva la mensa, stretta tra due avancorpi laterali, sulla quale si offrivano sacrifici di animali e vino. I frammenti rinvenuti appartenenti all’altare vero e proprio si riferiscono, con molta probabilità, al solenne sacrificio che si svolgeva qui ogni anno alla presenza dei magistrati, dei sacerdoti e delle Vestali.
Il recinto esterno è decorato su tutti i lati sia nella parte interna, quella rivolta verso la mensa, sia in quella esterna. Nella parte interna, si trovano due registri sovrapposti suddivisi da un motivo a palmette, molto usato nelle decorazioni antiche: il registro superiore, più ricco, consta di una fila di festoni e bucrani (teschi di buoi, altro motivo ornamentale assai arcaico e frequente) intervallati da coppe o piatti rituali; mentre quello inferiore presenta un finto steccato ligneo, in ricordo degli antichi recinti che delimitavano le aree sacre.
La parte esterna, assai più complessa, presenta nuovamente una doppia ripartizione verticale: in basso vi è un ornamento di tipo vegetale che si ripete su tutti i lati ed è separato da quello soprastante figurato, tramite una striscia di svastiche, antico simbolo connesso alla sfera religiosa. Il registro superiore presenta invece diverse raffigurazioni sulle varie facce: nei lati lunghi Nord e Sud vi è riportata una lunga processione di dignitari ed alte cariche pubbliche e religiose oltre ai membri della famiglia imperiale.
Cosa rappresenti questa processione non è ancora del tutto chiaro: alcuni studiosi pensano infatti che possa essere la rappresentazione di quel famoso 9 Gennaio del 9 a.C. fatidica data in cui venne consacrato il monumento; altri invece sono più propensi per identificarla con il corteo che accolse il rientro di Ottaviano dalle campagne militari di Gallia e Spagna. Fatto è che restano comunque importanti sia per lo spaccato di vita pubblica che documentano, sia per gli attributi e le vesti che indossano le varie categorie qui rappresentate.
Nei lati corti invece sono riportate diverse scene tratte dalla sfera mitica e religiosa. Possiamo così ammirare sul lato Ovest, quello di ingresso, da una parte la leggenda di fondazione di Roma con Romolo e Remo allattati dalla Lupa sotto il fico ruminale, in presenza del pastore Faustolo e del dio Marte, loro padre naturale, in veste di guerriero; dall’altra parte invece vi è Enea che sacrifica ai Penati (spiriti protettori) o forse il secondo re di Roma, Numa Pompilio.
Nel lato Est infine sono presenti da un lato la raffigurazione della dea made Tellus e dell’altro la dea Roma. La prima è seduta sulle rocce, vestita di un leggero chitone e con il capo coperto da un velo, sorretto da una corona di fiori e di frutta. Ai suoi piedi si trovano un bue ed una pecora, simboli del mondo animale, mentre ai lati vi sono due putti, uno dei quali attira il suo sguardo porgendole un pomo. Nel suo grembo scorgiamo un grappolo d’uva e dei melograni simbolo della sua forza genitrice, grazie alla quale prospera il mondo intero. Due figure di fanciulle simboli dei venti di mare e di terra completano il quadro. Questa figura è stata anche interpretata come la dea Venere, cara allo stesso Augusto e come la dea Pace, a cui l’altare è dedicato. Sull’altro pannello invece vi è il rilievo della dea Roma, rappresentata come una amazzone, cioè una donna guerriera seduta su un trofeo di armi.
L’Ara Pacis è dunque, prima di tutto, un monumento celebrativo del nuovo potere che si era instaurato con l’avvento di Ottaviano, l’Augusto, il primo grande imperatore che porterà con sé prosperità e pace, riportando Roma indietro nel tempo, alla mitica età dell’oro!
L'Associazione Culturale L'Asino d'Oro organizza passeggiate guidate a Roma e attività per bambini per scoprire la Città Eterna.
Per prenotazioni e-mail: info@lasinodoro.it
Cellulare: 346 5920077 - Skype: L'Asino d'Oro
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Queste sono le parole con cui Ottaviano Augusto in persona, nelle sue Res Gestae, commenta la volontà di costruire e consacrare, il 9 Gennaio del 9 a.C., un altare in onore della Pace, uno dei monumenti più rappresentativi dell’antichità romana.
Nel limite settentrionale del Campo Marzio, il vasto e famoso terreno consacrato al dio Marte dove inizialmente si svolgevano le esercitazioni militari, si trovava infatti questo importante altare, noto ai più come Ara Pacis: la sua collocazione originaria era nei pressi del luogo dove oggi sorge la chiesa di San Lorenzo in Lucina e dove un tempo vi era anche la famosa meridiana augustea.
In epoca fascista, quando venne rinvenuto, fu spostato poco oltre, proprio di rimpetto al Tevere, a fianco del Mausoleo di Augusto. Oggi è protetto da una modernissima teca in vetro e travertino progettata dal noto architetto Richard Meier: un monumento nel monumento che ne permette non solo la fruizione, essendo stata concepita anche come un ampio spazio espositivo in costante dialogo con l’area urbana circostante ma soprattutto, grazie alla sua innovativa tecnologia, permette di filtrare luce, rumori e vibrazioni esterne, garantendone la massima conservazione.
L’altare si presenta dunque agli occhi del visitatore nel suo purissimo candore, dato dal marmo lunense con cui è realizzato, sebbene gran parte del monumento sia stato rifatto in stucco, essendosi conservati solo alcuni frammenti originali. La bianca luce soffusa proveniente dall’esterno e filtrata attraverso le vetrate temperate della moderna teca, permette di indirizzare lo sguardo sia sull’insieme della massa sia sulle singole figure in bassorilievo che si trovano scolpite sulle quattro pareti.
L’Ara Pacis è infatti composto da un recinto quadrangolare che circonda e racchiude come uno scrigno l’altare vero e proprio, costituito da un podio di quattro gradini sul quale poggia un basamento, che presenta altri quattro gradini sulla sola fronte. Sopra di essi si eleva la mensa, stretta tra due avancorpi laterali, sulla quale si offrivano sacrifici di animali e vino. I frammenti rinvenuti appartenenti all’altare vero e proprio si riferiscono, con molta probabilità, al solenne sacrificio che si svolgeva qui ogni anno alla presenza dei magistrati, dei sacerdoti e delle Vestali.
Il recinto esterno è decorato su tutti i lati sia nella parte interna, quella rivolta verso la mensa, sia in quella esterna. Nella parte interna, si trovano due registri sovrapposti suddivisi da un motivo a palmette, molto usato nelle decorazioni antiche: il registro superiore, più ricco, consta di una fila di festoni e bucrani (teschi di buoi, altro motivo ornamentale assai arcaico e frequente) intervallati da coppe o piatti rituali; mentre quello inferiore presenta un finto steccato ligneo, in ricordo degli antichi recinti che delimitavano le aree sacre.
La parte esterna, assai più complessa, presenta nuovamente una doppia ripartizione verticale: in basso vi è un ornamento di tipo vegetale che si ripete su tutti i lati ed è separato da quello soprastante figurato, tramite una striscia di svastiche, antico simbolo connesso alla sfera religiosa. Il registro superiore presenta invece diverse raffigurazioni sulle varie facce: nei lati lunghi Nord e Sud vi è riportata una lunga processione di dignitari ed alte cariche pubbliche e religiose oltre ai membri della famiglia imperiale.
Cosa rappresenti questa processione non è ancora del tutto chiaro: alcuni studiosi pensano infatti che possa essere la rappresentazione di quel famoso 9 Gennaio del 9 a.C. fatidica data in cui venne consacrato il monumento; altri invece sono più propensi per identificarla con il corteo che accolse il rientro di Ottaviano dalle campagne militari di Gallia e Spagna. Fatto è che restano comunque importanti sia per lo spaccato di vita pubblica che documentano, sia per gli attributi e le vesti che indossano le varie categorie qui rappresentate.
Nei lati corti invece sono riportate diverse scene tratte dalla sfera mitica e religiosa. Possiamo così ammirare sul lato Ovest, quello di ingresso, da una parte la leggenda di fondazione di Roma con Romolo e Remo allattati dalla Lupa sotto il fico ruminale, in presenza del pastore Faustolo e del dio Marte, loro padre naturale, in veste di guerriero; dall’altra parte invece vi è Enea che sacrifica ai Penati (spiriti protettori) o forse il secondo re di Roma, Numa Pompilio.
Nel lato Est infine sono presenti da un lato la raffigurazione della dea made Tellus e dell’altro la dea Roma. La prima è seduta sulle rocce, vestita di un leggero chitone e con il capo coperto da un velo, sorretto da una corona di fiori e di frutta. Ai suoi piedi si trovano un bue ed una pecora, simboli del mondo animale, mentre ai lati vi sono due putti, uno dei quali attira il suo sguardo porgendole un pomo. Nel suo grembo scorgiamo un grappolo d’uva e dei melograni simbolo della sua forza genitrice, grazie alla quale prospera il mondo intero. Due figure di fanciulle simboli dei venti di mare e di terra completano il quadro. Questa figura è stata anche interpretata come la dea Venere, cara allo stesso Augusto e come la dea Pace, a cui l’altare è dedicato. Sull’altro pannello invece vi è il rilievo della dea Roma, rappresentata come una amazzone, cioè una donna guerriera seduta su un trofeo di armi.
L’Ara Pacis è dunque, prima di tutto, un monumento celebrativo del nuovo potere che si era instaurato con l’avvento di Ottaviano, l’Augusto, il primo grande imperatore che porterà con sé prosperità e pace, riportando Roma indietro nel tempo, alla mitica età dell’oro!
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