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The Ark: l'arca di Noè che può salvarci dagli tsunami

C’è chi attende il 2012 con un filo di preoccupazione, viste le ipotesi sulla fine del mondo, e chi è pronto a giurare che alla Terra spetti ancora una vita lunga e florida. Non avendo a disposizione una palla di cristallo, l’architetto russo Alexnder Remizov ha pensato di equipaggiare il mondo contro ogni eventuale catastrofe, progettando una gigantesca arca galleggiante in grado di ospitare 10 mila persone. Un contenitore della salvezza che, in caso di calamità naturale, potrebbe offrire riparo ai superstiti: ad ispirare l’immaginazione di Remizov sono stati i disastri che ultimamente hanno colpito il pianeta – primo fra tutti lo tsunami che ha sconvolto la popolazione indonesiana – e ad affiancarlo nel progetto ci ha pensato una ditta tedesca di design.

Il risultato è “the Ark”, una struttura a cupola che dall’esterno assomiglia a un’enorme chiocciola futuribile, capace di generare turbolenze d’aria che danno propulsione ai generatori eolici. Un marchingegno, dunque, totalmente ecosostenibile, con dimensioni a dir poco colossali: nonostante i suoi 14 mila metri quadri di superficie, l’arca può essere assemblata in tempi brevissimi, per fronteggiare qualsiasi catastrofe improvvisa. Progettata per essere ancorata al terreno, la chiocciola gigante se la cava benissimo anche in acqua, tra le insidie del mare aperto. Il costruttore assicura che 3 o 4 mesi siano sufficienti alla sua installazione, e che la struttura possa essere posizionata in ogni parte del mondo, anche direttamente sull’acqua grazie a un’apposita carena a nido d’ape.

Idea certamente originale, ma non priva di precedenti. Già alla fine del secolo scorso, tra il 1987 e il 1991, in Arizona (USA) era stata costruita “Biosphere”, una grande serra che doveva contenere un ecosistema completo e autosufficiente, in vista di possibili colonizzazioni di altri pianeti ma anche di cataclismi e disastri sulla Terra. Con 12 mila metri quadri di estensione, la struttura conteneva una foresta di mangrovie, una savana, un deserto, coltivazioni di vario genere, una barriera corallina e un’area per le abitazioni delle persone. Pareva non mancare nulla, ma qualcosa non funzionò: benché l’idea fosse fantastica, come sottolinea lo stesso Remizov, non fu vincente a causa dei batteri che vi si svilupparono, producendo una quantità eccessiva di anidride carbonica che uccise gran parte delle piante al suo interno. Per quanto riguarda “the Ark”, la speranza è che sia immune da simili complicazioni… ma soprattutto, aldilà della sua genialità, che la si debba utilizzare il più tardi possibile.

Fonte: Yahoo Viaggi
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