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Algeri 'la blanche', viaggio nella Capitale dell'Algeria

Algeri, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Algeri dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.

I francesi la chiamavano “la blanche”, la bianca, ed è proprio così che appare allo sguardo Algeri, la capitale dell’Algeria, una grande città di case imbiancate a calce, affacciata sul Mediterraneo e circondata da colline e fertili terre coltivate. L’animazione delle vie e dei vicoli rendono Algeri, in arabo El-Djazair, una meta a dir poco entusiasmante. Martoriata dalla violenza che ha sconvolto l’intero paese negli anni ’90, Algeri vive oggi una fase più tranquilla, tuttavia, benché il paese abbia appena saldato il suo debito estero, cresce il numero di disoccupati e senza tetto. Fortunatamente, nonostante la sfrenata corsa alla modernizzazione, Algeri mantiene buona parte del suo fascino e del suo mistero, così come il suo forte senso d’identità ed il suo volto bianco abbagliante.

Stando ad una leggenda piuttosto romantica, Algeri fu fondata da Ercole e da 20 suoi compagni di viaggio, che avrebbero deciso di stabilirsi lungo le rive della baia in cui erano approdati. In realtà le antiche origini della città giacciono ancora sepolte sotto i suoi edifici moderni, se non sono andate perse nella sabbia, anche se sono molte le zone nelle quali trapelano tracce evidenti della presenza di antichi colonizzatori. Fenici, Vandali, bizantini, arabi, spagnoli, Merenidi sono solo alcuni dei popoli che, nel corso degli ultimi 3.000 anni, si sono stabilizzati per qualche tempo nell’area dell’odierna capitale algerina, che ottenne la propria indipendenza dall’Impero Ottomano nel XVII secolo. Nel 1830 iniziarono invece i 132 anni di dominazione coloniale francese, un periodo ancora chiaramente leggibile nelle architetture della città, ma anche nei tratti più significativi della mentalità della gente del luogo. Dal 1962 Algeri è la capitale dello stato indipendente dell’Algeria.

Algeri sorge intorno ad una grande baia a forma di mezzaluna, affacciata verso nord sul Mediterraneo ed incorniciata da colline che scendono piuttosto ripide verso il mare. Il profilo urbano è dominato da due grandi edifici: la sagoma alta 92 metri del Makam Eshahid, il “Monumento dei Martiri”, che si innalza a sud del centro; ed il parallelepipedo in cemento sede dell’Hotel Aurassi, l’albergo a cinque stelle più noto della città. La Casbah, cuore del centro storico o città alta, occupa il fianco della collina che sovrasta la parte settentrionale del porto, chiusa in cima alla cittadella. A sud della Casbah si estende la Ville Nouvelle o città bassa, il centro economico, commerciale e finanziario costruito dai francesi. In linea generale, Algeri è una città in cui ci si può muovere tranquillamente a piedi, specialmente nella città bassa, mentre può rivelarsi imprudente avventurarsi a caso nella Casbah senza prima documentarsi su di essa.

Come molte altre destinazioni del paese, Algeri sta appena iniziando a scoprire il suo potenziale turistico. La zona di maggior interesse è senza dubbio la Casbah, una realtà urbana assolutamente unica, come ha riconosciuto l’UNESCO inserendola nella lista del Patrimonio dell’Umanità. Costruita sul fianco della collina che digrada dalla cittadella al lungomare, la Casbah risale in gran parte al periodo compreso tra il XVI ed il XVIII secolo e si presenta come un dedalo di vicoli che serpeggiano in una fitta trama di case imbiancate a calce, dove il sole stenta a penetrare per buona parte della giornata. Parzialmente superati i problemi legati all’igiene ed alla criminalità, la Casbah ha però dovuto fare i conti con un progressivo spopolamento, che ha a sua volta comportato la rovina di almeno un migliaio di abitazioni. Attualmente è in corso un’ampia opera di restauro e diverse case di pregio sono già state riportate all’antico splendore.

Nei dintorni della Casbah si trova la maggior parte degli edifici di pregio architettonico della città. Su tutti la Dejemaa el-Djedid, chiamata anche Mosquèe de la Pecherie, costruita nel 1660 sul sito di una precedente scuola coranica e finanziata tramite una sottoscrizione pubblica. A differenza delle altre moschee di Algeri, questa presenta uno stile tipicamente turco, con una serie di cupole e volte, anche se il minareto ricalca il modello andaluso. Insolita anche la pianta a croce che sarebbe opera di un architetto cristiano poi giustiziato per l’affronto. L’edifico ha due ingressi, uno che da sulla piazza ed uno sui gradini dei bastioni che scendono giù al porto. A pochi metri di distanza, si staglia nel cielo la sagoma della Djemaa el –Kebir, la “Grande Moschea”, il luogo di culto storico di Algeri. Circondata dalle cinque porte, la sala di preghiera è sostenuta da file di colonne, 72 in tutto, e conserva un minibar in legno di cedro che reca un’iscrizione secondo la quale il mihrab, ovvero la nicchia che indica la direzione della Mecca, fu costruito nell’anno 490 dell’egira (1097 d.C.). Tale data avvalora la tesi di chi afferma che ad erigere la moschea fu Youssef ben Tachfine, il sovrano almoravide di Tlemcen, in un’epoca in cui il Mediterraneo era teatro della prima crociata.

All’epoca in cui Algeri era diventata un covo di pirati, quando un uomo rischiava di essere rapito, portato in mare aperto su una nave e qui invitato a scegliere se diventare schiavo o convertirsi, il Mediterraneo brulicava di cosiddetti rinnegati, persone che per un motivo o per un altro avevano cambiato religione. Ali Bitchin era uno di questi. Marinaio di origini veneziane, giunse ad Algeri dove fece carriera nella marina fino a diventare grande ammiraglio della flotta locale. Nel 1622 fece costruire la Djemma Ali Bitchin, moschea dalla pianta insolita e sormontata da una cupola, dove si nota in modo evidente l’influenza delle chiese italiane o bizantine. Durante l’occupazione francese, come altre moschee, anche questa fu utilizzata come chiesa, con il nome di Notre-Dame des Victories. Il minareto venne distrutto verso la fine dell’Ottocento, mentre nel 1962 l’edificio fu re inaugurato come moschea.

La moschea con la storia più travagliata è però la Djemma Ketchaou, che risale all’inizio del XVII secolo. Nel 1794 la moschea fu rifatta da Hassan Pacha, allorché vi fece costruire accanto il suo palazzo, il Dar Hassan Pacha, un edificio che ebbe l’onore di ospitare tra gli altri l’imperatore Napoleone e l’imperatrice Eugenia. Una targa affissa a sinistra delle grandi porte ricorda la posa di una croce in cima alla moschea il 5 luglio 1830, a segnalare l’inizio dell’occupazione francese durata oltre 130 anni. Durante il periodo coloniale la moschea diventò la cattedrale della città, ed uno dei punti di riferimento della parte francese: venne abbellita da pittori e scultori francesi, l’imperatore Napoleone III partecipò qui ad una messa nel 1860 ed il compositore Saint-Saens vi suonò l’organo nel 1873. L’edificio fu riconsacrato come moschea il 5 luglio 1962.

Altre attrattive di diverso genere, ma accomunate dalla collocazione centrale, sono: il Dar Aziza Bente l-Bay, un sontuoso palazzo che il bey di Constantine fece probabilmente costruire per la figlia Aziza; il Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari, ospitato all’interno del Dar Khedaoudj el-Amia, un bellissimo palazzo del periodo ottomano che ricalca la pianta classica delle residenze cittadine; la cittadella che, con le sue mura scandite da intere batterie di cannoni, domina il porto e la Casbah; il Palais des Rais Bastion 23, un complesso settecentesco che oggi ospita il Centre des Arts et de la Culture; e la Notre-Dame d’Afrique, una chiesa di ispirazione bizantina che sovrasta placida il caos cittadino, incurante del fatto che i suoi fedeli siano scomparsi da tempo.

Uscendo dalla città antica ci si imbatte nella Ville Nouvelle, la “città nuova”, che in realtà non è un quartiere nuovo né completamente francese. Già prima dell’epoca coloniale, infatti, i pendii alle spalle della baia di Algeri videro sorgere residenze estive e padiglioni dei governanti della città e dei potenti cortigiani appoggiati dall’impero ottomano. Sebbene l’intero fianco della collina, così come le zone limitrofe, siano ormai interamente coperti da edifici costruiti per dare alloggio alla crescente popolazione, rimangono alcune delle antiche ville, qualcuna trasformata in museo o in spazio pubblico di altro tipo. Da non perdere: il Museo del Bardo di Preistoria ed Etnografia, inaugurato nel 1930 prendendo in esame la storia antica ed in seguito l’etnologia della regione; il Museo Nazionale delle Antichità, che da sfoggio della ricchezza del patrimonio archeologico algerino; il Makam Echahid e Musèe National du Moudjahid, un monumento che ricorda il sacrificio di un ignoto martire caduto per la patria; ed il Mesèe des Beaux Arts, situato ai bordi del Jardin d’Essai e a pochi passi dal Monumento ai Martiri.

Il periodo migliore per visitare Algeri sono i mesi di ottobre e novembre, quando il cielo è limpido, le temperature miti e, a seconda delle piogge di fine estate, il deserto punteggiato qua e là di macchie verdeggianti. Molto bella è anche la primavera, anche se ad aprile vi sono probabilità di imbattersi in tempeste di sabbia ed a maggio le temperature cominciano a salire rapidamente. In generale, la temperatura media annuale è di 18 gradi, con gli estremi in gennaio, quando si può scendere a 9/10 gradi, e in agosto, durante il quale le massime sono abbondantemente superiori ai 30 gradi. Le precipitazioni sono scarse e mediamente comprese tra 600 e 700 mm di pioggia all’anno.

Ampliato di recente, l’Aeroporto Houari Boumediène si trova a 19 chilometri dal centro e possiede due terminal separati, uno per i voli interni ed uno per quelli internazionali. A differenza della maggior parte delle autostazioni algerine, la gare routière della capitale funziona discretamente, avendo uno sportello informazioni, un caffè, qualche negozio ed un tabellone delle partenze, anche se si trova ad alcuni chilometri dal centro, lungo la strada per l’aeroporto. I trasporti pubblici urbani constano essenzialmente di numerose linee di autobus, anche se da alcuni anni è in costruzione una linea metropolitana. E’ sconsigliabile mettersi in strada a bordo di un mezzo proprio o noleggiato, in quanto il codice della strada è letteralmente un optional per quasi tutti gli automobilisti locali.
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 Pubblicato da - 07 Dicembre 2009 - © Riproduzione vietata

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