Berbenno di Valtellina, la visita alla cittadina della Lombardia
Berbenno di Valtellina, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Berbenno di Valtellina dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Berbenno di Valtellina, da non confondere con la vicina Berbenno in Val Brembana, è un piccolo comune delle Alpi Retiche ad ovest di Sondrio.
Berbenno ha origini antiche, che risalgono ai secoli in cui le popolazioni italiche di etruschi e liguri abitavano la zona. Situato allo sbocco dei torrenti Finale e Caldenno, in posizione leggermente elevata, il territorio fu presto investito dall’ondata gallica.
Italici, etruschi e galli diventano con i secoli un unico popolo che entra presto in contatto con i celti provenienti da nord, i quali organizzano il territorio in piccole comunità agricole confederate e perlopiù autonome, a capo delle quali si ritrovò Berbenno, in qualità di centro fortificato del pagus.
Il toponimo deriverebbe allora dal celtico e vorrebbe dire “piana degli orsi”.
Tuttavia non esistono prove certe di questa ricostruzione storica e molti propendono per una formazione più tarda del nucleo berbennasco, da ascrivere agli anni della campagna di Cesare Augusto contro i Reti, quando nel territorio, vista la posizione centrale e strategica, viene eretto un castrum. L’intervento augusteo determina la fine dell’autonomia della valle, i romani prendono il controllo e Como è posta a capo della giurisdizione.
A partire dal IV secolo d.C. il cristianesimo si fa strada fra le valli retiche e il territorio viene riorganizzato in pievi. Ogni pieve ha un suo signore e capitano e a Berbenno vi sono i Vizzola; accanto alla pieve si sviluppano i pagi e successivamente le corti, istituite con l’arrivo dei Longobardi.
Sorgono in questi anni i primi e numerosi castelli, di cui però rimangono solo poche e sperdute rovine. A Berbenno viene eretto nel XI secolo il Castello di Roccacissa e successivamente ad esso vengono accostati la Torre dei Capitanei e il Castello di Mongiardino. Ecco il primo nucleo difensivo della sempre più grande pieve; di esso rimangono oggi poche tracce e sopravvive esclusivamente l’imponente Torre. Nel XII secolo, nelle adiacenze del castello, viene eretta la Chiesa di Santa Maria Assunta, distrutta negli anni di ribellione all’invasione dei Grigioni e ricostruita nella seconda metà del Seicento. La parrocchiale sorge in posizione decentrata, su di uno sperone roccioso ed è riconoscibile da lontano grazie all’alto campanile. Oggi un lungo viale alberato conduce al corpo centrale, a croce latina. Nel punto di incontro dei due bracci si trova la bella cupola, alleggerita dalle tante finestre ovali che rendono l’ambiente piuttosto luminoso. Il portale marmoreo, con porta lignea riccamente intagliata, è protetto da un accogliente porticato seicentesco che funge da pronao. Nel complesso l’interno è decorato in modo sobrio, principalmente da opere in gesso e dai toni chiari che contribuiscono ad illuminare l’ambiente. Alcune tele dello scorso secolo ricoprono le pareti. Due pulpiti in muratura, l’altare maggiore e ben sei altari minori riempiono gli spazi, mentre in fondo alla chiesa si trova un notevole organo con annessa cantoria. Di particolare valore è il coro intagliato da Giovani Schimit di Lipsia.
Nel Medioevo a Berbenno numerose sono le torri-dimore e le torri-fortezza ma purtroppo, come si è detto, di queste non è rimasta pressoché traccia. Gli anni dei conflitti guelfo-ghibellini non portano grandi turbamenti nella zona e il borgo da villaggio fortificato si trasforma in villaggio agricolo e qui prendono dimora i cittadini, ovvero i membri della nobiltà, del clero e gli artigiani mentre nei dintorni sorgono le povere capanne dei contadini.
Nel Trecento i Visconti arrivano anche qui e vi impongono la loro signoria: l’intera vallata è divisa in tre terzieri e Berbenno figura comune loci rusticorum de Berbenno del terziere di mezzo.
È interessante sapere che pur comparendo come un’unica unità, di fatto il villaggio era diviso in due comunità, una sul versante delle Alpi Retiche «Citra Abduam» e una sul versante delle Alpi Orobiche «Ultra Abduam». Le differenze fra le due parti diventano forti a tal punto che Berbenno di Valtellina viene a coincidere , nel corso del 500, con il solo versante retico di «Citra Abduam».
Oltre a questa divisione il XVI secolo porta con sé gravi carestie ed epidemie di peste. Le prime sono dovute a stagioni ostili, inverni estremamente secchi e gelidi che compromettono gravemente la sopravvivenza dei numerosi vigneti, una delle principali fonti di guadagno della zona.
Contemporaneamente all’ondata di gelo arrivano da nord i Grigioni ed ha inizio il plurisecolare dominio delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina.
Con il nuovo secolo, il 600, la vita a Berbenno rimane difficile. Infatti, sono forti le ostilità fra protestanti e cattolici, numerosi sono gli episodi di violenza che culminano con la brutale uccisione dell’arciprete di Sondrio. È il 1618, anno di inizio della Guerra dei Trent’anni e il territorio, data la posizione centrale, è incessantemente attraversato da eserciti di fazioni opposte.
Pochi anni dopo, la rivolta cattolica colpisce duramente la comunità protestante in quella che fu una vera e propria caccia all’eretico, a cui i Grigioni risposero con altrettanta violenza. La Battaglia di Tirano vede vincitori i cattolici ma il sangue non cessa di scorrere. L’alleanza fra francesi, veneziani e Savoia fa infatti della valle un luogo di importanti battaglie. È il Trattato di Monzon a ristabilire l’ordine: la Valtellina è una repubblica libera ma soggetta ad un tributo nei confronti dei nemici elvetici.
A spezzare i nuovi equilibri non tardano ad arrivare i Lanzichenecchi, portatori di violenza e atrocità ma soprattutto della mortale peste, che tormenta a più riprese i berbennaschi per tutta la prima metà del secolo. Nel frattempo, nel 1639, il Capitolato di Milano ristabilisce l’ordine e i Magnifici Signori Reti si riappropriano della valle; la religione cattolica è l’unica ammessa.
Dalla seconda metà del seicento Berbenno è protagonista di una lenta, a volte ostacolata ripresa. Niente più scontri violenti ma ancora una volta anni dal clima ostile creano non pochi problemi alla popolazione.
Gli utlimissimi anni del ‘700 portano nella penisola italiana Napoleone e le sue guerre e per la Valtellina non è un buon periodo. Berbenno perde la propria autonomia ed è sottoposta ad un governo straniero oppressivo ed invadente.
Arriva l’Ottocento e porta con sé un nuovo padrone, Berbenno e l’intera vallata sono assegnate all’Impero asburgico e il comune berbennasco è inserito nel distretto I di Sondrio. Questa parentesi austriaca è particolarmente infelice per la popolazione: un nuovo invasore straniero, un inverno gelido, la fame, le epidemie di colera e del crittogama. Tutto ciò determinò la nascita di importanti flussi migratori e un conseguente calo drastico del numero di abitanti della zona.
Con la nascita del Regno d’Italia la storia di Berbenno di Valtellina segue il corso di quella del resto della penisola: la comparsa delle prime centrali idroelettriche, gli orrori delle due Guerre Mondiali, la lenta ripresa a partire dal secondo dopo guerra.
Berbenno di Valtellina è oggi il tipico paese della montagna lombarda e in quanto tale ne presenta tutte le caratteristiche e le principali attrattive. Il suo territorio si innalza dalle dolci colline della frazione di San Pietro alle giovani vette delle Alpi Retiche, che qui, con la punta centrale dei Corni Bruciati toccano i 3114 m s.l.m. Il paese si trova a circa 400 m s.l.m e nel suo territorio scorre il fiume Adda.
Dai vasti confini, numerose sono le escursioni da fare, a piedi o in bicicletta ad esempio, per scoprire l’intero comune e i suoi bellissimi paesaggi.
Partendo dalla chiesa di Berbenno, ad esempio, è possibile raggiungere Prato Isio attraverso un interessante percorso da compiere in bicicletta o, nella sua versione sterrata, in mountain bike. Lungo il tragitto si incontra l’oratorio di San Gregorio, romanticamente posto su di un piccolo colle ed unico superstite di una più grande struttura fortificata di origine trecentesca. Osservando le decorazioni dell’altare colpiscono i due misteriosi animali squamati: si tratta dei “giuèt”, l’animale fantastico che secondo la leggenda abita i boschi. Proseguendo il percorso in salita si arriva ai bellissimi prati di Gaggio, fra i 1046 e i 1200 metri. Viste le numerose baite che li circondano può essere il luogo ideale per una merenda o un pranzo e nelle giornate più calde, le soffici distese verdi invitano al riposo. Da qui si raggiunge Pian del Prete, una graziosa località immersa fra gli abeti e proseguendo fra i suggestivi sentieri si raggiunge infine Prato Isio, annunciata dal grande e monumentale faggio. Da qui è poi possibile raggiungere o Prato Maslino o l’alpe Caldenno, nella valle di Postalesio.
Un altro percorso adatto per gli amanti della mountain bike è il Circuito dei Mulini, lo stesso su cui ha luogo l’omonima gara. Si tratta di un tragitto relativamente breve, di circa 8 km che permette però di scoprire i punti più caratteristici di Berbenno, le sue vie più belle, la chiesa di Sant’Abbondio e quella più piccola di San Gregorio, dall’affascinante storia fitta di misteri. Da qui si prosegue fino al rudere della località Mulini, da qui passando per il dosso Dusone si arriva al Mulino mentre sul lato opposto del torrente si trova il piccolo Tempio di Maria Ausiliatrice, risalente al XX secolo. Il tour continua fra le altre piccole località della zona e termina nel punto di partenza.
Gli escursionisti più esperti possono invece cimentarsi nella scoperta dell’Anello del Pizzo Bello, a cui è legata la leggenda dei Corni Bruciati. In un tempo antico qui c’era ricchezza e prosperità fino a che i pastori vennero puniti per la propria arroganza ed avidità. Accadde infatti che un giorno, ad un mendicante, venne rifiutata più volte ospitalità. Solo dopo molte umiliazioni un buon pastore lo accolse nella sua casa. Per ringraziarlo il mendicante gli raccomandò di andarsene e non voltarsi più indietro perché qualcosa di terribile stava per accadere. Il pastore lo ascoltò ma non resistendo alla curiosità si voltò vedendo una spettacolare pioggia di fuoco distruggere la bella e verde valle. Per aver disubbidito il pastore fu accecato ma poiché chiese sincero perdono a Dio grazie ad un’acqua miracolosa, quella della «fonte dell’acqua di Öcc», riacquistò la vista. I pastori che riuscirono a salvarsi dovettero abbandonare le loro case, ormai circondate da un deserto di pietra rossa, il Preda Rossa ma quelli fra loro che furono più di tutti avidi e meschini vennero condannati a colpire in eterno ognuna di queste pietre, diventando i danàa de Preda Rossa.
Il monte, un tempo chiamato appunto Pizzo Bello, prese allora il nome attuale: Monte Disgrazia e le cime circostanti vennero ribattezzati Corni Bruciati e Sasso Arso. Oggi con il nome di Pizzo Bello si indica un’altra cima della zona, attorno a cui un anello escursionistico permette di ammirare, in una sola giornata, i paesaggi che vanno da Prato Maslino a Prato Isio, passando per Val Terzana e Val Caldenno. Esiste anche una versione più lunga del cammino e prevede la scoperta dell’Anello dei Corni Bruciati in tre giornate, ed è adatta non solo ai professionisti. Il percorso collega il versante retico mediovaltellinese alla Valle di Preda Rossa e alla Val Torreggio. La prima giornata prevede un cammino di circa 5 ore e porta dal rifugio Marinella a Prato Maslino fino al rifugio Ponti; il secondo giorno si cammina per circa 3 ore e 30 minuti e si raggiunge il rifugio Bosio; l’ultimo giorno in 4 ore e 30 minuti si torna al punto di partenza.
Un’altra interessante escursione è quella che porta alla scoperta dell’Alpe Vignone, che è nei fatti una successione di balze e ripiani. La salita è indubbiamente impegnativa ma regala panorami unici e mozzafiato, per un totale di circa 2 ore di cammino.
Da Berbenno si può inoltre raggiungere l’Alpe Caldenno in mountain bike o in automobile, in un percorso che porta dall’oratorio di San Gregorio ai Prati di Gaggio e al Pian del Prete, da dove, con due ore di cammino, si può salire l’alpe fino alla graziosa chiesetta di Santa Margherita.
Un’altra bella traversata è quella che collega Prato Isio a Prato Maslino, un grande prato a 1600 m s.l.m. che funge da vera e propria terrazza panramica, affacciandosi su valle del Dosso di Piviana, Val Vignone e Val Finale. Da qui partono e terminano altre numerose escurisioni, come ad esempio quella di 6 ore che porta sulla Cima di Vignone, passando dal bivacco Scermenone, dalla chiesetta di San Quirico alla Croce dell’Olmo.
Una bella giornata nel berbennasco può essere alla scoperta della soleggiata Maroggia, bella soprattutto in autunno, dove viene prodotto il rinomato vino a cui dà il nome. È in questa valle che si trova il secolare castagno della contrada di Piasci, uno degli alberi monumentali della Valtellina a cui è legata una divertente leggenda. Si narra che la quercia fosse il luogo di riposo prediletto dal futuro San Benigno, si narra anche che il Santo e la quercia parlassero spesso e fossero amici. Morto San Benigno, iniziarono a verificarsi strani furti fra le cantine vinicole del posto. Ogni anno, il vino spariva misteriosamente dalle botti e nonostante le indagini mai se ne trovava il responsabile. Accade poi un giorno che un contadino si disse certo di aver sentito cantare allegramente la grande quercia: indagando più accuratamente si scoprì che il legno di alcune botti non era perfettamente impermeabile e che le radici della grande quercia le avessero raggiunte: ecco chi beveva il vino! Secondo gli abitanti del posto era stato San Benigno a concedere alla sua vecchia amica quercia di gustare il delizioso vino locale.
Rimane infine Berbenno paese, ideale da visitare nelle stagioni più miti. Il cuore storico del paese è probabilmente la bellissima chiesa di Santa Maria Assunta -della quale si è già detto- e da cui si arriva, attraverso una dolce salita, alla piazza del Municipio. La meta successiva è la chiesa di Sant’Abbondio, raggiungibile percorrendo una caratteristica stradina in “risc”. Segue una sosta nella frazione di Polaggia, dove è consigliabile soffermarsi sul sagrato della chiesa, da cui si può ammirare il paesaggio della parte bassa del comune. Da Polaggia ci si sposta a Dusone, altra frazione che una volta attraversata porta ad un antico mulino, oltrepassato il quale si trova la piccola chiesa di San Gregorio su di un suggestivo colle, ottima terrazza panoramica. Da qui si torna indietro e si attraversa facilmente il torrente. A questo punto occorre prestare attenzione e cercare un piccolo sentiero nascosto dalla vegetazione che porta alla cascata del Sultù, passando attraverso il bosco e sopra dolci ponti di legno. Dopo un guado e l’altro si arriva infine alla bellissima cascata di circa trenta metri. La meta successiva è la Madonnina del prato Balzarro da cui, percorrendo la panoramica via Piana, a metà fra boschi e vigneti, si torna al punto di partenza.
Nel cuore della Valtellina, ai piedi del Parco delle Orobie Bergamasche, non lontano dalla Svizzera, Berbenno di Valtellina è la meta ideale per gli amanti della montagna estiva. Percorsi scenografici di ogni livello, baite e sentieri immersi nella natura rendono speciale questo comune, bellissimo anche in inverno, quando la neve ricopre i versanti delle montagne che lo circondano e sulle quali si trovano percorsi sciistici incantevoli. In tutte le stagioni, come ogni località montana, Berbenno di Valtellina è una tappa obbligata per chi desidera conoscere e vivere le nostre magiche Alpi.
Come arrivare
Per arrivare in automobile a Berbenno di Valtellina da Milano occorrono circa due ore. Il percorso più veloce passa attraverso la SS36 che da Milano arriva a Lecco, da dove si prosegue fino lo svincolo per la SS38 che porta a destinazione.
Chi preferisse muoversi con i mezzi pubblici può arrivare a Berbenno di Valtellina fermandosi alla stazione di San Pietro Berbenno da dove prendere un autobus di linea fino a destinazione.
Per ulteriori informazioni www.comune.berbenno.so.it
Berbenno ha origini antiche, che risalgono ai secoli in cui le popolazioni italiche di etruschi e liguri abitavano la zona. Situato allo sbocco dei torrenti Finale e Caldenno, in posizione leggermente elevata, il territorio fu presto investito dall’ondata gallica.
Italici, etruschi e galli diventano con i secoli un unico popolo che entra presto in contatto con i celti provenienti da nord, i quali organizzano il territorio in piccole comunità agricole confederate e perlopiù autonome, a capo delle quali si ritrovò Berbenno, in qualità di centro fortificato del pagus.
Il toponimo deriverebbe allora dal celtico e vorrebbe dire “piana degli orsi”.
Tuttavia non esistono prove certe di questa ricostruzione storica e molti propendono per una formazione più tarda del nucleo berbennasco, da ascrivere agli anni della campagna di Cesare Augusto contro i Reti, quando nel territorio, vista la posizione centrale e strategica, viene eretto un castrum. L’intervento augusteo determina la fine dell’autonomia della valle, i romani prendono il controllo e Como è posta a capo della giurisdizione.
A partire dal IV secolo d.C. il cristianesimo si fa strada fra le valli retiche e il territorio viene riorganizzato in pievi. Ogni pieve ha un suo signore e capitano e a Berbenno vi sono i Vizzola; accanto alla pieve si sviluppano i pagi e successivamente le corti, istituite con l’arrivo dei Longobardi.
Sorgono in questi anni i primi e numerosi castelli, di cui però rimangono solo poche e sperdute rovine. A Berbenno viene eretto nel XI secolo il Castello di Roccacissa e successivamente ad esso vengono accostati la Torre dei Capitanei e il Castello di Mongiardino. Ecco il primo nucleo difensivo della sempre più grande pieve; di esso rimangono oggi poche tracce e sopravvive esclusivamente l’imponente Torre. Nel XII secolo, nelle adiacenze del castello, viene eretta la Chiesa di Santa Maria Assunta, distrutta negli anni di ribellione all’invasione dei Grigioni e ricostruita nella seconda metà del Seicento. La parrocchiale sorge in posizione decentrata, su di uno sperone roccioso ed è riconoscibile da lontano grazie all’alto campanile. Oggi un lungo viale alberato conduce al corpo centrale, a croce latina. Nel punto di incontro dei due bracci si trova la bella cupola, alleggerita dalle tante finestre ovali che rendono l’ambiente piuttosto luminoso. Il portale marmoreo, con porta lignea riccamente intagliata, è protetto da un accogliente porticato seicentesco che funge da pronao. Nel complesso l’interno è decorato in modo sobrio, principalmente da opere in gesso e dai toni chiari che contribuiscono ad illuminare l’ambiente. Alcune tele dello scorso secolo ricoprono le pareti. Due pulpiti in muratura, l’altare maggiore e ben sei altari minori riempiono gli spazi, mentre in fondo alla chiesa si trova un notevole organo con annessa cantoria. Di particolare valore è il coro intagliato da Giovani Schimit di Lipsia.
Nel Medioevo a Berbenno numerose sono le torri-dimore e le torri-fortezza ma purtroppo, come si è detto, di queste non è rimasta pressoché traccia. Gli anni dei conflitti guelfo-ghibellini non portano grandi turbamenti nella zona e il borgo da villaggio fortificato si trasforma in villaggio agricolo e qui prendono dimora i cittadini, ovvero i membri della nobiltà, del clero e gli artigiani mentre nei dintorni sorgono le povere capanne dei contadini.
Nel Trecento i Visconti arrivano anche qui e vi impongono la loro signoria: l’intera vallata è divisa in tre terzieri e Berbenno figura comune loci rusticorum de Berbenno del terziere di mezzo.
È interessante sapere che pur comparendo come un’unica unità, di fatto il villaggio era diviso in due comunità, una sul versante delle Alpi Retiche «Citra Abduam» e una sul versante delle Alpi Orobiche «Ultra Abduam». Le differenze fra le due parti diventano forti a tal punto che Berbenno di Valtellina viene a coincidere , nel corso del 500, con il solo versante retico di «Citra Abduam».
Oltre a questa divisione il XVI secolo porta con sé gravi carestie ed epidemie di peste. Le prime sono dovute a stagioni ostili, inverni estremamente secchi e gelidi che compromettono gravemente la sopravvivenza dei numerosi vigneti, una delle principali fonti di guadagno della zona.
Contemporaneamente all’ondata di gelo arrivano da nord i Grigioni ed ha inizio il plurisecolare dominio delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina.
Con il nuovo secolo, il 600, la vita a Berbenno rimane difficile. Infatti, sono forti le ostilità fra protestanti e cattolici, numerosi sono gli episodi di violenza che culminano con la brutale uccisione dell’arciprete di Sondrio. È il 1618, anno di inizio della Guerra dei Trent’anni e il territorio, data la posizione centrale, è incessantemente attraversato da eserciti di fazioni opposte.
Pochi anni dopo, la rivolta cattolica colpisce duramente la comunità protestante in quella che fu una vera e propria caccia all’eretico, a cui i Grigioni risposero con altrettanta violenza. La Battaglia di Tirano vede vincitori i cattolici ma il sangue non cessa di scorrere. L’alleanza fra francesi, veneziani e Savoia fa infatti della valle un luogo di importanti battaglie. È il Trattato di Monzon a ristabilire l’ordine: la Valtellina è una repubblica libera ma soggetta ad un tributo nei confronti dei nemici elvetici.
A spezzare i nuovi equilibri non tardano ad arrivare i Lanzichenecchi, portatori di violenza e atrocità ma soprattutto della mortale peste, che tormenta a più riprese i berbennaschi per tutta la prima metà del secolo. Nel frattempo, nel 1639, il Capitolato di Milano ristabilisce l’ordine e i Magnifici Signori Reti si riappropriano della valle; la religione cattolica è l’unica ammessa.
Dalla seconda metà del seicento Berbenno è protagonista di una lenta, a volte ostacolata ripresa. Niente più scontri violenti ma ancora una volta anni dal clima ostile creano non pochi problemi alla popolazione.
Gli utlimissimi anni del ‘700 portano nella penisola italiana Napoleone e le sue guerre e per la Valtellina non è un buon periodo. Berbenno perde la propria autonomia ed è sottoposta ad un governo straniero oppressivo ed invadente.
Arriva l’Ottocento e porta con sé un nuovo padrone, Berbenno e l’intera vallata sono assegnate all’Impero asburgico e il comune berbennasco è inserito nel distretto I di Sondrio. Questa parentesi austriaca è particolarmente infelice per la popolazione: un nuovo invasore straniero, un inverno gelido, la fame, le epidemie di colera e del crittogama. Tutto ciò determinò la nascita di importanti flussi migratori e un conseguente calo drastico del numero di abitanti della zona.
Con la nascita del Regno d’Italia la storia di Berbenno di Valtellina segue il corso di quella del resto della penisola: la comparsa delle prime centrali idroelettriche, gli orrori delle due Guerre Mondiali, la lenta ripresa a partire dal secondo dopo guerra.
Berbenno di Valtellina è oggi il tipico paese della montagna lombarda e in quanto tale ne presenta tutte le caratteristiche e le principali attrattive. Il suo territorio si innalza dalle dolci colline della frazione di San Pietro alle giovani vette delle Alpi Retiche, che qui, con la punta centrale dei Corni Bruciati toccano i 3114 m s.l.m. Il paese si trova a circa 400 m s.l.m e nel suo territorio scorre il fiume Adda.
Dai vasti confini, numerose sono le escursioni da fare, a piedi o in bicicletta ad esempio, per scoprire l’intero comune e i suoi bellissimi paesaggi.
Partendo dalla chiesa di Berbenno, ad esempio, è possibile raggiungere Prato Isio attraverso un interessante percorso da compiere in bicicletta o, nella sua versione sterrata, in mountain bike. Lungo il tragitto si incontra l’oratorio di San Gregorio, romanticamente posto su di un piccolo colle ed unico superstite di una più grande struttura fortificata di origine trecentesca. Osservando le decorazioni dell’altare colpiscono i due misteriosi animali squamati: si tratta dei “giuèt”, l’animale fantastico che secondo la leggenda abita i boschi. Proseguendo il percorso in salita si arriva ai bellissimi prati di Gaggio, fra i 1046 e i 1200 metri. Viste le numerose baite che li circondano può essere il luogo ideale per una merenda o un pranzo e nelle giornate più calde, le soffici distese verdi invitano al riposo. Da qui si raggiunge Pian del Prete, una graziosa località immersa fra gli abeti e proseguendo fra i suggestivi sentieri si raggiunge infine Prato Isio, annunciata dal grande e monumentale faggio. Da qui è poi possibile raggiungere o Prato Maslino o l’alpe Caldenno, nella valle di Postalesio.
Un altro percorso adatto per gli amanti della mountain bike è il Circuito dei Mulini, lo stesso su cui ha luogo l’omonima gara. Si tratta di un tragitto relativamente breve, di circa 8 km che permette però di scoprire i punti più caratteristici di Berbenno, le sue vie più belle, la chiesa di Sant’Abbondio e quella più piccola di San Gregorio, dall’affascinante storia fitta di misteri. Da qui si prosegue fino al rudere della località Mulini, da qui passando per il dosso Dusone si arriva al Mulino mentre sul lato opposto del torrente si trova il piccolo Tempio di Maria Ausiliatrice, risalente al XX secolo. Il tour continua fra le altre piccole località della zona e termina nel punto di partenza.
Gli escursionisti più esperti possono invece cimentarsi nella scoperta dell’Anello del Pizzo Bello, a cui è legata la leggenda dei Corni Bruciati. In un tempo antico qui c’era ricchezza e prosperità fino a che i pastori vennero puniti per la propria arroganza ed avidità. Accadde infatti che un giorno, ad un mendicante, venne rifiutata più volte ospitalità. Solo dopo molte umiliazioni un buon pastore lo accolse nella sua casa. Per ringraziarlo il mendicante gli raccomandò di andarsene e non voltarsi più indietro perché qualcosa di terribile stava per accadere. Il pastore lo ascoltò ma non resistendo alla curiosità si voltò vedendo una spettacolare pioggia di fuoco distruggere la bella e verde valle. Per aver disubbidito il pastore fu accecato ma poiché chiese sincero perdono a Dio grazie ad un’acqua miracolosa, quella della «fonte dell’acqua di Öcc», riacquistò la vista. I pastori che riuscirono a salvarsi dovettero abbandonare le loro case, ormai circondate da un deserto di pietra rossa, il Preda Rossa ma quelli fra loro che furono più di tutti avidi e meschini vennero condannati a colpire in eterno ognuna di queste pietre, diventando i danàa de Preda Rossa.
Il monte, un tempo chiamato appunto Pizzo Bello, prese allora il nome attuale: Monte Disgrazia e le cime circostanti vennero ribattezzati Corni Bruciati e Sasso Arso. Oggi con il nome di Pizzo Bello si indica un’altra cima della zona, attorno a cui un anello escursionistico permette di ammirare, in una sola giornata, i paesaggi che vanno da Prato Maslino a Prato Isio, passando per Val Terzana e Val Caldenno. Esiste anche una versione più lunga del cammino e prevede la scoperta dell’Anello dei Corni Bruciati in tre giornate, ed è adatta non solo ai professionisti. Il percorso collega il versante retico mediovaltellinese alla Valle di Preda Rossa e alla Val Torreggio. La prima giornata prevede un cammino di circa 5 ore e porta dal rifugio Marinella a Prato Maslino fino al rifugio Ponti; il secondo giorno si cammina per circa 3 ore e 30 minuti e si raggiunge il rifugio Bosio; l’ultimo giorno in 4 ore e 30 minuti si torna al punto di partenza.
Un’altra interessante escursione è quella che porta alla scoperta dell’Alpe Vignone, che è nei fatti una successione di balze e ripiani. La salita è indubbiamente impegnativa ma regala panorami unici e mozzafiato, per un totale di circa 2 ore di cammino.
Da Berbenno si può inoltre raggiungere l’Alpe Caldenno in mountain bike o in automobile, in un percorso che porta dall’oratorio di San Gregorio ai Prati di Gaggio e al Pian del Prete, da dove, con due ore di cammino, si può salire l’alpe fino alla graziosa chiesetta di Santa Margherita.
Un’altra bella traversata è quella che collega Prato Isio a Prato Maslino, un grande prato a 1600 m s.l.m. che funge da vera e propria terrazza panramica, affacciandosi su valle del Dosso di Piviana, Val Vignone e Val Finale. Da qui partono e terminano altre numerose escurisioni, come ad esempio quella di 6 ore che porta sulla Cima di Vignone, passando dal bivacco Scermenone, dalla chiesetta di San Quirico alla Croce dell’Olmo.
Una bella giornata nel berbennasco può essere alla scoperta della soleggiata Maroggia, bella soprattutto in autunno, dove viene prodotto il rinomato vino a cui dà il nome. È in questa valle che si trova il secolare castagno della contrada di Piasci, uno degli alberi monumentali della Valtellina a cui è legata una divertente leggenda. Si narra che la quercia fosse il luogo di riposo prediletto dal futuro San Benigno, si narra anche che il Santo e la quercia parlassero spesso e fossero amici. Morto San Benigno, iniziarono a verificarsi strani furti fra le cantine vinicole del posto. Ogni anno, il vino spariva misteriosamente dalle botti e nonostante le indagini mai se ne trovava il responsabile. Accade poi un giorno che un contadino si disse certo di aver sentito cantare allegramente la grande quercia: indagando più accuratamente si scoprì che il legno di alcune botti non era perfettamente impermeabile e che le radici della grande quercia le avessero raggiunte: ecco chi beveva il vino! Secondo gli abitanti del posto era stato San Benigno a concedere alla sua vecchia amica quercia di gustare il delizioso vino locale.
Rimane infine Berbenno paese, ideale da visitare nelle stagioni più miti. Il cuore storico del paese è probabilmente la bellissima chiesa di Santa Maria Assunta -della quale si è già detto- e da cui si arriva, attraverso una dolce salita, alla piazza del Municipio. La meta successiva è la chiesa di Sant’Abbondio, raggiungibile percorrendo una caratteristica stradina in “risc”. Segue una sosta nella frazione di Polaggia, dove è consigliabile soffermarsi sul sagrato della chiesa, da cui si può ammirare il paesaggio della parte bassa del comune. Da Polaggia ci si sposta a Dusone, altra frazione che una volta attraversata porta ad un antico mulino, oltrepassato il quale si trova la piccola chiesa di San Gregorio su di un suggestivo colle, ottima terrazza panoramica. Da qui si torna indietro e si attraversa facilmente il torrente. A questo punto occorre prestare attenzione e cercare un piccolo sentiero nascosto dalla vegetazione che porta alla cascata del Sultù, passando attraverso il bosco e sopra dolci ponti di legno. Dopo un guado e l’altro si arriva infine alla bellissima cascata di circa trenta metri. La meta successiva è la Madonnina del prato Balzarro da cui, percorrendo la panoramica via Piana, a metà fra boschi e vigneti, si torna al punto di partenza.
Nel cuore della Valtellina, ai piedi del Parco delle Orobie Bergamasche, non lontano dalla Svizzera, Berbenno di Valtellina è la meta ideale per gli amanti della montagna estiva. Percorsi scenografici di ogni livello, baite e sentieri immersi nella natura rendono speciale questo comune, bellissimo anche in inverno, quando la neve ricopre i versanti delle montagne che lo circondano e sulle quali si trovano percorsi sciistici incantevoli. In tutte le stagioni, come ogni località montana, Berbenno di Valtellina è una tappa obbligata per chi desidera conoscere e vivere le nostre magiche Alpi.
Come arrivare
Per arrivare in automobile a Berbenno di Valtellina da Milano occorrono circa due ore. Il percorso più veloce passa attraverso la SS36 che da Milano arriva a Lecco, da dove si prosegue fino lo svincolo per la SS38 che porta a destinazione.
Chi preferisse muoversi con i mezzi pubblici può arrivare a Berbenno di Valtellina fermandosi alla stazione di San Pietro Berbenno da dove prendere un autobus di linea fino a destinazione.
Per ulteriori informazioni www.comune.berbenno.so.it
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