Oliveri (Sicilia): il mare, le spiagge, cosa vedere e cosa fare
Oliveri, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Oliveri dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Il golfo di Patti l’accoglie come una culla, e la sagoma del Monte Tindari veglia sull’abitato come un guardiano premuroso. Ad accarezzarne la costa, invece, c’è il mare di Sicilia, acque cristalline dai fondali mutevoli, ora soffici ora rocciosi, modellati dalle onde in mille piccole dune o agghindati di anemoni e ricci di mare.
Siamo a Oliveri, borgo siciliano di circa 2 mila abitanti in provincia di Messina, un luogo pacifico come i centri pescherecci di un tempo, ma anche amato dai visitatori per le sue calette, il paesaggio circostante e qualche gioiello culturale notevole.
La storia del paese è come un lungo racconto, che si snoda tra vicende appassionanti e conquiste travagliate. Il primo nucleo abitato della zona sorse sul monte di Tindari ad opera dei dorici, poi passò in mano ai romani e sotto di loro scoprì l’eccezionale pescosità di quel mare. Appartenuto per un periodo ai monaci benedettini, poi regalato da parte del Re Ferdinando d’Aragona al suo secondogenito, il comune così come lo conosciamo tuttora nacque probabilmente tra il 1810 e il 1815. Fino agli anni Sessanta la maggiore ricchezza del territorio era rappresentata dalla tonnara, tra le maggiori di tutta la Sicilia, ma oggi Oliveri è un borgo a vocazione prettamente turistica.
Continuando la passeggiata si scopre la bellezza delle vie Palermo e Roma, con il loro tripudio di fiori e alberi, e ci si imbatte nel monumento ai Caduti, un’opera in pietra che rappresenta un soldato a capo scoperto e torso nudo. Da vedere anche la piazza Pirandello, a pianta quadrata e completamente coperta di mattonelle, ad eccezione delle aiuole fiorite e dei giovani pini; su di essa veglia il moderno Palazzo Comunale, con la facciata candida che ben si addice alla cittadina di mare.
Purtroppo non si può più vedere la vecchia tonnara, che in passato rivestì un ruolo fondamentale per l’economia di Oliveri. Fondata probabilmente nel corso della dominazione araba, la tonnara nei periodi di massimo splendore raggiungeva un pescato di circa mille tonni a stagione, con un’attività che iniziava a maggio e terminava ai primi di luglio. Dopo aver raccolto il bottino le imbarcazioni apposite, i cosiddetti ‘palischermi’, tornavano a riva e il giorno successivo si scioglieva il voto fatto alla Madonna nera del Tindari, rendendole grazie per la pesca abbondante e offrendole il ricavato della vendita di un tonno, come prevedeva la promessa fatta a inizio stagione. L’ultimo anno di attività della tonnara fu il 1967, ma l’anno successivo la scarsità di pesce lo costrinse alla chiusura e lo stabilimento venne abbattuto, per fare spazio a un grande residence turistico che si chiama tuttora ‘La Tonnara’. Unico frammento di memoria, ancora legato a quella fervida attività, è un antico palischermo sopravvissuto alla demolizione.
Siamo a Oliveri, borgo siciliano di circa 2 mila abitanti in provincia di Messina, un luogo pacifico come i centri pescherecci di un tempo, ma anche amato dai visitatori per le sue calette, il paesaggio circostante e qualche gioiello culturale notevole.
Origine del nome e storia
Fu lo scrittore arabo Edrisi a parlare per la prima volta della località: incaricato dal Gran Conte Ruggero, dscrisse il paese come un ‘bello e grazioso casale, con un grande castello in riva al mare, delle case, delle buone terre da seminare, dei ruscelli perenni sulle sponde dei quali erano impiantati alcuni mulini, e con un bel porto nel quale si faceva copiosa pesca di tonno.’ Allora, tuttavia, il borgo si chiamava ancora ‘Labiri’: l’attuale nome Oliveri, invece, deriva dal condottiero Carlo Oliveris, che fu molto cortese con gli abitanti del posto e meritò la loro riconoscenza.La storia del paese è come un lungo racconto, che si snoda tra vicende appassionanti e conquiste travagliate. Il primo nucleo abitato della zona sorse sul monte di Tindari ad opera dei dorici, poi passò in mano ai romani e sotto di loro scoprì l’eccezionale pescosità di quel mare. Appartenuto per un periodo ai monaci benedettini, poi regalato da parte del Re Ferdinando d’Aragona al suo secondogenito, il comune così come lo conosciamo tuttora nacque probabilmente tra il 1810 e il 1815. Fino agli anni Sessanta la maggiore ricchezza del territorio era rappresentata dalla tonnara, tra le maggiori di tutta la Sicilia, ma oggi Oliveri è un borgo a vocazione prettamente turistica.
Cosa vedere a Oliveri
La vicinanza al mare gioca a favore del paese, frequentato dal turismo balneare, ma il centro storico di Oliveri non è privo di testimonianze storico-artistiche interessanti, che ne fanno un piccolo tesoro da scoprire. La piazza Dante, nel cuore del paese, è dominata dalla chiesa Parrocchiale di San Giuseppe, scrigno di un bellissimo Crocifisso affisso sopra l’altare maggiore, e di pregevoli statue lignee che raffigurano San Giuseppe, l’Immacolata e Santa Rita. Dotato della sagrestia annessa nel 1953, l’edificio è stato accuratamente restaurato nel 1980.Continuando la passeggiata si scopre la bellezza delle vie Palermo e Roma, con il loro tripudio di fiori e alberi, e ci si imbatte nel monumento ai Caduti, un’opera in pietra che rappresenta un soldato a capo scoperto e torso nudo. Da vedere anche la piazza Pirandello, a pianta quadrata e completamente coperta di mattonelle, ad eccezione delle aiuole fiorite e dei giovani pini; su di essa veglia il moderno Palazzo Comunale, con la facciata candida che ben si addice alla cittadina di mare.
Purtroppo non si può più vedere la vecchia tonnara, che in passato rivestì un ruolo fondamentale per l’economia di Oliveri. Fondata probabilmente nel corso della dominazione araba, la tonnara nei periodi di massimo splendore raggiungeva un pescato di circa mille tonni a stagione, con un’attività che iniziava a maggio e terminava ai primi di luglio. Dopo aver raccolto il bottino le imbarcazioni apposite, i cosiddetti ‘palischermi’, tornavano a riva e il giorno successivo si scioglieva il voto fatto alla Madonna nera del Tindari, rendendole grazie per la pesca abbondante e offrendole il ricavato della vendita di un tonno, come prevedeva la promessa fatta a inizio stagione. L’ultimo anno di attività della tonnara fu il 1967, ma l’anno successivo la scarsità di pesce lo costrinse alla chiusura e lo stabilimento venne abbattuto, per fare spazio a un grande residence turistico che si chiama tuttora ‘La Tonnara’. Unico frammento di memoria, ancora legato a quella fervida attività, è un antico palischermo sopravvissuto alla demolizione.