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Visitare Harlem, tra Gospel e Jazz nel quartiere di Manhattan a New York City

Centro culturale e commerciale degli Afro-americani a New York City, quartiere ricco di tradizione da visitare.

Harlem è un grande quartiere di Manhattan a New York City ma è anche un mondo a sé, con le sue regole talvolta dure e un fermento culturale sorprendente, che ne fa la vera culla della moderna realtà afroamericana. Di tutte le zone newyorkesi è stata, per lungo tempo, tra le più temute e pericolose, protagonista delle cronache locali per la decadenza degli edifici, la concentrazione di crimini e il brulicare di malviventi. Negli ultimi decenni, tuttavia, la musica è cambiata: certe porzioni di Harlem sono diventate eleganti e modaiole, e non ci sono più i pericoli di un tempo. I turisti possono stare tranquilli, la zona non è pericolosa, e visitare la zona con calma, assaporandone ogni aspetto e tradizione. C’è chi teme che questo aumento inaspettato di ricchezza e benessere possa cancellare l’autenticità del quartiere, trasformandolo in un’attrazione turistica senz’anima né storia: dunque meglio affrettarsi, perché almeno per ora, specialmente con l’aiuto di una guida, è ancora possibile godere della vera Harlem.

Una guida può rivelarsi utile, viste anche le dimensioni del quartiere. Toglietevi dalla testa di potervi passeggiare senza meta, trotterellando casualmente tra un punto d’interesse e l’altro, senza esservi minimamente organizzati in anticipo: il territorio è molto esteso –tradizionalmente compreso tra la 155th Street, il fiume Harlem e il fiume Hudson- e non si possono raggiungere a piedi tutte le attrazioni. Meglio andare a botta sicura e avere destinazioni mirate, o affidarsi a un tour organizzato prendendo nota, eventualmente, di ciò che vorreste rivedere per conto vostro.

UN PO’ DI STORIA
Fino a metà Ottocento l’area di Harlem fu prevalentemente agricola. Nell’assetto della zona e nel suo nome si riconosceva lo zampino olandese: giunti qui nel 1658, gli europei dei Paesi Bassi l’avevano battezzata Nieuw Harlem, prendendo spunto da una loro cittadina.
Nel XIX secolo la ferrovia collegò Harlem a Lower Manhattan, e il fiorire di abitazioni eleganti fece gola agli immigrati più facoltosi, soprattutto agli ebrei tedeschi che si stabilirono nel Lower East Side: le case erano quelle di pietra scura che ancora oggi caratterizzano il quartiere. Con l’arrivo della linea metropolitana ci si aspettava un ulteriore afflusso di residenti nella zona settentrionale, ma il successo non fu quello sperato. Gli agenti immobiliari di colore fiutarono l’affare, acquistarono le case vuote a prezzi stracciati e le affittarono ad altri neri di New York, dando vita a una vera e propria comunità: anche gli ultimi europei rimasti si stancarono di quella sistemazione, e Harlem si popolò completamente di afroamericani.

Il periodo che seguì è ricordato come Harlem Renaissance (Rinascimento di Harlem), a sottolineare il fermento culturale che scaturì dalla nascita della comunità nera. Una corrente artistica e letteraria che non poteva lasciare indifferenti gli appassionati dell’avanguardia, e che consegnò alla storia nomi importanti di musicisti, attori e scrittori. Billie Holiday (alla quale gli U2 dedicarono “Angel of Harlem”), Paul Robeson e James Weldon Johnson diventarono dei modelli per le generazioni successive; musicisti jazz come Duke Ellington, Cab Calloway e Count Basie si esibivano nei club fino al mattino, quando le luci degli altri quartieri si spegnevano e qui ci si concedevano alcool e nottate irriverenti. Tutto fu raccontato dalla poesia e dalla letteratura di Langston Hughes, Jean Toomer, Zora Neale Hurston e altri grandi parolieri di Harlem, che dimostravano di aver sviluppato, oltre al talento, una componente umana fondamentale: la consapevolezza razziale.

Ma la Grande Depressione non risparmiò questa generazione di artisti, e per anni la vita ad Harlem fu tutt’altro che facile: la povertà dilagava, i residenti erano affamati e l’ambiente decadente. I primi segnali di ripresa giunsero tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, e ancora oggi è chiara la volontà di cambiamento che pervade il quartiere: certe zone sono diventate eleganti e curate, le case ottocentesche in pietra scura fanno gola agli intenditori, e le strade sono disseminate di cantieri aperti, segno chiaro di una ricostruzione in corso.

ATTRAZIONI PRINCIPALI
Una delle principali arterie di Harlem è la 125th Street, via commerciale per eccellenza che congiunge Broadway alla Fifth Avenue. Storicamente è famosa per la figura di Malcolm X, che predicava nella zona, ma la presenza di grandi catene di abbigliamento e accessori la rende anche il regno dello shopping. Sulla strada si affacciano luoghi leggendari come l’Apollo Theater, che dietro l’architettura piuttosto anonima cela un cuore ardente, fatto di musica e spettacoli indimenticabili: proprio qui, tra gli anni Trenta e Settanta del secolo scorso, gli artisti di colore della Grande Mela regalavano concerti coinvolgenti, accompagnati da balli e performance recitate. “Riciclato” in veste di magazzino, sala cinematografica, ancora una volta teatro poi sede radiofonica, l’Apollo Theater è famoso in tutto il mondo ed è ancora oggi sede di numerosi eventi (www.apollotheater.org).

Sul lato opposto della strada noterete l’ex Theresa Hotel, oggi Theresa Towers, caratterizzato dalle decorazioni in terracotta che brillano dalla cima. L’edificio, progettato nel 1913, oggi è occupato perlopiù da uffici, ma in origine era un albergo e Fidel Castro, nel 1960, lo scelse come alloggio durante la visita alle Nazioni Unite.
Da vedere Blumstein’s, oggi sede della Touro College Medical School. Il grande centro commerciale per lunghi anni si rifiutò di assumere dipendenti neri, finché non suscitò aspre polemiche e divenne bersaglio di un convinto boicottaggio. Da allora cambiò filosofia, e oltre al personale afroamericano non si fece mancare manichini e Babbo Natale dalla pelle scura.
Sempre sulla 125th Avenue sorge lo Studio Museum in Harlem, con una nutrita collezione di tele, sculture e scatti di artisti afroamericani moderni (www.studiomuseum.org).

Un’altra strada importante è Lenox Avenue, che attraversa Harlem da nord a sud, ribattezzata Malcolm X Boulevard negli anni Ottanta ma conosciuta ai più con il suo vecchio nome.
Intorno ad essa si sviluppa il cosiddetto Mount Morris Park Historic District, quartiere storico in cui abitarono, a seconda del periodo, bianchi protestanti, ebrei arrivati dall’Est europeo e afroamericani, pertanto ricchissimo di luoghi di culto differenti.
Da vedere la chiesa in stile greco-romano, ex sinagoga, detta Mount Olivet Church, ma anche la gotica St.Martin’s Church o le semplici abitazioni a schiera costruite durante il boom edilizio del tardo Ottocento.
Il Marcus Garvey Park, tra East 120th Street e East 124th Street, è dominato da una collina, a sua volta occupata da una torre antincendio ottagonale di metà Ottocento, elegante sistema di allarme molto usato a New York in quel periodo.
Un eloquente spaccato della storia locale è fornito dallo Schomburg Center for Research in Black Culture, parte del circuito della New York Public Library, dedicato alla letteratura, alla storia e alla stampa di colore. Oltre alla raccolta di documenti, incrementata soprattutto dalle donazioni del portoricano Arthur Schomburg, il centro comprende sale conferenze, auditorium e gallerie in cui si tengono esposizioni temporanee, eventi musicali e incontri artistici.

Spostandosi verso est si scopre la caratteristica 116th Street, che incarna ancora meglio i valori della cultura afroamericana e la figura di Malcolm X: vi si incontrano la moschea Masjid Malcolm Shabazz, che prende il nome dall’attivista e si fa riconoscere sin da lontano con la sua cupola verde a cipolla, e il coloratissimo Malcolm Shabass Harlem Market, molto simile ad un bazar. Gioielli, indumenti, tessuti e prodotti vari non vengono più smerciati illegalmente, all’oscuro dalla polizia: i mercanti, ormai famosi ad Harlem, pagano regolarmente le tasse per il loro esercizio e accettano il pagamento con carta di credito.
Tra Lenox Avenue e Mahnattan Avenue c’è il tratto conosciuto come Little Senegal, ovviamente occupato da immigrati senegalesi. Alcuni edifici ricordano la terra africana, come la Corinthian Baptist Church in stile moresco, e la St.Philip’s Church in mattoni e granito, una delle poche chiese progettate da un architetto di colore.

Ancora più a est e verso sud, al confine con il cosiddetto Upper East Side, si estende una zona che ha poco a che fare con la vera e propria Harlem, tant’è che al nome ufficiale, Spanish Harlem, spesso si preferisce il soprannome di El Barrio. Popolato a lungo da operai di origine italiana, il quartiere è oggi dominato dai portoricani e sta imparando a conoscere sempre più messicani; non ha ancora conosciuto, al contrario, un’opera di riqualificazione che si possa definire tale, e benché i miglioramenti stiano arrivando non lo si può definire un quartiere grazioso. Il cuore di El Barrio è La Marqueta, vecchio mercato di prodotti spagnoli ormai piuttosto decadente, mentre al Museo del Barrio ci si può fare un’idea più precisa della storia locale. Fondato alla fine degli anni Sessanta da una commissione di insegnanti e genitori, intenzionati a istruire i giovani sulle loro origini portoricane, il museo comprende il teatro Heckscher e mostre temporanee.

Si può scorrere velocemente su Adam Clayton Powell Jr. Boulevard, che un tempo ambiva a competere con la 125th Street come grande arteria commerciale, ma oggi si distingue per l’aspetto desolato e i graffiti sui muri fatiscenti. Merita invece un’occhiata l’Abyssinian Baptist Church, fondata da un gruppo di afroamericani ed etiopi e diventata una potenza nel 1908, quando vi predicava il reverendo Adam Clayton Powell Jr.
A est di Powell Boulevard si allunga Striver’s Row, letteralmente la strada “di quelli che si danno da fare”. Qui infatti, nelle villette a schiera più belle di Manhattan, abitavano i neri più ambiziosi, che lavorando sodo (ad esempio come facchini) avevano racimolato un piccolo tesoro e si erano concessi una residenza elegante e sobria allo stesso tempo.

Si arriva infine al margine occidentale di Harlem, detto Hamilton Heights, prevalentemente occupato da sedi universitarie, polmoni verdi e dimore signorili; il fiore all’occhiello è la zona detta Hamilton Heights Historic District, con i suoi edifici aristocratici in stile Beaux Arts o neoromanico. Convent Avenue è una bella strada curata, con aiuole fiorite e un’atmosfera tranquilla da sobborgo cittadino, che dopo una schiera composta di case conduce al City College, il campus fondato nel 1905 come scuola superiore per i meno abbienti.
Il bene storico più importante di Hamilton Heights è rappresentato dall’Hamilton Grange National Museum, casa privata di Alexander Hamilton fondata tra il 1802 e il 1804. L’abitazione del politico, militare ed economista statunitense fu spostata varie volte e oggi si trova al St. Nicholas Park (www.nps.gov/hagr/).

IL JAZZ E IL GOSPEL
La musica è da sempre la linfa vitale di Harlem: sono sopravvissuti sino ad oggi alcuni tra i locali storici del Jazz, e si rinnova ogni domenica la tradizione del canto Gospel. La storica Renaissance Ballroom, acquistata dall’Abyssinian Baptist Church, ha funzionato a lungo come rinomata sala da ballo e ha ospitato le esibizioni di grandi artisti come Chick Webb e Duke Ellington. Vanta una storia gloriosa anche lo Small’s Paradise, mentre si dice che alla Mintons Playhouse, al pianterreno del Cecil Hotel, sia nato il bebop. Infine il Cotton Club, il cui edificio originale fu demolito nel 1958, ha riaperto ad Harlem lungo la 125th Street e propone tuttora spettacoli serali di jazz e un brunch domenicale con accompagnamento gospel.

Ma sono le chiese a offrire il gospel più autentico, anche se ormai le visite legate a questo genere musicale sono diventate un vero e proprio business e i luoghi di culto, troppo spesso, si trasformano in affollati ritrovi per turisti. Si tratta pur sempre di esibizioni coinvolgenti ed esaltanti, da non perdere nonostante la loro commercializzazione. Il Gospel migliore potrete ascoltarlo all’Abyssinian Baptist Church, ma è anche il più gettonato dalle folle di visitatori insieme a quello della Metropolitan Baptist Church. La funzione religiosa è più sentita –e quindi più sobria- alla Mount Nebo Baptist Church, dove i turisti sono accolti benevolmente ma non ci si dimentica di dare importanza alla sacralità del gesto.

BAR E LOCALI
Se avete deciso di trascorrere ad Harlem una giornata intera o più, non fatevi mancare uno spuntino o un dopocena divertente in qualche locale. Per la sera è perfetto The Den (sulla 5th Avenue tra 131st Street e 132nd Street, tel: 212/234-3045), che propone musica jazz dal vivo e ottimi cocktail in un ambiente elegante; la musica è protagonista anche nel piccolo locale Showmans (375 W 125th Street, tel: 212-864-8941), dove i turisti si confondono con la gente del posto. Concerti gospel, R&B, reggae e jazz si tengono regolarmente da MoBay Uptown (17 W 125th Street, tel: 212-876-9300), un ristorante accogliente dove si preparano piatti caraibici e sudamericani e si servono birre per tutti i gusti. Infine Striver’s Lounge, che come suggerisce il nome è nei pressi di Strivers Row (2611 Frederick Douglass Blvd, tel: 212/491-4422), valido per la cucina genuina, le serate jazz e le letture poetiche.

INFORMAZIONI UTILI E TOUR GUIDATI
Per cominciare l’esplorazione di Harlem potete prendere la metropolitana della linea 2 o 3 sino a 125th Street.
Come già detto non è facile destreggiarsi da soli in una zona così estesa, ma se decidete comunque di spostarvi in autonomia limitatevi alle zone più battute, senza avventurarvi in angoli poco noti o poco frequentati: benché il quartiere sia molto più tranquillo che in passato, non è il caso di mostrarsi sprovveduti e di imbattersi in soggetti poco raccomandabili, specialmente di notte.

Se optate per un tour guidato avrete l’imbarazzo della scelta. Ecco i siti di alcune società che organizzano visite ad Harlem: www.harlemheritage.com, www.harlemspirituals.com (propone anche tour in elicottero, in battello ed escursioni fuori città) e www.harlemyourwaytours.com. I tour hanno temi vari e spesso prediligono i luoghi del Jazz e del Gospel.

 Pubblicato da il 26/04/2013 - 23.151 letture - ® Riproduzione vietata

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