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Il Museo Fram di Oslo: la nave e la storia delle spedizioni polari norvegesi

Il museo della nave polare Fram a Oslo permette di scoprire il periodo affascinanti delle esplorazioni e spedizioni polari che vide protagonista questa nave oggi esposta nel museo. Le imprese di Amundsen e Nansen rendono avvincente la visita.

Il Museo Fram (in norvegese Frammuseet), secondo più d'uno il museo più bello del paese, è situato sul molo della penisola di Bygdøy nei pressi di Oslo e rende omaggio agli esploratori norvegesi, in particolare a Fritjof Nansen, Otto Sverdrup e Roald Amudsen, autori di spedizioni polari temerarie. Il museo prende nome dalla nave Fram, utilizzata per tre spedizioni e ora ospitata all'interno di questo edificio dalla struttura triangolare, che ospita anche la più piccola nave Gjøa.

Il materiale raccolto proviene principalmente da otto importanti spedizioni. La prima è quella che vide, tra gli altri, Nansen e Svedrup attraversare su sci la Groenlandia. I sei uomini impiegarono sei settimane per percorrere 560 km e salire fino alla quota di 3.000 metri prima di giungere sulla costa orientale e dover poi passare l’inverno a Godthab, in attesa di una nave. Fu durante questa spedizione che Nansen, grazie al ritrovamento al largo della grande isola danese dei reperti del naufragio della nave statunitense Jeannette che era affondata sulla costa siberiana, maturò la convinzione dell’esistenza di una corrente artica che partiva dalla Siberia e raggiungeva la Groenlandia passando per il Polo Nord, sfruttando la quale sarebbe potuto arrivare a ridosso del Polo Nord.

La seconda spedizione la possiamo definire la “madre di tutte le spedizioni polari”. Nansen fece costruire la Fram da Colin Archer in modo che resistesse alla pressione del ghiaccio e, all’occorrenza, potesse andarci sopra. La rifornì di viveri per sei anni e carburante per ulteriori due e, contrariamente alle usanze del tempo, la dotò di un equipaggio ridotto ma molto ben addestrato. Partì da Oslo il 24 giugno 1893 e, una volta nel mar Glaciale Artico orientale, la fece incagliare nel pack e la lasciò andare alla deriva. Dopo più di un anno di lentissima navigazione calcolò che sarebbero stati necessari altri cinque anni e decise di cambiare strategia, provando a raggiungere il Polo via terra. Nansen capì che un uomo con gli sci aveva la stessa velocità di una slitta, cosa che permetteva di aumentare i carichi e individuò nel fuochista Fredrick Hjalmar Johansen il compagno ideale per il tentativo. Il 14 marzo i due scesero a terra e partirono verso l’ignoto con tre slitte, lasciando a Svendrup il comando della nave. Ma dopo un inizio relativamente facile il ghiaccio divenne irregolare e rallentò molto l'andatura. In più ci si misero le misurazioni contrastanti che fecero capire che il ghiaccio aveva una deriva che li allontanava dal Polo Nord. Dovettero arrendersi e tentare di raggiungere la Terra di Francesco Giuseppe, la cui mappatura di quel tempo era assai approssimativa. La latitudine registrata all’ultimo campo fu 86°13’N, di oltre 300 km più vicina al Polo Nord del più riuscito tentativo precedente dello statunitense Adolphus Greely.

Il viaggio verso la civiltà non fu meno avventuroso. Inizialmente procedettero a buon ritmo ma poi entrambi gli orologi smisero di funzionare, un problema che i due sottovalutarono, perché non furono più in grado di calcolare la rotta precisa. Con l’avvicinarsi della stagione calda, il terreno divenne sempre più difficile da percorrere, con vaste zone d’acqua da aggirare. A fine aprile cominciarono a uccidere i cani a intervalli regolari, in modo da sfamare gli altri: a giugno ne rimanevano solo 7 degli originali 28. Quando, secondo i loro calcoli, ritennero di essere a meno di 100 km da Fligely, abbandonarono l’equipaggiamento, contando di procurarsi il cibo cacciando uccelli e foche. Si accamparono su un lastrone di ghiaccio per un mese, sopravvissero all’attacco di un orso bianco e infine giunsero al bordo del ghiaccio. Uccisero gli ultimi due cani e con i kayak raggiunsero la Terra di Francesco Giuseppe solo per scoprire, a differenza di quanto si credeva, che si trattava di un arcipelago. Navigarono per settimane tra venti contrari e pericoloso ghiaccio sottile al punto che Nansen, preoccupato dell’inverno polare in arrivo, decise di accamparsi in attesa della primavera successiva. In un'isola sconosciuta costruirono un piccolo rifugio e vi passarono 8 mesi cibandosi con la caccia. A maggio del 1896 ripartirono e il 17 giugno, mentre si stava preparando a partire, a Nansen parve di sentire abbaiare un cane. Andò a controllare e si imbatté nell’inglese Frederick George Jackson che aveva organizzato una spedizione nella Terra di Francesco Giuseppe, dopo che Nansen l’aveva scartato qualche tempo prima per l’equipaggio della Fram. Nansen battezzò in suo onore Isola di Jackson il posto in cui si era accampato l’inverno precedente. Erano passati tre anni e ormai tutti ritenevano Nansen e Johansen morti. In tutto questo tempo la Fram era rimasta intrappolata nel ghiaccio fino a quando, a giugno del 1896, si formò un canale libero nel ghiaccio e la nave poté muoversi. Il 13 agosto si trovò in acque aperte, poco distante da Spitsbergen, dove Nansen aveva previsto che la corrente li avrebbe portati. Ad agosto l’equipaggio si riunì e a settembre, a bordo della Fram, fece un trionfale ritorno a Oslo, acclamato dalla folla. Al di là del record di avvicinamento al polo, questa spedizione stabilì gli standard per le spedizioni future, contribuendo non solo a completare la mappatura dell’area ma fornendo importantissimi dati scientifici e migliorando nettamente tecniche ed equipaggiamenti.

La terza spedizione – nata sull’onda dell’entusiasmo popolare suscitato da quella precedente - si tenne tra il 1898 e il 1902. La Fram, capitanata da Svedrup e da lui migliorata alla luce delle esperienze fatte nella spedizione precedente, con un equipaggio di 16 uomini, portò a termine un vasto programma di mappatura e rilevazioni scientifiche a nord-ovest della Groenlandia e fra le isole artiche del Canada. Durante tale spedizione s’imbatté nell’americano Robert Peary, colui che qualche anno dopo si auto attribuì il primo uomo a raggiungere il Polo Nord, ma per evitare qualsiasi competizione girò la prua in direzione opposta. La spedizione, avvalendosi anche di lunghi viaggi in slitta, raccolse una quantità sensazionale di dati scientifici raccogliendo migliaia di campioni di piante, circa 2000 diversi animali in vasetti di vetro, grandi quantità di plancton, rocce e fossili nonché rilevazioni sul ghiaccio, le temperature e il magnetismo.

La spedizione sulla nave Gjøa è passata ai posteri perché fu la prima a percorrere, tra il 1903 e il 1906, il famoso Passaggio a Nord Ovest, la rotta che collega l’Oceano Atlantico all’Oceano pacifico attraversando l’arcipelago artico del Canada. La spedizione venne condotta da Roald Amunden, considerato il più grande esploratore polare di tutti i tempi. Amundsen comprò la Gjøa, un peschereccio per le aringhe piuttosto piccolo, di tasca sua ma quando si rese conto che per organizzare tutto necessitava di ulteriori fondi, dovette a malincuore, lui così riservato sulle sue intenzioni, parlare dei suoi progetti ai possibili finanziatori. Quando si sentì pronto salpò in fretta e furia insieme a 6 uomini di equipaggio, anche per sfuggire ai creditori. Rimase bloccato dal ghiaccio per quasi due anni sull’Isola di Re Gugliemo ma completò il viaggio in tre anni. Raggiunto il traguardo nei pressi dell’Isola di Herschel, Amundsen percorse ben 800 km sugli sci, e altrettanti al ritorno, per raggiungere la città di Eagle, in Alaska, dove c’era il più vicino telegrafo e annunciare la riuscita del suo progetto.

Dopo tale impresa, ad Amundsen venne concesso l’utilizzo della Fram. Il suo progetto prevedeva di andare ancora più a nord di quanto aveva fatto Nansen, con l’intento di raggiungere il Polo Nord e pure sorpassarlo, se possibile. Ma nel 1909 divenne nota in tutto il mondo la disputa fra Cook e Peary su chi per primo aveva raggiunto il Polo Nord e Amundsen decise di provarci con il non ancora conquistato Polo Sud. Per essere sicuro che nessuno lo venisse a sapere, lasciò credere al suo equipaggio che sarebbero andati a nord, comunicando il cambiamento di programma solamente una volta in mare. L’equipaggio rimase sorpreso ma nessuno si tirò indietro. Quando Amundsen annunciò la cosa al mondo, la cosa fece scalpore soprattutto in Gran Bretagna, dove Robert Falcon Scott stava organizzando una pubblicizzata spedizione con la stessa meta. Amundsen raggiunse la Baia delle Balene, fece costruire una base e si procacciò cibo in quantità, uccidendo circa 200 foche. Poi cominciò la fase di esplorazione e di collocamento del cibo nei depositi lungo il percorso, in modo da viaggiare leggero e avere punti di appoggio. Il drappello di cinque uomini dapprima dovette scalare un ghiacciaio alto 3.200, poi raggiunse il Polo Sud il 14 dicembre 1911, 35 giorni prima della spedizione di Scott, che perì insieme ai membri della sua spedizione nella marcia di ritorno.

La spedizione successiva si tenne a bordo della nuova nave Maud, con Amundsen e Svedrup e altri nove uomini, con l’intento di raggiungere il Polo Nord affidandosi, come Nansen, alla deriva del ghiaccio, eventualmente coprendo con le slitte la parte finale. Stavolta però l’intenzione era quello di farlo dal Passaggio di Nord Est, già attraversato per la prima volta nel 1878 dallo scandinavo Nordenskiöld. Il ghiaccio però divenne così spesso che divenne impossibile liberare la nave, nonostante fosse stata costruita con tutti gli accorgimenti conosciuti all’epoca. Una parte dell’equipaggio decise quindi di provare a raggiungere l’Alaska con le slitte – un viaggio di circa 1000 km – ma quando videro che lo Stretto di Bering non era coperto da un ghiaccio che avrebbe potuto sopportare il loro peso, tornarono indietro. Dopo due anni bloccati nel ghiaccio, finalmente la nave si sbloccò, arrivarono in Alaska ma il mancato raggiungimento dei risultati aveva creato malumore e alla ripartenza solo tre uomini dell’equipaggio tornarono sulla nave. Amundsen fu comunque, assieme al compagno Hanssen, il primo a completare sia il Passaggio a Nord Ovest che quello a Nord Est. La Maud tentò di nuovo di raggiungere il Polo Nord ma altri problemi impedirono la realizzazione dei progetti fino a quando giunsero a Seattle dove Amundsen, a corto di finanze, cambiò i suoi piani: ora il Polo Nord voleva raggiungerlo in volo, non più via nave o slitta.

Fu così che l’esploratore s’imbarcò in una nuova difficile impresa: aveva studiato un progetto per raggiungere il Polo Nord a bordo di due aerei Dornier Wal, per acquistare i quali però non aveva le finanze necessarie. Quando ormai stava per arrendersi ricevette la telefonata di Lincoln Ellsworth, figlio di un miliardario americano che da tempo sognava, e si preparava, per una spedizione polare. I due velivoli, chiamati N24 e N25, partirono dalle Isole Svalbard il 21 maggio 1925 e otto ore dopo atterrarono a 87°43’N. Nell’atterraggio l’N24 aveva riportato dei danni e fu chiaro che andava abbandonato. Ma decollare con 6 persone invece di 3 con l’N25 su del ghiaccio non era impresa facile e ci volle quasi un mese per creare una pista di decollo adatta, che spesso i movimenti del ghiaccio costringevano a rifare. Dopo aver dormito nella carlinghe e col cibo razionato, il 15 giugno riuscirono finalmente a decollare ma, avendo carburante solo per circa otto ore, tornarono verso le Isole Svalbard senza provare a sorvolare il Polo Nord.

L’ultima spedizione riguarda anche noi italiani, perché è quella del Norge, il dirigibile costruito da Umberto Nobile. Dopo le tappe di avvicinamento, assieme al comandante italiano sull'aeromobile presero posto 8 norvegesi, tra cui Amundsen, l'americano Ellsworth ancora una volta prezioso finanziatore, un meteorologo svedese e 5 italiani, più la celeberrima Titina, l'inseparabile cagnolina di Nobile. L'11 maggio 1926 il dirigibile, dopo aver atteso condizioni meteo favorevoli, lasciò Ny-Alesund nelle Isole Svalbard e il giorno successivo, alle 1:30 sorvolò il Polo Nord. Dal dirigibile vennero lanciate le bandiere di Italia, Norvegia e Stati Uniti. A parte Cook e Peary sul cui raggiungimento del Polo Nord non ci sono prove, anzi, gli aviatori statunitensi Byrd e Bennet sostennero di aver sorvolato il Polo Nord tre giorni prima del Norge, in seguito rivelatosi una falsità. Umberto Nobile avrebbe poi sorvolato il Polo Nord una seconda volta due anni più tardi in quella tragica spedizione col dirigibile Italia che costò la vita a parte dell'equipaggio e pure ad Amundsen, che col suo idrovolante perì nel tentativo di andarlo a salvare.

Il museo dispone di moltissimi pannelli esplicativi, proietta un film di un 15 minuti circa, utilizza tablet in una dozzina di lingue diverse ed è molto interattivo, quindi apprezzato anche dai visitatori più giovani. Oltre alle due navi maggiori, ospita anche navi e barche più piccole nonché modellini. Il materiale in esposizione è molto vario: strumenti di navigazione e scientifici, disegni tecnici, mappe con le rotte, capi di abbigliamento originale e immagini di animali polari come orsi bianchi e pinguini. Un ultimo tocco di classe: ogni 20 minuti sul soffitto viene proiettata l'aurora boreale.

Accesso
Gli orari di apertura sono i seguenti: da ottobre ad aprile 10:00-16:00, maggio 10:00-17:00, da giugno ad agosto 09:00-18:00, settembre 10:00-17:00. Non ci sono giorni di chiusura e il tempo consigliato di visita è di almeno 60 minuti. Il costo di un biglietto normale è di 1oo corone, 40 per bambini e studenti, 70 per i senior e per i gruppi superiori a 15 persone, una famiglia composta al massimo da 3 adulti e due bambini paga 200. L'ingresso è gratuito per chi ha la Oslo Pass. Il sito del museo www.frammuseum.no/Home.aspx, disponibile anche in inglese, contiene dettagliate biografie e resoconti dei personaggi e delle spedizioni più importanti.

 Pubblicato da il 25/03/2016 - 7.982 letture - ® Riproduzione vietata

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