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Il Museo del Novecento nel Palazzo dell'Arengario in Piazza Duomo a Milano

Il museo del Novecento ('900) è uno dei più importanti d'Italia e si trova all'interno del Palazzo dell'Arengario in Piazza Duomo. La ristrutturazione dell'edificio razionalista è opera di Italo Rota. All'interno il famoso Quarto Stato, e opere di import.

Inaugurato in grande stile nel dicembre del 2010, il Museo del Novecento di Milano è ormai una realtà museale tra le più importanti non solo del capoluogo lombardo ma dell’intero panorama nazionale. L’esposizione, allestita nella splendida cornice di Palazzo dell’Arengario in Piazza Duomo, sublima nel connubio perfetto che intercorre tra le opere in mostra ed il percorso espositivo, accuratamente studiato nei minimi dettagli dall’architetto Italo Rota. Il risultato è un museo che, come evidenziato dal nome, celebra capolavori italiani e stranieri del XX secolo inseriti in un contesto di pregio, suggestivo e affascinante, anche grazie alle numerose prospettive offerte sulla piazza sottostante e sulle guglie marmoree del Duomo.

La genesi del Museo del Novecento è piuttosto lunga e affonda le radici in tempi non sospetti. Gran parte delle opere esposte al suo interno faceva parte della collezione del CIMAC (Civico Museo di Arte Contemporanea), il museo di Palazzo Reale chiuso al pubblico nel 1998 proprio a causa dei lavori condotti all’interno dell’edificio. Due anni più tardi, nel 2000, fu ratificato il bando di concorso per l’assegnazione dei lavori di ristrutturazione del vecchio Arengario, l’edificio razionalista progettato negli anni ’30 dal team di architetti composto da Portaluppi, Griffini, Muzio e Magistretti; tale recupero fu concepito proprio nell’ottica di trovare una precisa collocazione per la più vasta collezione di arte moderna del capoluogo. Ad avere la meglio fu il gruppo capitanato dall’architetto Italo Rota che, dopo la stesura del progetto, impiegò circa tre anni (e quasi 30 milioni di euro) per completare il cantiere, a cui seguì l’inaugurazione del 6 dicembre 2010.

L’idea alla base del progetto di recupero e riconversione in museo dell’Arengario muove da un concetto tanto semplice quanto efficace: mantenere sostanzialmente inalterato l’aspetto esteriore del palazzo, interessato da semplici opere di restauro conservativo, concentrando i lavori di modernizzazione al suo interno. Qui, anche grazie al lavoro di studio, riordino e catalogazione delle opere condotto a partire dalla chiusura del CIMAC, l’architetto è stato capace di progettare un percorso espositivo del tutto nuovo, articolato attraverso numerosi salti di quota tra i piani dell’Arengario, che culmina nello spettacolare salone vetrato dedicato a Lucio Fontana e nel passaggio mediante una passerella sospesa alle sale attigue di Palazzo Reale.

Andiamo con ordine; l’ingresso principale si trova in via Guglielmo Marconi, ma è possibile accedere alla biglietteria anche dall’ampio cortile antistante Palazzo Reale. La prima sorpresa è l’ampia rampa a spirale che mette in comunicazione la lobby e il bookshop al piano terra con l’inizio vero e proprio della mostra al primo livello. Nel mezzo, durante la salita, si trova una delle opere simbolo della città che, proprio per questo motivo, è stata collocata prima dell’inizio della collezione, così da renderla visibile anche gratuitamente a tutti coloro che ne avessero voglia. Stiamo parlando de il “Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo, l’enorme dipinto del 1901 raffigurante la marcia di un gruppo di lavoratori in sciopero.

Raggiunto l’ingresso del museo ci si addentra tra i mirabili capolavori della collezione permanente, di cui sono state selezionate circa 400 opere delle quasi 4.000 a disposizione delle Civiche Raccolte d’Arte milanesi. All’inizio del percorso trovano posto i dipinti della Collezione Jucker, l’eterogenea raccolta di lavori di inizio Novecento che abbraccia maestri quali Picasso (Le bouteille de Bass), Modigliani (Ritratto di Paul Guillaume), Klee (Wald Bau), Mondrian (Faro a Westkapelle) e Kandinskij (Composizione). Subito dopo si apre un’ampia ed esaustiva panoramica dedicata al futurismo italiano e a personaggi quali Giacomo Balla (Ragazza che Corre sul Balcone), Giorgio Morandi (Natura morta con manichino) e Umberto Boccioni (Forme uniche della continuità nello spazio). A completare l’allestimento del primo livello è una graziosa saletta monografica dedicata a Giorgio Morandi, seguita da un paio di ambienti analoghi disposti rispettivamente all’ammezzato e all’inizio del secondo livello incentrati sulle figure di Giorgio de Chirico e Arturo Martini.

Del secondo livello fanno parte un importante nucleo di gessi firmati Fausto Melotti e preziose testimonianze di arte astratta, ma è varcando la soglia del grande salone a doppia altezza imperniato sull’opera di Lucio Fontana che si resta letteralmente a bocca aperta. Oltre a numerose opere provenienti dalla Collezione Boschi Di Stefano, nel salone spiccano la “Struttura al neon” progettata per la IX Triennale di Milano del 1951, e visibile anche dalla piazza sottostante, e il “Soffitto spaziale”, concepito nel 1956 per la sala da pranzo dell’Hotel del Golfo sull’Isola d’Elba. In questo ambiente il fascino delle opere del maestro italo-argentino si mescola a quello del contesto, regalando emozioni uniche e sempre diverse a seconda della luce che filtra dalle enormi vetrate.

Ancora abbagliati dal fascino della sala di Lucio Fontana si passano in rassegna alcune opere informali degli anni ’50 e ‘60, prima di trovarsi dinanzi ad uno dei pezzi più controversi di tutto il museo: la celebre “Merda d’artista” di Piero Manzoni del 1961. Successivamente si attraversa la nuova passerella di collegamento tra l’Arengario e Palazzo Reale, dove sono stati collocati reperti più recenti, installazioni di arte povera e nuove figurazioni concepite per stimolare le percezioni sensoriali. Infine, sempre al secondo piano della Villa Reale, è da non perdere la pittoresca collezione imperniata sulle opere di Marino Marini, il celebre scultore toscano, ma milanese di adozione, di cui sono esposte una trentina di opere raffiguranti alcuni amici quali Filippo de Pisis, Carlo Carrà, Igor Stravinsky e Nelson Rockefeller.

Informazioni utili
Il Museo del Novecento è aperto tutti i giorni: lunedì dalle 14.30 alle 19.30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30, giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30, tenendo presente che l’ultimo ingresso avviene un’ora prima dell’orario di chiusura.
Il prezzo del biglietto intero è pari a 5 euro, il ridotto è 3 e i ragazzi al di sotto dei 25 anni entrano gratis. Il modo più rapido per raggiungere il museo coi mezzi pubblici è prendere la metro e scendere alla fermata “Duomo”, servita sia dalla linea M1 (rossa) che dalla M3 (gialla), ma in alternativa si può scegliere tra varie linee di tram e autobus. Per maggiori informazioni e per conoscere le date delle mostre temporanee potete cliccare www.museodelnovecento.org


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 Pubblicato da il 25/04/2016 - 11.425 letture - ® Riproduzione vietata

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