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Visita agli scavi archeologici di Pompei: guida alla cittą sepolta e alla sua storia

Comprare il biglietto per gli scavi di Pompei consente di vivere la storia dell'Eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo, una tragedia colossale che ha regalato all'umanitą un sito archeologico straordinario.

E’ come guardare dal buco della serratura. Solo che dietro la porta c’è una città. E quello che si vede viene dal passato. Fidatevi: nonostante i quasi duemila anni vi toglierà il fiato. Perché la prima visita a Pompei è qualcosa che non si dimentica più. Solo qui, infatti, è possibile entrare nelle case e vivere i giorni di uomini e donne che ci hanno preceduto. E che, spazzati dal fiato caldo di un vulcano irritato e feroce, hanno lasciato tutto com’era. Come se fossero usciti da casa, solo per un attimo, magari per godersi il tuffo del sole al tramonto sul golfo di Napoli.

Pompei è questo: un pezzo di storia, e soprattutto di vita quotidiana, cristallizzato, un fermo immagine dall’antichità che il mondo ovviamente ammira (è Patrimonio dell’Unesco dal 1997) e che offre a noi la possibilità di fare un salto nel tempo. Specchiandoci nelle gioie, nei trionfi, nelle paure e nelle piccolezze degli uomini. Sempre gli stessi: che sia l’oggi o il 79 d.C.

Un po’ di storia

Pompei, lo sanno tutti, è stata distrutta da un'eruzione del Vesuvio nel 79. Ma la sua storia, se allora si è fermata, è ripartita nel 1748 grazie a Carlo III di Borbone dopo che per caso erano tornate alla luce tracce di Ercolano, l’altra città gemella sepolta dall’eruzione. Ma i primi tempi gli scavi non trovarono tesori. E per qualche decennio gli unici reperti furono monete e promesse sbrecciate di muro. Ma dal 1763 i lavori ripresero con più vigore e dalla terra iniziarono a spuntare case e teatri e templi. Insomma, la città che ancora oggi ci regala sorprese. E purtroppo, talvolta, crolli. Gli scavi sono proseguiti, infatti, fino al nostro millennio e anche adesso si lavora intensamente. Questo può provocare qualche problema al visitatore che potrebbe trovare chiusa, o non visitabile integralmente, una casa o un edificio. E’ vero: ma molto altro c’è sempre e comunque da vedere. Tanto che per la maggior parte delle persone, e ogni anni sono oltre due milioni, Pompei resta un assaggio. Che fa venir voglia di tornare.

La visita completa della città richiederebbe almeno due o tre giorni. Un tempo, per molti, improponibile ma è possibile organizzarsi un proprio percorso che va da poche ore a un’intera giornata. Comunque abbastanza da farsi affascinare. Prima però una doverosa avvertenza: sappiate che c’è molto da camminare. E, soprattutto d’estate, qui fa caldo.

L’itinerario di visita

Pompei era una città. Una grande città. Aveva, secondo le ricostruzioni degli archeologi, circa ventimila abitanti. Se pensate che l’attuale insediamento moderno ne ha ventiseimila capirete quale fosse l’importanza nel passato. Per questo, per visitarla, si possono scegliere due vie. La prima, più romantica, suggerisce di affidarsi al caso. Ovvero entrare, smettere di guardare l’orologio e cercare di perdersi nelle strade, facendosi irretire e chiamare dalle antiche pietre. Insomma, la sorpresa e il caso al posto della guida. La seconda, forse più razionale prevede un itinerario che sfiori i resti più affascinanti e particolari. Ma sia chiaro: serve almeno una giornata.

Tempio di Apollo
La strada che sceglieremo è quella che parte dalla Porta Marina, facilmente raggiungibile. Una delle prime strutture che visiteremo è il tempio di Apollo. E’ forse tra i più antichi della città, risalente in origine al 550 a.C. e poi più volte rimaneggiato. Non dimentichiamo infatti che la Pompei che noi conosciamo era quella romana. Ma prima, per secoli, questa zona era stata abitata e qui, essendo un comodo crocevia di strade, sono passati tutti. E il loro ricordo si è stratificato. Nel caso del tempio di Apollo resta la struttura in tufo con le colonne a metà tra lo ionico e il dorico e la scala che conduce alla parte sopraelevata. Se potete ammirate il pavimento: brilla ancora dopo duemila anni. Più sotto le statue, ovviamente, di Apollo e Diana. E una meridiana di epoca romana. Piace pensare che come un orologio rotto, segni ancora l’ora fatale del 79 d.C.

Il Foro
Proseguendo il cammino, si arriva al Foro, come sempre il punto centrale della città romana. Era, e in qualche modo è ancora, una grande piazza circondata da archi dove stavano le statue di dei e benefattori. Sono andate perdute: a riprova che la memoria del bene spesso sparisce. Restano però tre archi in marmo e intorno gli edifici pubblici come la Basilica, una imponente struttura di cinquantacinque metri di lunghezza aperta su un portico dove si svolgevano le trattative commerciali ma soprattutto si celebrava la legge. E per togliere ogni dubbio agli archeologi moderni c’è anche un graffito sul muro che lo ricorda senza dubbio. Inoltre, sempre nella stessa area, si trova anche la cosiddetta Mensa Ponderaria. Guardatela con attenzione: era il luogo dove si controllava che nessuno facesse il furbo e imbrogliasse nei commerci. Qui, infatti si certificavano le misure di peso e di capacità in modo che chi comprasse vino e frumento non si trovasse truffato da qualche disonesto. Ed è inutile dire quanto fossero attenti a questi aspetti i romani.

Edificio di Eumachia
Proseguiamo il viaggio nel tempo. E dal palazzo della giustizia arriviamo al luogo degli affari. Almeno secondo il parere di molti archeologi. L’edificio di Eumachia potrebbe essere stato infatti il mercato della lana, con tanto di deposito sotterraneo e sede dei fullones: né più né meno dei nostri lavandai odierni. E’ un palazzo imponente e per questo altri studiosi gli attribuiscono il ruolo di basilica dove, comunque si trovavano gli uomini d’affari. Il business non è certo una nostra invenzione. Di certo era ricco e ben decorato: abbiamo ancora i marmi sulle pareti e le statue. Quella che raffigura Eumachia ora è conservata al museo Archeologico di Napoli. E il panneggio delle sue vesti è tanto leggero che pare impossibile sia stato scolpito nel marmo.

Tempio di Vespasiano
Dopo gli affari la devozione: almeno secondo lo stile dei Romani che non perdevano occasione per celebrare il genio dei loro imperatori. Questo tempio in realtà, al momento della eruzione, era ancora in fase di restauro dopo il terremoto del 62 d.C. E infatti ha alcuni dettagli che mostrano come fosse stato ricostruito da poco e mancassero ancora le finiture come il pavimento di marmo e gli stucchi. In compenso c’era, sul fondo della struttura centrale, la cella con la statua in bronzo dell’imperatore e un altare riccamente lavorato. Si vede una scena di sacrificio, dei suonatori, un toro e un sacerdote: è come una foto che ferma quella che era la prassi del tempo. E che senza questi regali preservati dalla lava avremmo perduto.

Proprio a fianco un altro edificio pubblico: il santuario dei Lari Pubblici. I lari erano i numi tutelari della città e questo spiega il perché della costruzione di questo edificio lungo più di venti metri. Era sempre meglio blandire le divinità che dovevano proteggere la collettività; visto come è andato a finire evidentemente non è servito a molto.

Il tempio di Giove
Anche questo tempio ha origine molto antica, si dice addirittura che risalga al 250 a.C. Con l’arrivo dei romani l’originaria dedica al solo Giove venne allargata anche a Giunone e Marte. Tuttavia fu a sua volta molto danneggiato dal terremoto del 62 pur rimanendo, con ogni probabilità, il tempio più importante di Pompei. Anche per questo nella grande struttura, era lungo trentasette metri, in alcune navate erano stati ricavati dei vani dove forse i sacerdoti conservavano oggetti o il tesoro della città. Una cosa è sicura: ai lati della gradinata c’erano due statue equestri. Lo dimostra un affresco trovato in una casa rimasta a sua volta sepolta. Quasi fosse una foto di ciò che il padrone vedeva dalla sua finestra.

Il macellum
Dopo luoghi pubblici e aree sacre ecco il mercato. Il macellum infatti era il posto dove si svolgeva, prevalentemente, la vendita del carne e del pesce. La pianta era semplice, classico esempio della concretezza romana: c’erano infatti allineate le tabernae, ovvero le botteghe e non erano messe a caso. A ovest stavano i cambiavalute, a nord, meno esposte al caldo, quelle degli alimentari e dei profumieri. Questo lo sappiamo perché su un muro si vede una iscrizione elettorale di un candidato che cercava voti vantando la sua professione appunto di profumiere– la politica non è cambiata tanto da allora – ma soprattutto alimenti ancora conservati nelle anfore. Ci sono fichi e uva che ora sono al Museo di Napoli. Quasi che fosse un pezzo di merenda dell’antichità. Non solo: sulle pareti si trovano affreschi ancora ben visibili. Forse servivano a abbellire la stanza dove l’imperatore svolgeva i suoi banchetti. Le figure bevono vino e suonano la lira: una perfetta immagina da ozio imperiale.

Le terme del Foro
Non si può pensare alla vita dei romani senza le terme. Allora l'acqua non arrivava in ogni casa e quindi era normale andare alle piscine termali. Ma non era solo un fatto igienico: ci si andava anche per fare PR, vedere gli amici e spettegolare. Oltre che per fare ginnastica e farsi belli. C’era ovviamente un biglietto di ingresso e poi servizi extra. Chi voleva un massaggio o profumi pagava di più . Queste terme furono costruite nel primo secolo a.C. e sono splendidamente conservate: ci sono la sezione maschile e quella femminile e le varie aree della struttura. Prima gli spogliatoi con gli armadietti quindi le sale del frigidarium, del tepidarium ed il calidarium con la piscina. Nulla da invidiare insomma ad una spa moderna visto che c’era pure una ciclopica cisterna per i periodi di siccità.

Casa del Fauno
Dopo templi, mercati, aule e terme è ora di bussare la porta. Ed entrare in casa. Per la precisione nella casa del Fauno, uno straordinario edificio, uno dei più grandi della città, che prende il nome da una statua di un satiro posto nel cortile. E’ un esempio unico di una grande casa romana arrivata a noi in condizioni eccellenti: si possono ancora vedere gli spazi dove stavano preziosissimi mosaici, ora conservati a Napoli, e nelle sue stanze furono ritrovati gioielli in oro e argento. A riprova che chi poteva permettersi una casa di migliaia di metri quadri era certamente ricco. Un ulteriore indizio: questa casa aveva le terme personali all’interno. Uno sfarzo da vero miliardario.
In genere le case dei signori dell’epoca avevano un ampio cortile con al centro una vasca per la raccolta dell’acqua piovana. Tutto intorno poi all’atrio si aprivano le stanze vere e proprie, sia per la notte sia per il giorno. Alle spalle poi, lungo un corridoio si raggiungeva il giardino e ovunque, a seconda della ricchezza del padrone si potevano trovare mosaici, statue, fontane e persino giochi d’acqua. Farsi vedere ricchi non era certo considerato di cattivo gusto allora.

Il lupanare
Pompei non era solo grande. Era anche vivace. E come ogni città dell’epoca offriva sfoghi anche piuttosto carnali ai suoi abitanti. Tra questi i bordelli. E ancora oggi è possibile visitare il cosiddetto lupanare, ovvero il bordello più grande e organizzato della città. Al piano basso e al primo ci sono cinque stanze usate per gli incontri e le pareti portano eloquenti segni di cosa accadesse all’interno sotto forma di espliciti disegni che oggi diremmo quasi porno. Nel lupanare lavoravano schiave e il prezzo degli incontri (secondo quanto riferito dagli autori dell’epoca) era di circa otto assi (la moneta un uso). Il guadagno, è ovvio, andava tutto al gestore del bordello.

Teatri
I romani, si sa, amavano il teatro. E Pompei ci permette di vedere come fossero organizzati. Il Teatro Grande è stato costruito sul fianco di una collina per sfruttarne la pendenza e assomiglia molto ai modelli ellenistici. In più sullo sfondo garantisce uno splendido panorama sulla campagna circostante. Ha la forma a ferro di cavallo e poteva ospitare la bellezza di cinquemila spettatori. Alcuni, più importanti, avevano il loro spazio riservato magari con pareti in marmo e una migliore vista sulla scena. Sul palcoscenico poi, provvisto di una specie di sipario, c’erano anche scene in muratura e spazi per gli attrezzisti. Non solo: d’estate il sole picchia duro e per questo il teatro veniva coperto da veli. Per permettere al pubblico di stare più fresco.

Una forma analoga, ma con dimensioni minori l’aveva il cosiddetto Teatro Piccolo. Poteva ospitare circa milletrecento persone e aveva una forma a semicerchio imperfetta: lo scopo era quello di permettere la costruzione di un tetto che migliorasse l’acustica. Anche qui il sipario proteggeva la scena prima dell’inizio dello spettacolo ed è particolare la forma dei sedili in tufo per il pubblico. Probabilmente erano più comodi di quelli di molti moderni spazi da concerti.

Casa dei Dioscuri
E’ una delle case più grandi e decorate: e prende il nome da un affresco che raffigura appunto Castore e Polluce (che oggi per precauzione si trova nel museo di Napoli). La struttura molto ben conservata nasce probabilmente dall’unione di diversi edifici fusi durante il periodo di Augusto. Come sempre la prima area è l’atrio con dodici colonne che sorreggono il tetto. Nelle varie stanze che si aprono intorno ci sono molti pannelli dipinti con vari soggetti quasi sempre mitologici. Affascinano ancora oggi le nature morte alle pareti: i colori e la forza del disegno hanno superato venti secoli. Ma sanno ancora sbalordire.

Casa di Meleagro
Un’altra abitazione di lusso che merita la visita per scoprire come fossero i pavimenti delle domus di Pompei. Il nome viene da una pittura che si trovava vicino all’ingresso e che rappresentava appunto Meleagro con Atalanta che però ha perso molto della sua vivacità. Molto meglio conservati invece gli ambienti della casa, a partire dal soggiorno con colonne. Si tratta di una rarità a Pompei ma era molto in voga in certi ambienti ellenistici a riprova della volontà del dominus di stupire e apparire raffinato. I pavimenti dell’atrio sono ancora quelli dell’epoca repubblicana e ci regalano una splendida distesa di tessere candide.

Villa dei Misteri
Cominciate ad essere stanchi? E’ normale. Pompei ha molto da offrire e la voglia di vedere è tanta. Ma ormai comincia ad essere il tempo di pensare ad una sosta e ad un assaggio di mozzarella o ad una pizza. Prima però, imperdibile, aspetta la villa dei Misteri. E’ poche centinaia di metri fuori dalle mura di Pompei ma è una delle più celebri grazie al ciclo di affreschi che rappresentano riti misterici. E da qui viene il nome.
E’ una delle casa ritrovate più recentemente, solo nel 1910, e ci sarebbe ancora una piccola parte dell’edificio da scavare. Tuttavia sappiamo bene che venne costruita nell’epoca augustea ed era la classica abitazione destinata all’otium: ovvero il riposo del padrone che poteva contare su grandi sale e giardini anche sospesi. E soprattutto, grazie alla posizione sopraelevata, sulla vista sul golfo di Napoli.

Ma quello che affascina di più noi moderni sono gli affreschi di stile greco che si trovano nelle stanze oltre il cortile. Si tratta di un complesso ciclo di dipinti che raffigurano varie figure impegnate appunto forse in un rito o in un matrimonio. Alcune immagini sono di difficile interpretazione come la scena della flagellazione ma la conclusione è certo più solare con una danza di una donna e di una sacerdotessa. Un’opera che, come detto all’inizio ci permette di vedere dal buco della serratura una intimità perduta. Vecchia di duemila anni.

Scene di vita e di fantasia che oggi ci affasciano anche se non si può mai dimenticare che tutto questo è arrivato a noi dopo una delle più terribile tragedie naturali della nostra storia: l’eruzione del vulcano. Un dramma che ha però permesso di salvare le strade e le case di Pompei e farle arrivare a noi. Come scrive GoetheMolte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità”. Poi dopo essersi dilungato a parlare della sua meraviglia, che è anche la nostra, l’ultimo commento: Credo sia difficile al mondo vedere qualcosa di più interessante”.

Informazioni utili, date, orari e prezzi dei biglietti

Orari del sito
Dal 1 aprile al 31 ottobre: 8.30 - 19.30 (ultimo ingresso alle 18)
Dal 1 novembre al 31 marzo: 8.30 - 17 (ultimo ingresso alle 15.30)
Giorni di chiusura: 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre

Biglietti
I biglietti, validi un giorno, si acquistano alle biglietterie presso gli ingressi dei siti oppure dal servizio di biglietteria online. Il prezzo intero è di 13 euro mentre il ridotto costa 7.5 euro

Come arrivare

Pompei è collegata con due ferrovie e un servizio di bus da Napoli e Salerno.
A secondo però del mezzo che sceglierete sappiate che potrete entrare da uno dei tre accessi (Porta Marina - Piazza Esedra - Piazza Anfiteatro) e questo visto le dimensioni del sito potrebbe condizionare quello che vedrete.
Se arriverete da Napoli con la circumvesuviana dovrete scendere a Pompei villa dei Misteri e potrete entrare sia dalla porta Marina sia da piazza Esedra.
Se sceglierete invece le Trenitalia la fermata sarà Pompei Santuario e la porta quella di piazza Anfiteatro.
Col bus invece sono a disposizioni bus della linea SITA sia da Napoli sia da Salerno ma sempre da Salerno sono disponibili due linee, la 4 e la 50 della CSTP.

 Pubblicato da il 28/04/2019 - 18.582 letture - ® Riproduzione vietata

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