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La Casa del Terrore a Budapest, per non dimenticare gli anni bui dell'Ungheria

Terror Haza, la Casa del Terrore a Budapest non è certo un parco giochi, ma racconta storie vere, fatte di guerra, dolore e solitudine.

Frastornata dalle vicissitudini di una storia meretrice, pedina al giogo di popoli guerrieri che si sono susseguiti per le sue terre fertili, Budapest è una città disseminata dalla sua storia millenaria, che si porta dietro orgogliosa i lasciti del suo passato. Ed è forse il peso di una storia così travagliata ed insanguinata a rendere Budapest così speciale. La città ha conosciuto guerre e devastazioni nel corso della storia, come ad esempio con l'invasione dei Mongoli nel 13° secolo, e la dominazione turca a partire dal 16° secolo fino alla riconquista del 1686, ma soprattutto ha subito gli sconvolgimenti del nazismo e del socialismo, che si sono abbattuti cercando di sradicare tutto ciò che restava di una terra già profondamente provata. A fare da contralto a tutto ciò oggi conosciamo una città in pieno sviluppo, gioiosa ed effervescente, intrepida ricercatrice di Pace e desiderosa di dimenticare i suoi anni più bui esorcizzando quel passato burrascoso.

Uno dei ricordi indelebili della storia di Budapest è impresso nella Casa del Terrore, un monumento-museo dove si intrecciano le storie e le vicende dell'Ungheria dell'ultimo secolo, a cavallo tra i due regimi totalitari che hanno distrutto il paese, quello nazista e quello comunista.

La Casa del terrore (Terror Haza) si trova in un imponente palazzo, al numero 60 di Andrassy Boulevard che collega downtown Budapest con Piazza degli eroi, una via elegante alla maniera haussmaniana e signorile con un lontano sapore viennese. Un palazzo bellissimo nelle sue forme sinuose neo-rinascimentali, che troneggia fiero in uno dei viali più affascinanti della capitale, scelto dai regimi del terrore affinché questo suo aspetto esteriore potesse in qualche modo mitigare quello che avveniva al suo interno.

La Casa del Terrore nasce dalle ceneri di un vecchio edificio storico, quartier generale dei nazisti prima e dei comunisti poi, oggi rimesso a nuovo, ma che nelle cui viscere si sono stratificate e depositate le ombre di esecuzioni barbare e di interrogatori disumani. Costruito nel 1880, il palazzo fu scelto nel 1937 come sede del partito filo-nazista delle Croci Frecciate Ungheresi e nel 1944, quando la furia del regime impresse il suo definitivo scacco anche in Ungheria, divenne un luogo di deportazione e tortura, cuore dell'oppressione nazista ungherese.

Nel 1945, negli ultimi mesi della Soluzione Finale, fu convertito a sede del carcere sovietico e della polizia politica comunista, capeggiata da Gabo Peter, che divenne, insieme al Fürer ungherese Ferenc Szalasi del precedente regime, il regista pallido e macchinoso di una dittatura di sangue.

Sulla strada, sul muretto posto giusto all'ingresso dell'edificio, troviamo una fila di candele e la foto di alcune delle vittime, mentre nel cornicione più alto del palazzo è intagliata una scritta chiara e diretta: Terror., anche se a rovescio dato che si può leggere in modo corretto solo dall'alto. È questo il primo profondo impatto con il museo, dove tutto sembra imporre rispetto, senza nemmeno lasciarti il tempo di riflettere; non si accettano esitazioni, quello che si richiede è solamente un silenzio pacato, decoroso e rispettoso.

All'ingresso della Casa del Terrore i visitatori vengono accolti da due grandi pareti di granito colorato (una bianca ed una nera), erette a ricordo delle vittime della coercizione e della persecuzione che due regimi agli antipodo hanno però ugualmente esercitato. Il messaggio è chiaro: “Non ci sono vittime primarie o secondarie. Ci sono solo vittime”.

Nella prima sala risalta la sagoma esausta di un vecchio carro armato sovietico T54, uno di quelli che repressero col sangue la lotta degli ungheresi per la libertà e che nel 1956 fermarono i tentativi di rivoluzione nel Paese. Dietro di lui si staglia un muro nero che sembra annerito, sporcato, macchiato dal colore della morte; un muro che racconta la leggenda di una città consumata dalla sua storia, in cui scorrono sbiadite fotografie di quelle migliaia di vittime senza nome che qui hanno trovato la loro fine o dove semplicemente la cui morte è stata decisa. Storie di uomini e donne che si intrecciano, senza ricordare da quale totalitarismo siano stati uccisi, quasi a rimarcare sul fatto che il terrore non ha nome, non ha colore e non ha nazione.

Il museo segue un percorso cronologico preciso che si snoda tra stanze in ombra e stretti corridoi, in cui musiche e luci psichedeliche cercano di infondere lo stesso senso di terrore ed oppressione di quegli anni distruttivi per una città ed una nazione intera. Tre piani ricchi di testimonianze, in cui vecchie fotografie dell'epoca inneggiano all'uno o all'altro regime, in cui gigantografie di eroi-dittatori e ricostruzioni inedite ci guidano verso un percorso a tappe, dove tutto racconta qualcosa, dove tutto esprime perfettamente il non detto, come in una sorta di puzzle che bisogna cercare di risolvere da soli.
La trama è quella ormai nota di rastrellamenti, prigionia, deportazione, processi sommari ed esecuzioni capitali. Da una parte un nazismo crudele, che ha ricercato nella perfezione di una razza l'inesorabile distruzione di un'altra. Dall'altra parte il socialismo che ha reso Budapest una città inerme, incapace di risollevarsi dalla sconfitta del Nazismo, una città che si accasciava nel momento stesso in cui le altre si rialzavano.

La Casa del terrore non è semplicemente un arido museo di vecchie fotografie ingiallite dal tempo e vecchi video amatoriali, ma è esso stesso un cimelio di quel mezzo secolo di distruzione, di quei decenni di terrore inumano che hanno sferzato alla città il colpo più basso, quello che ha segnato il suo inesorabile declino.

Nel basamento del palazzo hanno invece sede le celle di prigionia e le sale di tortura, poste proprio a ridosso della strada principale. Vi si accede attraverso un ascensore dalle vetrate trasparenti, che scende lento, in attimi che sembrano infiniti, quasi a voler far rivivere nei visitatori la stessa angoscia profonda, gli stessi momenti di vuoto e terrore di coloro che lì dentro perdevano definitivamente la propria libertà e la propria dignità. La voce dura di un uomo ti guida verso celle strettissime e buie, che opprimono ed imprimono un senso vivo di angoscia.
Nell'ultima sala, dalle pareti rosse e nere, sono appese le fotografie degli aguzzini, di quei carnefici impuniti che hanno distrutto e devastato una città.

Nella casa del Terrore regna una calma sospesa e decorosa che impone riflessione e conferisce decoro; un museo-memoriale in cui non ci sono vincitori, in cui non ci sono colori o bandiere, ma solo vittime, vittime di quel terrore inaudito che ha scandagliato l'Ungheria fino quasi a farla morire, ma anche le vittime di quell'omertà intollerabile che ha permesso che tutto ciò accadesse. Visitare questo mirabile monumento non è solamente un piacere, ma è un dovere morale per contribuire a rendere meno incisiva quella coltura moderna che porta verso l'oblio.

Informazioni Utili
Il Museo si trova nei pressi della fermata Vorosmarty Utca, sulla linea blu, ed è aperto tutti i giorni (tranne il lunedì), dalle 10.00 alle 18:00.
Ingresso 2.000 HUF (circa 6,5 euro), ridotto (studenti over 62) 1.000 HUF (3,3 euro circa)
Sito web: www.terrorhaza.hu

 Pubblicato da il 15/04/2015 - 54.062 letture - ® Riproduzione vietata

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