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Viaggio in Etiopia lungo la valle del fiume Omo (13 pagine)

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L'arrivo in Etiopia e partenza verso il sud fino al lago Abaya

Dopo un viaggio di 8 ore, compreso lo scalo a Roma (partenza da Milano Malpensa alle 24),volando con l'ottima compagnia aerea Ethiopian Airlines, arriviamo all’aeroporto di Addis Ababa (Addis Abeba) alle 7 del mattino, stanchi ma pronti alla prima giornata di viaggio. Colazione in un bar dalle poche pretese estetiche ma dai dolci squisiti, poi si va in un Hotel per cambiare un po’ di euro con monete di piccolo taglio, in quanto informati che in alcuni villaggi sarebbe stato consentito scattare fotografie solo dopo il pagamento di due - cinque birr(  1 euro circa 25 birr), Nati dice che questa abitudine al pagamento è confinata solo in questa parte dell’Etiopia e non al nord anche se, durante il tragitto, abbiamo incontrato alcune gradite eccezioni.

Dopo le formalità e un paio di ore di code per lavori in corso che avevano bloccato gli accessi e le uscite da Addis Abeba, prendiamo la strada verso sud che attraversa le cittadine di Tiya, Butajira, Kibet, Hosaina abitate rispettivamente dalle etnie Oromo, Kurache, Kamiata e Hadia. Attraversiamo un po’ assonnati, con gli occhi che spesso non ne vogliono sapere di stare aperti, colline prevalentemente ricoperte da coltivazioni di tef, sorgo e grano, tutti utilizzati per produrre un particolare tipo di farina usato per il loro piatto principale l’ injera  che è una sorta di focaccia sottile e morbida, piuttosto grande, di solito portata in tavola arrotolata accanto al piatto oppure vi viene servito sopra il cibo. La carne sotto forma di stufato (wat) viene presentata in diversi modi: può essere manzo, agnello o capra, mai maiale, che è proibito sia dalla religione copta sia da quella musulmana. Le verdure sono poco utilizzate: si cucinano solitamente cavoli, patate, barbabietole e spinaci o almeno un particolare tipo di verdura simile ai nostri spinaci, qui molto comune. Le spezie condiscono abbondantemente tutti i piatti. Le bevande più diffuse sono naturalmente il caffè, servito con una tipica cerimonia e, sui bassopiani abitati dai musulmani, il tè.

Particolarmente coltivate in tutto il sud sono le piantagioni di “palme finte”, così chiamate dagli Etiopi perché non producono frutti, ma di cui si utilizza tutto dalle foglie al fusto, per esempio utilizzato dopo fermentazione dalle famiglie , per la produzione di una birra di forte gradazione alcoolica che bevono tutti anche i bambini. Le coltivazioni si susseguono alternate a foreste e prati dove pascolano grandi quantità di mucche, pecore e capre.
Sosta per il pranzo in un lodge dove, vista la stanchezza, mangiamo solo riso e verdura. Si riparte dopo uno scadente caffè (almeno per i gusti italiani), costeggiamo il lago Abaya dove incontriamo numerose mandrie di mucche e greggi di pecore o capre al ritorno dai pascoli che, occupando l’intera sede stradale, ci costringono a difficili gimkane accompagnate da uno sconsiderato uso del clacson.
Le strade fino ad ora sono prevalentemente asfaltate con un manto discreto che rende il viaggio agevole. Giunti al bivio per Chenca, lasciamo l’asfalto per una strada in salita con fondo sterrato e con numerose buche. Lungo questa pista incontriamo numerose persone del gruppo etnico dei Dorze che vivono in villaggi sulle pendici di una montagna verdissima, in capanne fatte di terra, rami e foglie, conducendo una vita primitiva dedita all’agricoltura e alla pastorizia. Le donne, fin da bambine, caricano sulle spalle in una postura tipica di tutte le femmine della valle dell’Omo river, i prodotti della terra, da portare anche per parecchi km ai mercati vicini, creando una fila quasi ininterrotta di esseri umani in processione, lungo tutte le strade del sud.

 Pubblicato da il 10/04/2013 - 37.579 letture - ® Riproduzione vietata

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