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Alla scoperta dellle cittą del Messico coloniale

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Tra le possibili chiavi di lettura e di visita del Messico, un paese estremamente vario e grande quasi sette volte l’Italia, una non secondaria è rappresentata dalle città coloniali, le quali consentono di scoprire un aspetto inedito e peculiare del paese attraverso la sua evoluzione artistica e architettonica, ma anche storica, economica, sociale e culturale degli ultimi secoli. Più di ogni altro il Messico è infatti la nazione che vanta il maggior patrimonio di testimonianze relative all’epoca coloniale europea nei diversi continenti, e non a caso anche l’Unesco protegge qui ben sette località risalenti al periodo coloniale come Patrimonio dell’Umanità.

Quando, nel 1521, i conquistadores di Cortez distrussero l’impero azteco di Montezuma, fondarono il regno-colonia della Nuova Spagna, destinato a durare per tre secoli, che andava dagli attuali stati del Sud-Ovest statunitense fino al canale di Panama. Gli spagnoli non trovarono nell’ El Dorado i tesori di cui favoleggiavano i racconti, bensì inesauribili miniere d’argento (nel 1800 il Messico produceva il 66 % dell’argento estratto in tutto il mondo) e una terra che, se sfruttata razionalmente, avrebbe potuto produrre immani ricchezze, soprattutto utilizzando una manodopera locale a costo quasi zero.

L’introduzione di animali da soma, da lavoro e da allevamento, di strumenti tecnici elementari di metallo come la zappa, l’aratro e la ruota, di nuove colture come grano, lino, canapa, caffè e canna da zucchero e l’impiego di fertilizzanti – tutte cose prima sconosciute nel Nuovo Mondo – regalò ai nuovi venuti un benessere inimmaginabile. A questi ricchi immigrati rimaneva però la nostalgia per la madrepatria e per i suoi stili di vita, che cercarono di colmare nella nuova colonia costruendo città ad immagine e somiglianza di quelle lasciate nella terra d’origine. Dalle pianure costiere fino agli altopiani centrali già nel XVI sec. cominciarono a sorgere in tutto il paese, spesso sopra i resti delle antiche civiltà precedenti e il più delle volte utilizzando le medesime pietre, dei graziosi agglomerati urbani dalla tipica struttura iberica a pianta quadrata, gravitanti su un’ampia piazza centrale – lo Zòcalo – dove trovavano spazio gli edifici pubblici e religiosi, le sfarzose residenze della nobiltà e, piano piano, anche della nascente borghesia dei meticci arricchiti.

A fianco delle imponenti basiliche furono costruiti più severi monasteri dei diversi ordini religiosi, epicentri di cultura dove si formavano le future classi dirigenti, gli edifici del governo e della pubblica amministrazione, parchi e giardini con fontane, sfarzosi teatri, negozi, viali alberati e quant’altro. Tanto risorse economiche e manodopera a due soldi non mancavano di certo. Lo stile predominante è, ovviamente, l’esuberante barocco spagnolo, tutto stucco, decori e oro, per poi evolversi col tempo in un barocco messicano autoctono, sintesi della cultura spagnola con le arti precolombiane ricche di elementi decorativi. Già alla fine del 1600 esistevano ben 35 vivaci cittadine, che costituiranno la spina dorsale politica, economica e sociale del paese anche all’epoca dei moti rivoluzionari per l’indipendenza (1821) e per tutte le turbolenti guerre civili successive, fino ai giorni nostri.
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Un possibile itinerario inizia da Città del Messico, capitale a 2.300 metri di quota e più popolosa città al mondo con 25 milioni di abitanti, dove merita una visita il centro cerimoniale con i famosi templi a piramide di Teotihuacan (sito Unesco), la più vasta area archeologica e la maggior città preispanica d’America. A seguire tutte le più importanti cittadine coloniali: Queretaro, San Miguel Allende, Guanajuauto, San Luis de Potosì, Zacateras, Guadalajara, Patzcuaro, Morelia, Cuernavaca e Taxo, ognuna diversa dalle altre ma tutte dei veri gioielli. Da non perdere durante il percorso un assaggio di tequila, il forte liquore nazionale distillato dalle agavi, e una visita in barca lungo i canali di Xochimilco (ennesimo sito Unesco) per ammirare i singolari giardini galleggianti.

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