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Dai Samurai al Western: la storia dei Magnifici 7 al cinema

Un gruppo di “magnifici” guerrieri è chiamato a difendere una città. Sette uomini si battono per proteggerla dall’invasione esterna. È questa l’idea alla base di tre film che hanno attraversato la storia del cinema, dal 1956 a oggi, con l’uscita de “I Magnifici 7” di Antoine Fuqua, dal 22 settembre al cinema.

Il film del 2016 di Fuqua si inserisce nella scia di due illustri precedenti: il film cult “I sette Samurai”, diretto nel 1956 da Akira Kurosawa e ambientato in Giappone, e “I magnifici sette” girato nel 1960 da John Sturges.
In occasione dell’uscita nelle sale del film “I Magnifici 7”, siamo andati a rivedere i due precedenti, per capire quali sono i punti di incontro e le differenze tra le tre diverse versioni di questa affascinante storia.

“I Sette Samurai” è il titolo del film del 1956 di Akira Kurosawa, considerato una pietra miliare della storia del cinema mondiale oltre a essere la maggiore opera del regista giapponese. Ambientato nel Giappone del XVI secolo, ha per protagonista un gruppo di sette contadini in guerra contro dei briganti che, a intervalli regolari, prendono d’assalto e saccheggiano il loro villaggio. Per difenderlo si trasformano in samurai senza paura, pronti a tutto pur di proteggerlo dall’invasione.

Pochi anni dopo, nel 1960, John Sturges propone la sua lettura della storia di Kurosawa. Il suo film “I magnifici sette” se da un lato celebra l’opera del regista giapponese, anche grazie al contributo di un eccezionale e quanto mai leggendario Steve McQueen, dall’altro ne prende le distanze inserendo nuovi elementi e cambiando radicalmente la location.
Con Sturges abbandoniamo il Giappone e ci spostiamo negli Stati Uniti, lungo la frontiera che divide il Messico dagli Stati Uniti. Il cambio di scena influisce ovviamente sul look e sull’atteggiamento dei protagonisti, che da tradizionali samurai diventano impavidi pistoleri. La scelta si spiega facilmente con il successo che il cinema western riscuoteva in quegli anni presso il grande pubblico. Stivali ai piedi e pistole nelle fondine, i magnifici sette di Sturges, le cui gesta eroiche sono ambientate nel XIX secolo, assumono la forma che hanno anche nell’ultimo remake di Fuqua.

Meno contestualizzata dal punto di vista temporale, la pellicola di Fuqua sembra proprio per questo assumere caratteristiche universali. È un tempo impreciso quello in cui agiscono i “nuovi magnifici sette”, un’indefinitezza che lascia agli spettatori ampia libertà di immaginazione. Osservando la cornice in cui i personaggi si muovono, è subito chiaro come il regista si sia distaccato in modo deciso dalla versione di Kurosawa per mantenere una spiccata vicinanza a quella di Sturges: il film riporta in auge l’ambientazione western e fa rivivere sullo schermo i paesaggi del New Mexico e della Louisiana, dove “I magnifici 7” è quasi interamente girato.

Le differenze tra le tre versioni sono profonde e riguardano stile, epoca e contesto.
Ce n’è tuttavia una “di superficie” che vale la pena mettere in luce per chiudere questo breve viaggio nella storia del cinema. Per rendersene conto basta osservare i tre titoli: tutti hanno il loro interno il numero “sette” ma il film di Antoine Fuqua con le sue atmosfere "pulp" si discosta ampiamente dai modelli precedenti ed è l’unico a puntare su una scrittura “numerica”. Un’iniziativa che, al di là delle pur possibili ragioni di marketing, può essere letta come una rivendicazione da parte del regista di autonomia e originalità, sottile ma non per questo meno efficace.
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